Alessandro Nesta si confida sulla sua carriera: emozioni, trofei e rivalità nel calcio che ama!
Immaginate un difensore leggendario che ripercorre i suoi anni d’oro, svelando rimpianti, trionfi e momenti intensi che hanno segnato il calcio italiano. Alessandro Nesta, icona della Lazio e del Milan, in una recente chiacchierata, apre il cuore su trasferimenti difficili e trofei indimenticabili. Cosa lo ha legato per sempre a Roma e cosa ha imparato a Milano? Scopriamolo in questa esclusiva riflessione. #Nesta #Lazio #Milan #CalcioItaliano
In una recente intervista, l’ex difensore centrale Alessandro Nesta ha condiviso aneddoti toccanti della sua carriera, focalizzandosi su quel momento cruciale del 2002 quando lasciò la Lazio per il Milan. È stato un cambio di rotta che, nonostante le iniziali difficoltà, lo ha portato a vette ancora più alte. Le sue parole riecheggiano la passione per il gioco e le sfide personali che ogni fan di calcio adora scoprire.
«I primi sei mesi non volevo stare a Milano. La sera che mi hanno venduto al Milan, dopo aver visto lo stadio e fatto tutto il giro, sono andato in televisione di fianco a Galliani, ma trasmettevo tristezza. Non ci volevo stare, per me era la Lazio e basta. Poi ringrazio Dio che sono andato al Milan, perché dopo i primi sei mesi in cui ho fatto schifo mi sono ripreso e sono arrivato a un livello molto più alto. Abbiamo vinto tantissimo ed eravamo sempre competitivi, a Roma magari questo non sarebbe successo. Al Milan c’erano tanti campioni? Sì, ma pure alla Lazio… Io nello spogliatoio stavo vicino a Veron, Nedved, Boksic, Mihajlovic. La Lazio mia era forte. Il trofeo a cui sono più legato? La Coppa Italia con la Lazio, e la prima Champions League con il Milan». Queste righe, ricche di emozione, evidenziano come Nesta non abbia mai dimenticato le sue radici, rendendo il suo racconto un vero magnete per chi ama le storie di resilienza nel calcio.
Passando al Derby di Roma, Nesta non nasconde il suo cuore biancoceleste, offrendo un’analisi che accende la curiosità su quanto questa rivalità sia unica. «Il derby? Parlo da laziale, quindi sono poco obiettivo. La Lazio ha sprecato un’occasione, non ho visto così forte la Roma che invece ha sfruttato tutto quello che la squadra di Sarri ha lasciato. Per i biancocelesti poteva essere una gara alla portata. I derby non sono mai belli, c’è sempre troppa tensione. Io sono cresciuto con questa stracittadina, ti entra nel cervello, la vivi sempre. E noi romani lo soffriamo tanto. A Roma il derby è così particolare per la storia delle due squadre, che hanno vinto poco. Per questo diventa un traguardo raggiungibile. E poi il calcio nella Capitale è eccezionale, la città ti trasmette proprio una tensione di un altro livello. È follia pura. A Milano queste cose non le ho mai percepite. La Lazio aveva bisogno di qualche giocatore solido, strutturato, che aiutasse e motivasse quello che c’è di buono. Erano necessari dei rinforzi, come per esempio in attacco. Il mercato è stato bloccato in estate, spero che a gennaio si faccia qualcosa. Dare alibi alla squadra è pericoloso. Io ci sono passato l’anno scorso, così i giocatori tendono a mollare e fai fatica a vincere le partite». Questo passaggio non solo intriga per l’onestà, ma fa riflettere su come le dinamiche del calcio locale influenzino i grandi eventi.
Guardando indietro alla Lazio dell’era Eriksson, Nesta evoca ricordi di una squadra talentuosa ma non sempre vincente. «Squadra fortissima ma senza una grande mentalità. Una rosa così messa in un altro contesto avrebbe vinto la Champions League. Eravamo ragazzi di tanto talento, ma non avevamo nella testa come vincere. L’unico che ha portato la giusta mentalità era Mancini. Il gol più bello che ho mai visto in campo? Almeyda in Parma – Lazio». Queste riflessioni aggiungono un tocco di introspezione, invitando i lettori a pensare a come la mentalità possa fare la differenza in uno sport così competitivo.
Infine, un aneddoto leggero su Paul Gascoigne porta un sorriso, mostrando il lato umano del calcio. «Gli ho spaccato tibia e perone in allenamento, lui si ricorda bene di me (ride, ndr.). Non l’ho fatto apposta. Mi aveva accompagnato mio fratello, da Cinecittà, dove abitavo, a Tor di Quinto e mi aspettava fuori. Gascogine picchiava duro e mi aveva già dato due colpi forti. Poi nella ‘gabbia’, con una palla rimasta un po’ in mezzo, lui è entrato forte e io pure. La gamba ha fatto un movimento innaturale. C’erano tutti i tifosi, sono dovuto scappare con mio fratello e rinchiudermi a Cinecittà (ride, ndr.). Quando sono arrivato in prima squadra nel ’93 c’era un bello spogliatoio, io ero solo un bambino di 16 anni e la Lazio era il mio sogno. Quella era una squadra che stava iniziando a essere molto forte, poi piano piano abbiamo imparato a vincere. A Roma però c’era una mentalità vecchia, al Milan ho capito davvero come si vince. La società aveva visione, disciplina per portarti a un certo livello». Con storie come queste, Nesta non solo intrattiene, ma ci ricorda che dietro i trofei ci sono esperienze che forgiano i veri campioni.
Attraverso queste parole, Alessandro Nesta ci regala un viaggio autentico nel mondo del calcio, dove emozioni e ricordi si intrecciano, lasciando i fan con la voglia di scoprire ancora di più sulle leggende del pallone.
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