Cambia la legge Melandri sui diritti tv: ci hanno lavorato il sottosegretario Luca Lotti, braccio destro di Renzi, e le due deputate Pd Lorenza Bonaccorsi e Daniela Sbrollini, che è anche responsabile sport e welfare del partito di maggioranza. Il governo dovrebbe fare un decreto per stabilire che la quota eguale per tutti passerà dal 40 al 50 per cento (gli altri criteri di ripartizione-bacino d’utenza, storia sportiva, ecc.-li stabilirebbe la Lega di serie A) mentre le due deputate hanno presentato alla Camera una proposta di legge (“Nuove disposizione in tema di commercializzazione dei diritti sportivi televisivi”) che presentiamo in esclusiva. Le due deputate sono poi pronte a discutere del progetto col mondo dello sport: ma non sono gradite pressioni…
Nella introduzione è scritto: “Il mercato dei diritti audiovisivi sportivi assume da sempre un ruolo decisivo non solo per la vita e la sopravvivenza del mondo del calcio, ma anche per la tenuta e lo sviluppo del mercato delle comunicazioni. Per questi motivi, nel 2006, il ministro dello Sport Giovanna Melandri aveva deciso di procedere a una riforma strutturale portandola a compimento in tempi brevi, sia pure attraverso un iter legislativo complesso (legge delega 19 luglio 2007 n. 106 e conseguente decreto legislativo 9 gennaio 2008 n. 9): la riforma prevedeva, da una parte, la centralizzazione dei diritti sportivi in capo alle leghe e, dall’altra, un sistema di regole per la commercializzazione in linea con i principi comunitari. In una situazione di crisi economica, come quella che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni, il ritorno alla vendita centralizzata ha prodotto un ottimo risultato: ha generato per le casse della Lega di Serie A un aumento di oltre il 70% delle risorse rispetto al 2010 (siamo arrivati a circa 1.300 milioni). A cascata ne hanno beneficiato le categorie professionistiche inferiori, il calcio dilettantistico e il basket “. E prosegue così: “Il decreto Melandri ha quindi avuto il merito di “imporre” alla Lega Calcio (e, a cascata, alle società sportive) il pieno e puntuale rispetto dei princìpi di trasparenza, equità e non discriminazione nella vendita (centralizzata) dei diritti televisivi, a vantaggio della concorrenza tra gli operatori della comunicazione”.
Ma allora perché si cambia? E’ presto spiegato: “A tutto ciò non è corrisposta, invece, una crescita del mercato a valle, quello cioè delle comunicazioni, da sempre e tuttora ingessato da una dialettica scarsamente competitiva tra gli operatori nazionali e non aperto alle nuove realtà multinazionali e globalizzate. Tali criticità sono peraltro dimostrate dalla recente istruttoria dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, conclusasi qualche giorno fa con l’accertamento di un’intesa restrittiva della concorrenza tra operatori della comunicazione e organizzatore della competizione (procedimento I790). Mantenendo lo status quo degli ultimi trent’anni, la normativa di settore non ha purtroppo concesso spazi a nuove e più efficaci dinamiche concorrenziali. L’assimetria del mercato delle comunicazioni e le mirate strategie di marketing hanno delineato un “terreno di gioco” in cui, attualmente, specie in riferimento al mercato a pagamento, solo due players – Mediaset e SKY – si sono fino ad oggi contesi i contenuti migliori, i c.d. premium, tra i quali sono annoverate le partite di calcio di Serie A. La difficoltà di nuovi players a entrare nel mercato nazionale e concorrere con SKY e Mediaset non ha consentito, e non consente tuttora (come dimostra il procedimento I790 dell’AGCM), dinamicità al mercato. Abbiamo ora l’occasione di creare nuove opportunità di business per tutti quei soggetti che operano su piattaforme diverse da quella televisiva o provengono da un ambiente diverso e facilitarne l’ingresso…”.
“Fino ad oggi-prosegue il testo- i diritti audiovisivi degli eventi sportivi erano ad appannaggio dei proprietari delle piattaforme distributive.Potrebbe interessarti
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Il Daspo di gruppo e le barriere dell’Olimpico
Piano piano gli stadi stanno diventando sempre più sicuri, anche se gli spettatori calano (tanti i fattori) e fuori dagli impianti non sempre la situazione è sotto controllo. Prima di Raciti i nostri stadi erano la vergogna d’Europa, basta informarsi e andare a vedere certe immagini: ora una maggiore attenzione e nuove leggi hanno contribuito a ripulire, almeno in parte, molte curve. Anche se una legislazione emergenziale ha mostrato, e mostra, ancora qualche falla. La Cassazione, ad esempio, ha appena bocciato il Daspo di gruppo: le responsabilità penali infatti sono individuali. C’erano perplessità sin da quando era stato istituito, ora una sentenza lo ha spazzato via e in futuro sarà di difficile applicazione. E qualche dubbio c’è anche sull’obbligo di firma in commissariato che, sempre per la Cassazione, limita “beni primari di rilevanza costituzionale”. Non esageriamo, insomma, con le leggi e le leggine. Ad esempio, a più riprese il ministro Angelino Alfano, parla del Daspo europeo, di difficile, se non impossibile, applicazione. Anche peché alcune Nazioni non ne vogliono sapere. Meglio lasciar perdere e concentrarsi semmai sulle cose che si possono fare. Alla presidenza dell’Osservatorio del Viminale per la prima vota da questa estate c’è una donna, Daniela Stradiotto. Padovana, una importante carriera in polizia, appassionata di rugby: sta conoscendo in questi giorni il mondo del calcio. Vuole ricominciare dai “giovani, il mio sogno è rilanciare lo sport come prima palestra di vita”. Si augura di avere la massima collaborazione da parte del mondo del calcio: non sempre chi l’ha preceduta l’ha avuta. La Stradiotto è per i dialogo, anche con gli ultrà. Ma certe misure resterano in vigore: lo stadio Olimpico ad esempio non cambierà. Stesso schema dello scorso anno, con gli stewards e le barriere in curva: la speranza che i tifosi di Roma e Lazio tornino ad affollare la Sud e la Nord (ma molto dipenderà anche da Pallotta e Lotito). “Le regole, certe regole-spiega il n.1 dell’Osservatorio-non sono atti vessatori, contro qualcuno. Ma vengono studiate per venire incontro alle esigenze di tutti”. Le famiglie nelle curve? Ci siamo ancora lontani, non c’è dubbio: ma vale la pena provarci. Tutti.
La Scuola dello Sport del Coni e i manager del futuro
Sì è conclusa con 1’Open Day e la Graduation Ceremony la seconda edizione del Corso di Alta Specializzazione in Management Olimpico organizzato dalla Scuola dello Sport del Coni. A salutare i 25 studenti (19 ragazzi e 6 ragazze) che da metà ottobre a metà marzo hanno seguito circa 360 ore di lezione divise in 12 moduli didattici c’erano i vertici del Coni, il presidente Giovanni Malagò e il segretario generale Roberto Fabbricini, quelli della Coni Servizi nelle persone del presidente Franco Chimenti e l’ad Alberto Miglietta, il direttore della Scuola, Rossana Ciuffetti e Nerio Alessandri, presidente della Technogym. “Abbiamo richieste di iscrizione superiori alla capacità – ha sottolineato Malagò – e continueremo a investire molti milioni di euro. Perché pensiamo che lo sport possa offrire opportunità nel mondo del lavoro che prima non esistevano e che altri contesti giuslavoristici, oggi saturi, non possono garantire. Vado sempre a parlare nelle scuole, nelle università e invoglio le persone ad avvicinarsi al nostro mondo perché so che il nostro mondo può offrire. Pensiamo a un Coni del domani in cui non dico tutti, ma il più possibile, devono essere persone che hanno fatto questo tipo di specialistica. Il mondo dello sport cambia, oggi valiamo l’1,7% del Pil, un dato che il prossimo anno sarà migliorato, si fa più pratica sportiva e si costruiscono più impianti: le cose si stanno facendo ma non è ancora sufficiente”. Una specialistica sportiva che può aprire porte impreviste in caso di successo della candidatura di Roma 2024: “Non nascondo che – ha spiegato Malagò rivolgendosi agli studenti – le percentuali per ognuno di voi di trovare un posto di lavoro, bello e gratificante, se questa avventura va a dama sono esponenzialmente più alte piuttosto che senza questa avventura. È un incentivo, per me, per fare qualcosa di più nel mondo dello sport”. Soddisfatto anche il presidente Chimenti: “La formazione è fondamentale, è uno dei compiti istituzionali del Coni e la fa nel migliore dei modi. L’81,5% di coloro che hanno frequentato le nostre scuole si impiegano poi nel mondo del lavoro con grande facilità e grandi risultati: questa è una cosa esaltante”. L’ad Miglietta, invece, ha premiato i tre migliori project-work fatti dai ragazzi. La terza edizione del corso, destinato a 22 giovani laureati che intendono intraprendere la carriera di dirigente sportivo, prenderà il via in ottobre per terminare ad ottobre 2017, al termine del tirocinio di 300 ore. “Ringrazio il Comitato scientifico che ha accompagnato i ragazzi in questa esperienza molto positiva – ha detto la Ciuffetti – . Abbiamo sempre più la necessità di collaborare con l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport”.
Fonte: repubblica.it

