Passati due giorni da Inter Lazio, le emozioni sono ancora tante e impossibili da descrivere.
Inter Lazio è stata una partita incredibile, paragonabile a poche altre nella storia biancoceleste. Tralasciando gli aspetti tecnico tattici, ci soffermeremo, invece, come d’altronde avrete già capito dal titolo, sulle emozioni che questa gara ci ha regalato.
Il πάθος
Il πάθος, termine greco, è quella capacità di emozionarsi e di soffrire intensamente a causa di un valore affettivo. Beh, esiste qualcuno che ha più πάθος del tifoso della Lazio? La risposta, soprattutto dopo la partita di giovedì, è ovvia: no. Il πάθος induce all’ira, la stessa ira che ha colpito tutti noi nel momento in cui Asamoah non è stato espulso, la stessa ira che è esplosa nel momento in cui al 123° minuto l’Inter ha pareggiato grazie a un rigore quanto meno discutibile. Ma la capacità di saper soffrire, per poi esultare doppiamente di gioia, è tipica solamente del tifoso laziale.
IL RIGORE DELL’INTER
Dopo il gol di Immobile, arrivato meritatamente, date le occasioni che la Lazio ha avuto durante la partita, il gioco sembrava fatto.Potrebbe interessarti
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LA SERIE DEI CALCI DI RIGORE
Dopo il gol di Icardi la paura era tanta, soprattutto poiché l’Inter aveva Handanovic in porta, il para rigori per eccellenza. Ecco, però, che la tenacia, la razionalità e la calma hanno tenuto in piedi la Lazio e l’hanno portata in semifinale. Le due emozioni fondamentali, come affermava Baruch Spinoza, sono la gioia e la tristezza, da qui scaturiscono poi le altre emozioni, che sono secondarie. Insomma, dopo il rigore di Leiva l’emozione che ha acceso il nostro cuore è stata sicuramente la gioia, una gioia incontenibile è soprattutto indescrivibile. Da quest’ultima, poi, sono scaturite le altre emozioni: ecco che dalla gioia, è scaturita la felicità, dalla felicità l’Amore, dall’Amore la soddisfazione, dalla soddisfazione la gloria; sì, la gloria, perché dal 1900 la storia dice Gloria: S.S Lazio 1900 “capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, Emozioni” (Lucio Battisti).
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