Trentacinque anni fa, il 10 di giugno del 1981, il piccolo Alfredo Rampi, per tutti Alfredino, 6 anni appena compiuti, mentre torna a casa da una passeggiata nei campi cade in un pozzo di 28 centimetri di diametro, adiacente al cantiere di una casa in costruzione a Vermicino, alle porte di Roma. Subito si attivano i soccorsi, Alfredino viene individuato poco dopo ma è scivolato molto in profondità, incastrato a circa 40 metri nel sottosuolo.
Quella che sembrava una situazione facilmente risolvibile, a causa delle ridotte misure del canale dove è precipitato il bimbo, si rivela ben presto più complicata del previsto. Arrivano anche le telecamere della Rai e inizia ad affluire sul posto molta gente. Curiosi ovunque, con qualcuno che addirittura si affaccia sul pozzo che non è delimitato da alcuna transenna. Le poche forze dell’ordine presenti sul posto non sono sufficienti per contenere la marea umana. Sul posto contorsionisti, geologi, minatori, nani, trivellatori, speleologi. E telecamere, giornalisti ovunque, chioschi dei paninari e delle bibite; e tanta, tanta gente, fino a diecimila persone. Fra loro anche il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
E’ un grande circo, forse il primo grande circo mediatico della tv italiana, che apre la strada alle trasmissioni del dolore spettacolarizzato, ai drammi da condividere in diretta, ai reality.Potrebbe interessarti
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Per tentare di raggiungere Alfredino viene scavato un canale parallelo per poter poi puntare verso il pozzo dove si sta consumando la tragedia. Ma tutto si rileva inutile e dopo due giorni e mezzo dal cunicolo tutto diventa silenzio. E disperazione. Il corpo della povera vittima verrà recuperato solo il 10 di luglio, un mese dopo, dai minatori della Maremma. Le telecamere vengono spente e la folla scema mentre i paninari cercano un altro motivo di business. Dopo questa vicenda zeppa di implicazioni morali e sociali verrà l’impulso per creare in Italia la Protezione Civile.


