giovedì, Aprile 18, 2024

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Il pensiero ultras sul terremoto

Pubblichiamo con sentimento, questa bellissima lettera scritta da un cittadino italiano che esprime un pensiero comune in molti di noi, ma che purtroppo non viene mai messo in evidenza dai media di regime. La lettera è tratta dalla pagina FacebookDifferent people style”.

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Tutta la redazione di Laziochannel nonché il suo editore, sono in prima fila per le battaglie sociali e contro ogni forma di discriminazione e pregiudizio.

Ricordiamoci sempre che il mondo non lo hanno rovinato quelli coi tatuaggi, ma i “mezzi uomini” in giacca e cravatta.

Buona lettura.

“Gli Ultras sono il male del calcio, probabilmente della società. Siamo violenti, cattivi, rubiamo negli Autogrill, siamo ignoranti, non paghiamo il biglietto, facciamo accordi e veniamo finanziati dalle Società, siamo il male da combattere e debellare. Ricordo come se fosse oggi la mia prima partita allo stadio, avevo 6 anni e mio padre mi portò in un settore “tranquillo”. Passai tutto il tempo a vedere la Curva della squadra della mia città, non vidi nemmeno un’azione, non avevo mai visto un pallone diverso dal Super Santos eppure non mi interessava. Ero più attratto dai fumogeni, dai cori, dalle sciarpe e dalle bandiere. In quel giorno decisi che il mio futuro sarebbe stato all’interno di quella Curva, senza manie di protagonismo ma per mettermi al servizio della mia città. Non è importante oggi raccontare la mia storia quanto diffondere un messaggio. Un messaggio di pace da chi la pace, agli occhi della gente, l’ha sempre rigettata. Non è nemmeno importante passare per vittime di un sistema, non fa per noi. Il messaggio di pace l’abbiamo lanciato come sempre dall’ombra, senza proclami, senza pubblicità, senza titoli sui giornali.
In questi giorni la nostra terra è stata colpita da una tragedia, il terremoto ha lasciato senza casa centinaia di persone, ha infranto sogni e spezzato vite. Tutto senza possibilità di appello. E allora ci siamo organizzati spontaneamente come sempre abbiamo fatto in un filo conduttore che ha unito tutta la penisola, dall’estremo Sud al profondo Nord senza distinzione. L’elenco delle città che ha contribuito con aiuti di ogni genere è infinito, non mi basterebbe un’ora per scriverle tutte e di sicuro ne dimenticherei qualcuna. In ogni Curva d’Italia si sono raccolti fondi nell’ultimo week end, ognuno ha dato il suo contributo in base alle proprie possibilità. Senza farci pubblicità, come sempre. Eppure c’è chi ancora ci condanna e chi ci punta il dito contro. Forse preferite i nostri amati politici che si affannano a twittare a tempo di record il proprio cordoglio e fanno a gara a chi deve farsi fotografare per primo ai funerali delle vittime avvolti dagli abiti di sartoria. Questo non fa per noi, non ci appartiene. Abbiamo usato internet solo per un passaparola più veloce e per coordinare le iniziative, ne avremmo fatto volentieri a meno altrimenti. Però però però, mi è venuto un dubbio in questi giorni. Ho visto tanti TG, forse troppi. Ho visto tanti “giornalisti” che ci sguazzavano nell’immortalare la sofferenza della gente. Sembrava tutto finto, come fossimo all’interno di un cast ma invece era vero. Ho visto i genitori dei bambini distrutti per le perdite, ho visto cani che restavano al fianco dei padroni deceduti, ho visto Vigili del Fuoco con i guanti e i polpastrelli della mani bruciati per aver scavato ininterrottamente. Il dubbio è restato, poi è diventato sospetto, dopo ancora sconcerto. Com’è possibile che nessuno si sia accorto di noi? Tanti ragazzi sono andati a scavare, davvero tanti eppure nessuno ne ha parlato. I nostri aiuti forse valgono meno di quelli degli altri? Non è una gara a chi fa di più, in questi casi si è tutti uguali ma forse bisognerebbe avere un minimo di obiettività e riconoscere che un cuore, e grande, ce l’abbiamo anche noi. Continueremo ad aiutare la gente in difficoltà fregandocene delle apparenze e di chi preferisce i colletti bianchi e le ventiquattrore ai tatuaggi e ai piercing, quando un’amico ha bisogno gli si porge sempre una mano. L’Italia è una. Noi i suoi figli”.

Un ragazzo di curva come tanti

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