Nuovo appuntamento con il tour biancoceleste nelle scuole di Roma e provincia per l’iniziativa ‘Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport‘. Questa mattina è toccato a Biglia, Konko e Berisha far tappa all’Istituto ‘Maria Ausiliatrice’, queste le loro parole in risposta alle domande degli studenti.
BIGLIA – “Per raggiungere il successo serve tanto sacrificio, anche a livello umano.Potrebbe interessarti
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KONKO – “Gli errori? Non sono un problema se li fai in un contesto di squadra. L’importante, quando li si commette, è rialzarsi e riprovare finché le cose non riescono nel modo giusto. È questa la forza di un gruppo, dare fiducia ai compagni in difficoltà e trovare insieme la strada giusta per andare avanti. Il gol dell’ex? È un classico che purtroppo capita spesso. E pure se a segnarlo è un compagno che ha lottato con noi fino all’anno precedente, prenderlo fa sempre male. Il futuro? Mi piacerebbe allenare o lavorare con i giovani. Ancora non ho deciso niente, ma mi piacerebbe comunque restare nel mondo del calcio, che è stato la mia vita. Il razzismo? Purtroppo mi è capitato di subire episodi, ma sono cose brutte cose, che non bisogna seguire. I buh soprattutto, che non servono al mondo dello sport. Chi li fa è una minoranza che deve rimanere fuori dallo sport, che è fatto per tutti e in cui non ci sono colori diversi. E poi il bello di lavorare in gruppo è proprio stare insieme a persone che provengono da altri paesi e altre religioni. I rimproveri dell’allenatore? Significano che c’è qualcosa di sbagliato, per cui bisogna reagire è andare avanti. Gli sfottò? Non sono belli, ma anche i nostri tifosi li fanno. Il calcio italiano è così, ma finché si rimane sullo scherzo non c’è problema. Più importante l’assist o il gol? Vanno entrambi bene, però, visto che sono un difensore, la cosa più importante è non subire gol. Il mio ruolo? L’avevo capito già a 15 anni“.
BERISHA – “Tanti tifosi pensano che sono bravo, tanti altri che sono scarso. Per me l’importante è giocare nel miglior modo possibile. Del resto, anche i migliori al mondo vengono criticati. Com’è giocare all’Olimpico? Quando sono arrivato, ero un po’ nervoso perché ho trovato tanti tifosi. Poi mi sono abituato, anche grazie ai compagni e all’allenatore, che mi hanno aiutato tantissimo. Il mio ruolo? Giocavo a centrocampo, poi un giorno, a circa 7-8 anni, ho sostituito il portiere della nostra squadra e da allora l’allenatore mi ha lasciato in quella posizione“.

