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CULTURA – Achille Campanile, il più grande umorista italiano del Novecento

Il 28 settembre 1899 (anche se alcune biografie riportano 1900) nasce a Roma Achille Campanile. Sin da giovanissimo inizia a scrivere. Prima giornalista alla Tribuna, all’Idea Nazionale e poi al Travaso, in pieno periodo fascista, e poi per il teatro con le prime Tragedie in due battute, in cui prevale il gusto per i giochi di parole e un clima surreale.

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Nel 1930 critiche feroci e lodi fanno da sfondo alle prime rappresentazioni di “L’amore fa fare questo e altro”. Poi ancora, i romanzi: da “Ma che cosa è quest’amore” a “Chiarastella”, da “La moglie ingenua e il marito malato” a “L’eroe”, oltre a numerosi racconti. Molti di questi ultimi prima di essere pubblicati apparvero sulle colonne dei più importanti quotidiani come La Stampa, la Gazzetta del Popolo, Milano Sera.

Campanile vinse due volte il Premio Viareggio, nel 1933 con “Cantilena all’angolo della strada” e quaranta anni più tardi con “Manuale di conversazione”. Era un lavoratore instancabile, a volte lavorava fino a notte inoltrata. Visse tra Roma e Milano fino agli ultimi anni di vita quando, per accontentare la moglie Pinuccia e il figlio Gaetano, trasferisce la sua residenza a Lariano nei pressi di Velletri. Qui abbandona il monocolo e gli abiti eleganti, si fa crescere una barba lunga e fluente ed assume l’aspetto di un vecchio patriarca. Continua a scrivere racconti, romanzi ed opere inedite. Muore il 4 gennaio 1977 a Lariano, lasciandoci come testamento, oltre alle sue numerose opere, il segno dell’immortalità del riso.

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