Per il CT della Nazionale italiana Antonio Conte è arrivato il momento di comunicare, quest’oggi, la lista dei 23 che faranno parte della spedizione agli Europei.
Saranno sette i giocatori tagliati fra quelli attualmente presenti in rosa: sono già sicuri di tornare a casa Rugani e Zappacosta (che dovrebbero essere aggregati al gruppo come riserve), Astori e Benassi oltre all’infortunato Montolivo.
Ci sarà Bernardeschi e non Bonaventura mentre la scelta a sorpresa riguarderà Jorginho, che sarà rispedito a casa in favore di Sturaro, che aumenterà ulteriormente il blocco Juve tra gli azzurri.
Ecco la probabile lista dei 23:
PORTIERI: Buffon, Sirigu, Marchetti
DIFENSORI: Chiellini, Barzagli, Bonucci, Ogbonna
LATERALI: Darmian, De Sciglio, Candreva, El Shaarawy, Bernardeschi
CENTROCAMPISTI: De Rossi, Thiago Motta, Florenzi, Giaccherini, Sturaro, Parolo
ATTACCANTI: Immobile, Zaza, Pellè, Insigne, Eder
RISERVE: Jorginho, Rugani, Zappacosta, Bonaventura

Nello stesso anno con il film “Gli spietati“ vince quattro premi Oscar, tra cui miglior film e miglior regia, e si consacra definitivamente non solo come uno dei più grandi attori americani ma anche come uno tra i più importanti registi. Nel 2000 riceve il Leone d’Oro alla carriera e la Mostra del Cinema di Venezia gli dedica un’ampia retrospettiva. Nel 2003 “Mystic River“ gli vale 6 nomination e 2 Oscar, uno a Sean Penn come migliore attore, l’altro a Tim Robbins miglior attore non protagonista. Nel 2004 è la volta di “Million Dollar Baby“, che riceve nel complesso 7 nomination e 4 premi Oscar, e nel 2006 il dittico su Iwo Jima: prima “Flags of Our Fathers“, poi “Lettere da Iwo Jima“ che comporta a Eastwood la decima nomination personale agli Oscar.
La mattina del 30 maggio 1994 un colpo di pistola mette fine all’esistenza di uno dei calciatori più amato e venerato dai sostenitori giallorossi e, al tempo stesso, più rispettato dagli avversari sportivi che vedevano in lui sì un “nemico” ma anche un grande uomo, un calciatore che con la sua signorilità, in campo e fuori, in tanti anni di ribalta ha saputo farsi apprezzare anche da coloro che avrebbero dovuto “odiarlo”: Agostino Di Bartolomei.
Giorno nefasto, a dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Roma (di cui era capitano) contro il Liverpool. Un capitano buono, un ragazzo di borgata che era riuscito alla guida dei suoi compagni a riportare lo scudetto a Roma, che aveva sfiorato la coppa dei Campioni ma che poi la società giallorossa ha scaricato mandandolo via, gettandolo nel dimenticatoio come una vecchia bandiera ormai logora e sdrucita dagli anni. Il calcio lo ha dimenticato ma non la gente, quella no, quella non potrà mai dimenticarlo, perchè Di Bartolomei nonostante il successo era rimasto uno di loro, una persona semplice e alla mano che ancora credeva ai reali valori della vita.
Poi la fine della carriera. Ago avrebbe voluto allenare i bambini ma non ricevette nessuna chiamata dalla Roma e allora, oltre ad uno studio assicurativo a Salerno, aprì una scuola calcio a San Marco. Deluso dagli altri ma felice. Fino a quella terribile mattina di maggio in cui un secco colpo di pistola mise fine alla sua vita lasciando nell’aria oltre l’acre odore della polvere da sparo anche il ricordo di un personaggio d’altri tempi che non è riuscito a superare l’indifferenza di quell’ambiente sportivo che tanto lo aveva idolatrato nel momento del successo. Ma una cosa è certa, il suo ricordo resterà ben impresso nel cuore e nella mente di tutti i tifosi giallorossi e di quegli amanti del calcio di una volta dove contavano più i sentimenti che gli aspetti finanziari.