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La Lazio, con la vittoria di Milano contro l’Inter, è tornata a vedere sprazzi di luce in un periodo profondamente e tristemente buio. Ma c’è chi l’uscita dal tunnel continua a non vederla, come se fosse stato risucchiato da un qualcosa da cui è davvero difficile liberarsi. Stiamo parlando di Felipe Anderson. Il brasiliano sembra essere un lontano parente di quello ammirato nella passata stagione. Perché? Cerchiamo di capirlo.

25 ottobre, Lazio-Torino 3-0: l’ultimo giorno da Felipe, si potrebbe dire.

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In quella sfida, il numero 10 biancoceleste realizzò una doppietta che stese i granata. Poi, come per incanto, il fantasista verdeoro è sparito. Un po’ come tutta la Lazio, bisogna dirlo. Si può semplicemente dire che l’ex Santos ha subito l’involuzione di tutta la squadra. Sì, in parte è così. Ma è l’atteggiamento a non convincere. Felipe Anderson, a volte, appare come svogliato, timido e insicuro. È come se fosse crollato quel castello di sicurezze e di certezze che l’anno passato si era faticosamente costruito. A suon di prestazioni e di gol.

Appare forse un po’ troppo riduttivo dire che un giocatore gira quando gira tutta la squadra. Da chi ha più talento e qualità ci si aspetta che prenda tutto in mano proprio nei momenti di grande difficoltà. Forse a Felipe Anderson manca ancora quella personalità, quella stoffa da leader che gli consenta di farlo. La speranza è che riesca a ritrovare sé stesso, perché le sue giocate, la sua imprevedibilità e la sua rapidità sono armi imprescindibili e fondamentali per la squadra di Stefano Pioli. La risalita passa anche dai suoi piedi. Insomma, per una Lazio più felice serve più…Felipe.

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2 Novembre 2025 - 21:05 — Ultima alle 21:05