Emerge con chiarezza un dato che fotografa la situazione attuale del calcio italiano: solo il 5% degli Under 22 trova spazio nei campionati di Serie A e Serie B. Questa percentuale, emersa durante la tavola rotonda organizzata a Milano con la partecipazione di figure come Demetrio Albertini, Cristian Chivu, Roberto Samaden, Andrea Stramaccioni e Angelo Spina, descrive un contesto preoccupante: i vivai non riescono ad avere un reale sbocco verso il calcio professionistico. L’Italia continua a produrre giovani di qualità, come dimostrano i risultati delle nazionali giovanili, ma il passaggio alla prima squadra resta un ostacolo che in pochi riescono a superare.
Il confronto con l’estero
Il confronto con l’estero accentua ulteriormente tale divario. Nei principali campionati europei, un giocatore tra i 20 e i 22 anni può già vantare oltre 100 presenze nella massima serie, mentre in Italia l’età media per raggiungere quella cifra è di 24 anni. In paesi come il Regno Unito, poi, esistono delle competizioni che mettono di fronte i giovani delle selezioni Under 21 ad alcune squadre di livello superiore. Ciò accade ad esempio nella coppa EFL Trophy, come racconta il sito di scommesse sportive online Betway. In Italia tale ritardo ha delle ripercussioni dirette sul valore economico dei calciatori, e sulla sostenibilità dei club. Un giovane che gioca regolarmente cresce di valore e rappresenta un asset patrimoniale per la società. Viceversa, chi resta confinato nel settore giovanile perde ghiotte opportunità di sviluppo e diventa meno competitivo sul mercato internazionale.
Il parere degli esperti
Albertini ha posto l’accento sulla necessità di migliorare la qualità della dirigenza dei club, sottolineando come la capacità di programmare e investire in un progetto a lungo termine sia determinante per invertire tale tendenza. Il problema non riguarda solo la tecnica dei ragazzi, ma l’intera struttura che li circonda. Una dirigenza poco attenta alla formazione e alla valorizzazione delle risorse interne preferisce affidarsi al mercato, riducendo al minimo le occasioni concesse ai giovani del vivaio. E in Italia ci sono pochissime eccezioni, come nel caso dell’Atalanta.
Samaden ha invece parlato dell’importanza di un ambiente formativo adeguato. La crescita dei calciatori non dipende solo dal talento individuale, ma dal contesto in cui si allenano e si confrontano. Un vivaio efficiente deve garantire la presenza di allenatori preparati, di strutture adeguate e di una filosofia condivisa tra settore giovanile e prima squadra, come accade già da anni in Spagna. Ciò permetterebbe di avere sin da subito giocatori pronti come il giovane olandese Valente, in orbita calciomercato Lazio.
L’introduzione di una seconda squadra, come già accade in Spagna e in Germania, è stata indicata come una possibile soluzione. Una squadra B che militi nei campionati professionistici minori garantirebbe ai ragazzi un percorso intermedio. Ciò consentirebbe loro di affrontare un livello agonistico più alto rispetto alla Primavera, ma senza il salto diretto in Serie A. Si tratta di un modello che alcune squadre di Serie A hanno adottato da poco, ma che non ha ancora dato i frutti sperati. Basti pensare al fallimento clamoroso di Milan Futuro, dovuto – ancora una volta – ad una serie di politiche dirigenziali non all’altezza del compito.
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