Si chiama Lazio di Sarri, ma di quel “Sarri 1.0” che tanto piace ai telecronisti resta ben poco. Continuare a tirare fuori paragoni forzati con il passato è diventato un esercizio retorico sterile, che non racconta la realtà attuale dei biancocelesti.
Questo Sarri è diverso: diverso per gioco, diverso per squadra, diverso persino per atteggiamento caratteriale. Pretendere di rivedere la copia esatta della Lazio dei primi anni è semplicemente inutile, perché il calcio evolve e gli allenatori con esso.
La Lazio del 2025, tra infortuni, nuovi innesti e interpreti differenti, ha plasmato un’identità che non può essere misurata col metro del passato. Sarri stesso non è più l’allenatore del debutto: ha rivisto idee, modulato principi, adattato schemi a ciò che la rosa gli mette a disposizione.
Insistere su confronti con un “prima” che non esiste più significa non comprendere né il percorso della squadra né quello del tecnico. Oggi parlare di Lazio significa parlare di un progetto in continua trasformazione, che non deve inseguire fantasmi ma essere giudicato per ciò che è.
Continuare a evocare il “Sarri 1.0” serve solo a sviare l’attenzione: la verità è che questa è una Lazio nuova, che merita di essere raccontata senza il peso dei paragoni.
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