Questa mattina è intervenuto sulle frequenze di ‘Rai Radio 1‘, il presidente della Lega B Andrea Abodi e tra i vari temi toccati non poteva mancare un accenno sulla piaga del calcio-scommesse. Ecco le sue parole:
“Calcioscommesse? Ho sempre detto che su questo tema non si deve mai abbassare la guardia. Parliamo del campionato 2013-14, mi auguro sia quindi un processo da istruire soltanto sul passato. Non possiamo credere che il problema sia totalmente debellato oggi, che non ci saranno nuovi tentativi o tentazioni di mettere in piedi certe situazioni; vedo però una crescente attenzione verso queste tematiche da parte di tutte le componenti del calcio. Questo è di conforto, ma non è che ci tranquillizzi definitivamente. Dobbiamo continuare a lavorare con pazienza e tenacia per combattere questa piaga nel segno della credibilità. Non capisco – ha poi aggiunto – perché il calcio non dovrebbe cadere in tentazione, penso sia un’affermazione ipocrita dire che il calcio è malato. La società, a livello internazionale, è soggetta alle umane miserie, la differenza la fa la voglia, la capacità, la tenacia con la quale si continua a lavorare per cercare di limitare il rischio. E penso che sotto questo punto di vista il nostro sistema ha dimostrato grande volontà e dedizione rispetto ad un tema che è decisivo: quello della credibilità”

La mattina del 30 maggio 1994 un colpo di pistola mette fine all’esistenza di uno dei calciatori più amato e venerato dai sostenitori giallorossi e, al tempo stesso, più rispettato dagli avversari sportivi che vedevano in lui sì un “nemico” ma anche un grande uomo, un calciatore che con la sua signorilità, in campo e fuori, in tanti anni di ribalta ha saputo farsi apprezzare anche da coloro che avrebbero dovuto “odiarlo”: Agostino Di Bartolomei.
Giorno nefasto, a dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Roma (di cui era capitano) contro il Liverpool. Un capitano buono, un ragazzo di borgata che era riuscito alla guida dei suoi compagni a riportare lo scudetto a Roma, che aveva sfiorato la coppa dei Campioni ma che poi la società giallorossa ha scaricato mandandolo via, gettandolo nel dimenticatoio come una vecchia bandiera ormai logora e sdrucita dagli anni. Il calcio lo ha dimenticato ma non la gente, quella no, quella non potrà mai dimenticarlo, perchè Di Bartolomei nonostante il successo era rimasto uno di loro, una persona semplice e alla mano che ancora credeva ai reali valori della vita.
Poi la fine della carriera. Ago avrebbe voluto allenare i bambini ma non ricevette nessuna chiamata dalla Roma e allora, oltre ad uno studio assicurativo a Salerno, aprì una scuola calcio a San Marco. Deluso dagli altri ma felice. Fino a quella terribile mattina di maggio in cui un secco colpo di pistola mise fine alla sua vita lasciando nell’aria oltre l’acre odore della polvere da sparo anche il ricordo di un personaggio d’altri tempi che non è riuscito a superare l’indifferenza di quell’ambiente sportivo che tanto lo aveva idolatrato nel momento del successo. Ma una cosa è certa, il suo ricordo resterà ben impresso nel cuore e nella mente di tutti i tifosi giallorossi e di quegli amanti del calcio di una volta dove contavano più i sentimenti che gli aspetti finanziari.