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Capello sotto accusa: non basta l’età per giocare in Serie A

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Fabio Capello ha rilasciato una pungente provocazione al nostro calcio: “Voglio vedere se i ‘vecchietti’ Modric, De Bruyne e Džeko faranno la differenza. E lo dico subito: se la faranno, non sarà un buon segnale per il nostro campionato”.

Una presa di posizione che suona più come un colpo alla reputazione della Serie A che come una critica costruttiva. Perché, se è vero che questi campioni sono atleti con carriere già ampiamente nel passato, definirli “segnale negativo” è ampiamente fuori luogo.

Non sono forse uomini di esperienza, carattere e qualità? Proprio ciò che spesso manca in tanti club, indipendentemente dall’età. Non è forte il fattore dell’esperienza uno degli ingredienti fondamentali per vincere?

E poi, a proposito di vecchia guardia, Capello sembra aver dimenticato un elemento importante: Pedro, l’attaccante biancoceleste, che alla soglia dei 38 anni continua ad essere determinante per la Lazio, senza che nessuno abbia pensato che faccia “cattiva pubblicità” al nostro calcio.

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A ben vedere, il fuoriclasse spagnolo rappresenta un modello, non solo tra le fila biancocelesti: un professionista completo, longevo, ancora in grado di incidere positivamente. Il suo apporto, tra l’altro, ridicolizza l’idea che l’età anagrafica sia un problema. Anzi.

In Italia e all’estero, i giocatori esperti sono apprezzati ovunque: aggiungono stabilità, leadership, senso tattico. L’esperienza conta e, specialmente in un campionato come il nostro, spesso descritto come tattico, non bisognerebbe demonizzarla, ma valorizzarla.

Capello, all’apparenza, guarda solo all’anagrafe, invece di osservare il ruolo che queste figure possono svolgere in una squadra: mentori per i giovani, riferimento tecnico, colonna portante. Solo chi ne ha vissute tante sa guidare nei momenti difficili.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo pubblicato da Luigi Cesarano il giorno 18 Agosto 2025 18:00
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