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‘DALLA SCUOLA ALLO STADIO’ – Le parole di Biglia, Konko e Berisha al ‘Maria Ausiliatrice’

Nuovo appuntamento con il tour biancoceleste nelle scuole di Roma e provincia per l’iniziativa ‘Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport‘. Questa mattina è toccato a Biglia, Konko Berisha far tappa all’Istituto ‘Maria Ausiliatrice’, queste le loro parole in risposta alle domande degli studenti.

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BIGLIA – Per raggiungere il successo serve tanto sacrificio, anche a livello umano. Bisogna lasciare tante cose e mettere la testa al 100% su quello che si fa. Per vincere la partita, il modo migliore è seguire le indicazioni del mister e metterci l’approccio giusto. La Fede? Dopo la morte di mio padre sono diventato molto credente. Però non prego per chiedere, ma per ringraziare, in particolare per la salute di mio figlio. Gli errori arbitrali? Anche gli arbitri, come noi calciatori, possono sbagliare. Bisogna restare concentrati, perché nel calcio può capitare di commettere errori. Il razzismo? È ignoranza, non bisogna guardare il colore della pelle. Il mio ruolo? A 5 anni giocavo a calcetto, in porta, ma stavo sempre in panchina. Un giorno chiesi di entrare a tutti i costi, ma il mister mi schierò fuori dalla porta e da allora ho iniziato a fare il centrocampista“.

KONKO – Gli errori? Non sono un problema se li fai in un contesto di squadra. L’importante, quando li si commette, è rialzarsi e riprovare finché le cose non riescono nel modo giusto. È questa la forza di un gruppo, dare fiducia ai compagni in difficoltà e trovare insieme la strada giusta per andare avanti. Il gol dell’ex? È un classico che purtroppo capita spesso. E pure se a segnarlo è un compagno che ha lottato con noi fino all’anno precedente, prenderlo fa sempre male. Il futuro? Mi piacerebbe allenare o lavorare con i giovani. Ancora non ho deciso niente, ma mi piacerebbe comunque restare nel mondo del calcio, che è stato la mia vita. Il razzismo? Purtroppo mi è capitato di subire episodi, ma sono cose brutte cose, che non bisogna seguire. I buh soprattutto, che non servono al mondo dello sport. Chi li fa è una minoranza che deve rimanere fuori dallo sport, che è fatto per tutti e in cui non ci sono colori diversi. E poi il bello di lavorare in gruppo è proprio stare insieme a persone che provengono da altri paesi e altre religioni. I rimproveri dell’allenatore? Significano che c’è qualcosa di sbagliato, per cui bisogna reagire è andare avanti. Gli sfottò? Non sono belli, ma anche i nostri tifosi li fanno. Il calcio italiano è così, ma finché si rimane sullo scherzo non c’è problema. Più importante l’assist o il gol? Vanno entrambi bene, però, visto che sono un difensore, la cosa più importante è non subire gol. Il mio ruolo? L’avevo capito già a 15 anni“.

BERISHA – Tanti tifosi pensano che sono bravo, tanti altri che sono scarso. Per me l’importante è giocare nel miglior modo possibile. Del resto, anche i migliori al mondo vengono criticati. Com’è giocare all’Olimpico? Quando sono arrivato, ero un po’ nervoso perché ho trovato tanti tifosi. Poi mi sono abituato, anche grazie ai compagni e all’allenatore, che mi hanno aiutato tantissimo. Il mio ruolo? Giocavo a centrocampo, poi un giorno, a circa 7-8 anni, ho sostituito il portiere della nostra squadra e da allora l’allenatore mi ha lasciato in quella posizione“.

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