Negli ultimi tempi, si è sentito parlare troppo spesso delle motivazioni dei tifosi che hanno deciso di lasciar vuoto lo stadio, senza che chi ne parlasse abbia mai vissuto le problematiche che i tifosi affrontano da tempo nei settori popolari. Samo d’accordo nell’affermare che tifosi che per decenni hanno dato il fritto per questa tifoseria, non decidono tutto d’un tratto, per futili motivi, di non presenziare più la loro “casa”. La sensazione degli stessi tifosi, è quella che i mezzi di comunicazione fino ad oggi, non sembra abbiano avuto la benché minima intenzione di andare a fondo di questi problemi che hanno portato alla protesta. Questa mattina sul quotidiano Il Corriere dello Sport, è stata pubblicata una bellissima lettera scritta da alcuni esponenti della curva nord della Lazio, dove viene reso ancor più comprensibile il malcontento dei tifosi, che ha portato lo stadio Olimpico a presentarsi come un vero e proprio deserto nelle partite casalinghe. La lettera scritta in maniera inequivocabile dai massimi esponenti della curva laziale rende chiara la situazione che stanno vivendo tutti quei ragazzi che, vorrebbero tornare a tifare com’era un tempo e come accade ancora in altri lidi, e per questo che da mesi nonostante le mille difficoltà cercano di far sentire la propria voce attraverso una protesta civile. Di seguito la lettera redatta e pubblicata poche ore fa sul Corriere dello Sport.
Si sono dette e scritte tante cose in merito alla decisione della tifoseria di disertare la Curva Nord in questa stagione. Per noi una scelta, operata a malincuore, sulla quale vogliamo fare definitiva chiarezza. Le barriere rappresentano solo l’ultimo dei problemi e non certo “il problema”. Si è trattato, a nostro avviso, dell’ennesimo provvedimento casuale, dettato da eventi non necessariamente legati alla Nord e dalla pressione mediatica. Per noi, semplicemente una goccia che ha fatto traboccare un vaso già ricolmo. I provvedimenti di questi anni dimostrano come sia difficile per chi prende talune decisioni farlo in assenza del coinvolgimento di tutte quelle componenti che gravitano all’interno del pianeta calcio, compresi i tifosi che non sono scevri da errori ma che tanto potrebbero insegnare poiché certe norme le subiscono sulla propria pelle. Con questa lettera aperta è nostro desiderio, oltre che dare testimonianza del nostro pensiero, anche mettere al corrente tutti di ciò che domenicalmente è costretta a vivere la gente, soprattutto dei settori popolari. Cosa accade oggi nelle curve? Ecco alcuni esempi legati agli ultimi provvedimenti. Viene multato chi cambia posto. Viene da pensare che chi ha studiato questa “norma” a tavolino, probabilmente in una curva non ci sia mai stato. Le norme non si dovrebbero studiare senza… studiare. Chi intorno a un tavolo decide (da un giorno all’altro sulla spinta mediatica) sa che il posto viene spesso cambiato anche solo perché sporco? O perché il numero del seggiolino è assente o cancellato dal tempo? O perché davanti ci sono barriere (cemento, vetro…) che limitano la visuale di uno stadio in cui è stato sfruttato ogni centimetro disponibile per motivi economici (PS. anche nella costosa Monte Mario i posti sono troppo vicini l’uno con l’altro e le file strette. Scomodità intollerabili, immaginiamo, per chi spende tanti soldi per un biglietto o un abbonamento)? O anche solo per pioggia visto che in questo stadio così moderno, salire di dieci o venti file non impedisce minimamente allo “spettatore pagante” di bagnarsi? Ma spesso si può cambiare posto, come da sempre avviene, anche solo per stare vicino a un amico. O per vivere più da vicino il tifo organizzato, fiore all’occhiello e cuore pulsante del sistema calcio… Da sempre è così e nessuno mai si è lamentato.
IL DURO ATTACCO DELLA NORD
Altro giro, altra corsa. È proibito avvicinarsi alle vetrate o appoggiare striscioni sulle stessa. Quelle vetrate che rappresentano il motore del tifo, oggi, al posto di tanti ragazzi vedono tanti fratini gialli e deserto.Da quando è nato il calcio mai avevamo assistito a un provvedimento più “singolare” che cancella, in un colpo solo, anni e anni di consuetudini, anni e anni di “normalità” con la “scusa” della sicurezza all’interno della curva. Ma chi lo stadio lo frequenta da anni rimane basito e ricorda che, la mancanza di sicurezza avviene, casomai, per la voglia di sfruttare la passione. Come nel caso delle uscite di sicurezza sul campo che vennero montate nella curva solo dopo una raccolta firme dei tifosi. I maghi della sicurezza se le erano semplicemente… scordate. Possibile? Questa è la storia in breve: quando lo stadio venne ristrutturato per i Mondiali del 1990, esistevano due uscite ai lati della curva ma… non esistevano i distinti. Una volta montate le prime barriere, allo scopo di creare settori più remunerativi, la parte centrale della gradinata, l’attuale curva, rimase senza l’uscita di sicurezza. Queste furono garantite solo dopo migliaia di firme raccolte, iniziativa popolare del gruppo organizzato “Irriducibili”. In questo, come in tanti altri casi, è stata la gente ad essere più lungimirante e attenta a certe garanzie minime. Ma chi frequenta la curva sa che sono fondamentali anche i percorsi orizzontali (il vecchio Olimpico ne era pieno) e tante uscite verso l’esterno immediatamente raggiungibili (il vecchio Olimpico ne era pieno) affinché i tifosi non debbano essere costretti a lunghe file su scale strette, buone per entrambi i “sensi di marcia”. Verrebbe spontanea la domanda: perché è stato distrutto uno stadio così sicuro, peraltro monumento in marmo e travertino? I cittadini, che ormai certe cose le hanno cominciate a capire, possono darsi una risposta…
RIDATECI IL VERO DERBY!
Una seconda domanda sorge spontanea: cosa succederebbe oggi se accadesse un altro caso-Paparelli in questo stadio monumento alla modernità e dai costi di costruzione stellari? Uno stadio in cui si sono investiti tanti tanti soldi e che nemmeno è stato terminato, visto che la Tevere è parte in marmo, memoria del tempo passato, parte in legno e parte in un materiale che tanto assomiglia a lamiera…Insicurezza, quindi.Potrebbe interessarti
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Oggi anche il divieto di utilizzo di megafoni (peraltro presenti in altre piazze italiane ed europee), di mezzi di diffusione sonora, di fumogeni, le difficoltà sopra esposte nell’andare allo stadio e tanto altro stanno rompendo un giocattolo. Sono ancora una volta i tifosi a dare l’allarme. “Uomo libero? No tifoso”: anche questo era uno striscione di tanti anni fa. Ed insieme un grido d’allarme. Il tifoso non è considerato un normale cittadino ma semplicemente, nell’accezione meno nobile del termine, un… tifoso. Un recente esempio, solo un esempio tra i tanti, è la trasferta di Bologna che è stata vietata dopo che i tifosi avevano già acquistato il biglietto della partita (regolarmente messo in vendita), del treno e qualcuno aveva programmato anche un week end con prenotazioni alberghiere. Tutto questo per un atto addebitato a 21 persone, nella precedente trasferta di Firenze, già identificate e diffidate e quindi impossibilitate a seguire la Lazio nella trasferta successiva. Nessun giornale, nessuna associazione e tantomeno la società sono intervenuti con forza in un caso in cui in gioco c’erano diritti dei cittadini e non di “semplici” tifosi. I laziali vengono trattati così, in Italia come in Europa, da Bologna a Varsavia. Molti altri no. La Barcaccia, silenziosa vittima, ringrazia.
La Curva Nord

