Ivan Zazzaroni non le manda a dire: I tifosi della Lazio davvero pronti a rischiare il fallimento pur di dire addio a Lotito? Scopri le sue riflessioni taglienti nell’editoriale. #Lazio #CalcioItaliano #Editoriale
Ivan Zazzaroni, nel suo editoriale sul Corriere dello Sport, si tuffa nel mondo turbolento dei tifosi laziali e del presidente Claudio Lotito, analizzando un rapporto che sembra arrivato a un punto di non ritorno. Con un tono riflessivo e provocatorio, Zazzaroni cattura l’attenzione su come la frustrazione stia crescendo, spingendo i fan a posizioni estreme. È un pezzo che fa riflettere su lealtà, rabbia e gestione sportiva, lasciando il lettore a chiedersi cosa potrebbe accadere davvero.
Zazzaroni inizia ricordando le pressioni crescenti dai supporter, che lo hanno contattato per spingere Lotito a vendere. Lui stesso ammette: “I tifosi della Lazio ci chiedono spesso di “invitare” Lotito a vendere la società. Le sollecitazioni in tal senso sono aumentate a dismisura l’estate scorsa con il blocco del mercato e non vi dico dopo la sconfitta nel derby che ha anticipato di qualche giorno la festa per i 40 anni di Lazialità, la pubblicazione tanto cara a Dino Zoff che riassume in sé i valori più autentici della passione biancoceleste.” Questa citazione evidenzia quanto profondo sia il malcontento, mescolando emozioni e storia del club per creare un senso di urgenza e curiosità.
Ma Zazzaroni è chiaro sul ruolo del giornale: non spingeranno per una cessione forzata. Invece, si concentrano su critiche costruttive. Come scrive: “Il Corriere dello Sport non spingerà mai un presidente ad andarsene: il nostro compito non è quello di “imporre” a qualcuno la cessione di una sua proprietà. Noi possiamo e dobbiamo criticare una gestione, anche duramente, analizzare i numeri, elencare le criticità, i problemi e eventualmente indicare le soluzioni praticabili.” Queste parole aggiungono un tocco di etica giornalistica, invitando il lettore a ponderare il confine tra opinione e interferenza, rendendo l’articolo ancora più intrigante.
Non mancano le storie che Zazzaroni usa per smorzare le tensioni estreme. Parla di fan che, secondo voci, preferirebbero il fallimento alla continuità con Lotito, ma lui è scettico: “Ci sono laziali – mi dicono – che sarebbero disposti a veder fallire la Lazio piuttosto che proseguire con Lotito. A questo credo poco: registro la voce che giunge più dal fegato che dal cuore. Ricordo peraltro che quasi 30mila tifosi hanno sottoscritto l’abbonamento nonostante l’inesistente campagna acquisti: se questa è una forma di protesta…” Qui, il contrasto tra parole accese e azioni reali stimola la curiosità, facendoci domandare quanto sia autentica questa ribellione.
L’editoriale poi delinea quello che Zazzaroni vede come il “punto più basso” della gestione di Lotito, con un’estate difficile che potrebbe segnare una svolta: “L’ultima estate, il punto più basso della gestione dell’occupatissimo Senatore che in più di un’occasione – va detto – è riuscito a ripartire. Stavolta l’impresa sembra sensibilmente più complicata.” E non si ferma qui, elencando le condizioni per un possibile addio: “Tre sono le condizioni per le quali Lotito potrebbe mollare: 1) la volontà di farsi da parte. 2) La presenza di un acquirente credibile. 3) Un soddisfacente rapporto tra l’offerta e la domanda.”
Alla fine, Zazzaroni riduce tutto a emozioni grezze, notando che senza una vera volontà di vendita, le opzioni restano irrealistiche: “Il resto è rabbia: e visto che Lotito non ha mai manifestato il desiderio di vendere, tutt’altro, le voci due e tre si annullano.” Conclude con un tocco personale e saggio, richiamando un consiglio di famiglia che aggiunge profondità: “Nonno Marino, sempre lui, mi raccomandava di non dare mai un consiglio a un autocrate “perché – sosteneva – quello non ascolta nessuno e anzi si diverte a fare il contrario”. Perciò consiglio a Lotito di restare a lungo alla Lazio.” Questo finale lascia il lettore con un misto di ironia e realismo, invitando a riflettere su come il calcio sia un gioco di passione, potere e, forse, inevitabili stalli.
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