sabato, Aprile 20, 2024

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Perché la Lazio non punta su giocatori affermati?

Non scriviamo per Vice né per l’HuffPost, e usare un titolo col punto interrogativo è un’abitudine un po’ hipster o modaiola per Laziochannel. Però stavolta vogliamo arrivare dritti al punto. E’ Ferragosto, e sia che possiate mangiare il classico pollo spezzato coi peperoni o che vi abbandoniate a un menu vegano, qualcuno si ritroverà a parlare di Lazio e farsi le solite domande.

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Manca una settimana all’inizio del campionato. Anzi meno, perché oggi è lunedì. Domenica sera a Bergamo ci ritroveremo di nuovo con quella stretta allo stomaco familiare per nove mesi l’anno. I tre di pausa sono trascorsi ferocemente veloci, stavolta. Europei e Olimpiadi hanno aiutato a tamponare l’astinenza, ma ci sono estati che trascorrono più velocemente di altre e nessuno sa perché.

Un’altra cosa che nessuno sa, a questo punto, è perché la Lazio sul mercato si ostini a seguire un certo tipo di linee guida. Perché alzi la mano anche il più feroce dei contestatori dell’attuale gestione societaria che non pensava che il post-Bielsa sarebbe stato gestito diversamente. Un uragano, una brutta figura, un grave incidente di percorso: per come la si vedesse, la questione del tecnico argentino aveva portato il presidente a dire, per l’ennesima volta: “Non vendo sogni, ma solide realtà.

Ok, la mancanza di sogni si rimprovera spesso, ma le solide realtà? Sono solide realtà gli arrivi di Wallace e Bastos, quindici milioni di cartellini per due giocatori che i tifosi non avevano mai sentito nominare? E’ una solida realtà Leitner, che pure è stato già accolto a pesci in faccia da una stampa che, a onor del vero, fa passare per oro colato tutto quello che accade sull’altra sponda del Tevere? E’ una solida realtà Lukaku, prelevato da una squadra di seconda fascia in Belgio? Persino Ciro Immobile è chiamato a rilanciarsi dopo due pessime stagioni: ma almeno il suo arrivo, da ex capocannoniere della Serie A ancora relativamente giovane, ha risvegliato per un momento una piazza che è sempre stata coerente con sé stessa, mai prevenuta di fronte ai possibili nomi.

Gli altri, si sa, sono sempre più bravi…

E allora perché? Non sarebbe bastato qualche altro nome alla Immobile per rilanciare le motivazioni di una piazza che da Bielsa a Peruzzi, dallo stesso bomber Ciro all’iniziativa per gli 11 abbonati (una splendida idea, perché è ora di smetterla di parlare di cavolate e concentrarsi sui veri problemi: se la società ha una buona iniziativa di marketing, perché non spendere un minuto per applaudire e concentrarsi poi sul mercato deficitario? No, meglio parlare per un mese delle stesse cose solo per dimostrare che tutto va male, con gli occhi iniettati di sangue perché le proprie convinzioni personali sono più importanti della Lazio), ha dimostrato di voler tornare a sperare in una Lazio migliore?

La risposta, come spesso accade, si annida tra le pieghe del bilancio, e si chiama plusvalenza. Che serve a mettere a posto il deficit (ridicolo rispetto ad altre società, ma che la Lazio aveva evidenziato prima di non pubblicare più le sue trimestrali), fiore all’occhiello di una Lazio che l’anno scorso aveva sistemato le cose anticipando gli introiti UEFA, e che quest’anno può segnare un +20 tra le cessioni di Candreva, che costò poco meno di dieci milioni tra Cesena e riscatto dall’Udinese, ed Eddy Onazi, arrivato a giocare con la Primavera e poi lanciato nel calcio che conta.

Le plusvalenze sono oro per il bilancio di una società, visto che i costi degli ingaggi vengono poi progressivamente inseriti negli ammortamenti (anche se poi i successivi rinnovi di contratto rappresentano costi aggiuntivi). Lo ha dimostrato la Juventus: l’affare Pogba l’ha resa ricca oltre i milioni incassati, avendo ottenuto una plusvalenza di oltre 75 milioni di euro. Soldi che ai bianconeri hanno permesso di puntare su Higuain, mentre la Lazio con una sola cessione ha fatto mercato in tutti i reparti.

Il dubbio su questo ragionamento è il costo degli attuali giocatori, ma se ci si pensa anche Wallace, ancora giovane, se dovesse esplodere come si spera, potrebbe essere ceduto a una cifra ben superiore rispetto a quella spesa, così come la Lazio avrebbe compiuto un formidabile colpo economico cedendo Felipe Anderson, pur pagato discretamente e non certo come un saldo di fine stagione al Santos.

Quello che non deve mancare, in questo concordiamo col responsabile della comunicazione Diaconale, è il rispetto: scrivere “Leitner chi?” in prima pagina quando poi sconosciuti sull’altra sponda vengono annunciati con toni enfatici, è un insulto all’intelligenza, prima ancora che alle professionalità sportive che compongono la Lazio. Se Leitner sarà l’ennesimo Vinicius, Pereirinha, Perea o Bisevac o se esploderà trovando a Roma la sua dimensione lo scopriremo solo vivendo e non comunque dileggiandolo a mezzo stampa. Ma un mercato impostato come ha fatto la Lazio in questa stagione può voler dire tutto o niente. Le potenzialità ci sono: se Basta e De Vrij non si infortuneranno, se Biglia diventerà il leader, se Cataldi maturerà, se Parolo tornerà quello di due anni fa e Felipe Anderson pure mentre a Immobile servirebbe un salto di tre anni, se Kishna riuscirà a esplodere, se Lukaku migliorasse definitivamente. Se, se, se: le potenzialità, ci sono, davvero: ma il rischio è altissimo. Con buona pace di chi pensa agli undici abbonati. Non per niente, una bella prima pagina è stata sparata anche per loro…

Ecco, basta cavolate, magari facciamo che parliamo di calcio. Per capire, mica per altro.

Fabio Belli

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