Esperto svela i segreti finanziari del calcio italiano: focus sulla Lazio e le sfide del futuro
Chi si nasconde dietro i conti del calcio italiano? Marcello Vulpis, direttore di Sporteconomy, in un’intervista esclusiva, approfondisce i nodi economici della Lazio e del pallone tricolore, dai debiti al bisogno di innovazione globale. Preparatevi a scoprire come le strategie finanziarie possano cambiare le sorti di un club. #CalcioItaliano #LazioFinanza #SportEconomy
In un’analisi che cattura l’attenzione degli appassionati, Marcello Vulpis ha esaminato i problemi finanziari del calcio italiano, con un occhio particolare alla Lazio. Le sue riflessioni toccano temi cruciali come il blocco del mercato, gli stadi incompiuti e le strategie internazionali, offrendo spunti che fanno riflettere su come il mondo del calcio stia evolvendo.
Sul tema del blocco del mercato, Vulpis ha dichiarato: «L’indicatore di liquidità misura la capacità di un’azienda di far fronte ai debiti nel breve termine. Servono entrate come sponsor e diritti tv per sostenere la gestione sportiva. Un dirigente mi ha detto che il calcio italiano dovrà trovare un forte bilanciamento tra efficienza aziendale e sportiva. Oggi chi compete a livello europeo ha un fatturato oltre i 400 milioni. E se sbagli un acquisto, paghi per anni. Chi resta stabilmente in Champions, nel giro di due-tre anni, supera tanti club». Questa frase sottolinea quanto sia vitale per i club italiani bilanciare le risorse finanziarie con le prestazioni sul campo, evidenziando i rischi di errori manageriali che possono pesare a lungo termine.
Passando alle superpotenze del calcio, Vulpis ha osservato: «Il PSG ha sbagliato tanto, ma dietro ha uno stato. Non è Oaktree o RedBird. La vittoria in Champions era solo questione di tempo. Lo stesso vale per il Manchester City. Nulla nasce per caso». Qui, l’esperto spiega come il sostegno statale dia un vantaggio incolmabile, dimostrando che il successo non è solo merito sportivo ma anche di risorse illimitate.
Nel discorso sul Como, ha aggiunto: «Il Como ha proprietari ricchissimi, ma è una società privata. Come fai a competere con uno stato? È come se il Governo Meloni creasse un fondo sovrano per finanziare lo sport come strumento di soft power. Solo i paesi arabi fanno queste scelte strategiche. Chi ha più soldi, ha più chance». Questa affermazione evidenzia il divario tra club privati e quelli sostenuti da entità statali, ponendo una domanda su come i team italiani possano reggere la competizione globale.
Per quanto riguarda il main sponsor, Vulpis ha puntualizzato: «La Lazio ha sofferto l’assenza di un main sponsor. Nel 2019 perse Marathonbet a causa del decreto dignità. Quei milioni andarono al Siviglia, non a noi». In questo contesto, la frase illustra le conseguenze dirette delle normative nazionali, mostrando come la perdita di partnership possa influenzare il bilancio e le ambizioni di un club come la Lazio.
Sul fronte del Nasdaq, ha espresso dubbi: «Internazionalizzare il brand Lazio è giusto. Ma quotarsi al Nasdaq? Non mi pare una buona idea: la Lazio non ha la forza internazionale necessaria. Tuttavia, tournée, sponsor e nuovi investitori possono nascere da questa spinta. Il calcio italiano deve aprirsi. De Laurentiis ha detto che il 90% dei club è indebitato: ha ragione». Vulpis qui avverte sui pericoli di mosse azzardate, ma incoraggia l’apertura al mondo esterno per superare i debiti diffusi nel calcio italiano.
Analizzando l’Atalanta, Vulpis ha elogiato: «Sono stati intelligenti. Per un calcio sempre più caro servono capitali freschi. Non basta attrarre investitori, devi saperli tenere. Efficienza sportiva e aziendale devono viaggiare insieme: oggi mancano entrambe». Questa osservazione spiega l’importanza di una gestione integrata, dove l’efficienza non è solo finanziaria ma anche sul campo, come modello per altri club.
Vulpis ha poi toccato il declino del calcio italiano: «I calciatori sono diventati “di categoria”. Anche se fai bene in C, poi resti in C. Una volta dalla B uscivano Immobile e Verratti. Oggi succede sempre meno». Con questa frase, egli evidenzia un problema di mobilità nel sistema, che limita la crescita dei talenti e rende il calcio italiano meno competitivo.
Infine, sullo stadio, ha insistito: «Lo stadio è un asset patrimoniale. Sono passati vent’anni dal plastico dello Stadio delle Aquile. E nulla si è mosso. Nemmeno Berlusconi ci è riuscito. Se i presidenti aspettano la manna dal cielo, non costruiranno mai. Serve rischio d’impresa. Se credi nel progetto, devi investire». Qui, Vulpis sottolinea l’urgenza di agire per valorizzare gli impianti, ricordando che senza investimenti coraggiosi, i sogni rimangono solo progetti.
In chiusura, Vulpis ha rivolto uno sguardo al futuro della Lazio: «Lotito è presidente da tanti anni. Ma dove può arrivare la Lazio? È inevitabile che si apra a investitori stranieri. Se vede il club come un bene da tramandare ai figli, non ci sarà evoluzione. Non dico che non sappia gestire, ma tra dieci anni dove sarà la Lazio? Deve alzare l’asticella». Questa riflessione invita a considerare l’apertura a nuovi capitali come chiave per il progresso, lasciando aperta la domanda su come la Lazio possa evolversi nel panorama calcistico internazionale.