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FOCUS Argentina Italia, il declino del calcio italiano dalla sentenza Bosman

Che amarezza vedere Argentina Italia

Nella silenziosa Manchester, assistiamo impassibiliad Argentina Italia. Una nazionale veramente in difficoltà, non tanto dal punto di vista del gioco (squadra media che comunque esce ancora sconfitta), ma proprio dall’assenza di spessore tecnico dei giocatori presenti stasera in campo. La prima panchina di Di Biagio è caratterizzata da un due a zero che non allontana l’infausta gara contro la Svezia. In Gran Bretagna ci siamo presentati con un gruppo giovanissimo, dove gran parte di loro è nato sotto il segno della De Filippi e di Barbara D’Urso. Ormai i classe Settanta e Ottanta non ci sono più. Il colpo dell’eliminazione dai mondiali, è stato di una gravità più ampia di quella percepita dai molti.

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Prima della sentenza Bosman – che impedì alle varie leghe continentali di porre un limite al numero di stranieri – eravamo più forti, ma sopratutto maggiormente coesi e appassionati alla causa. Questa legge e l’interpretazione avuta dai dirigenti federali ha prodotto un impoverimento del movimento calcistico italiano.

Un po’ di numeri

Infatti, dati alla mano, nella stagione 1989/90 cinque anni prima della sentenza, il campionato italiano ospitava 53 stranieri. Il contingente estero rappresentava solo il 14% del totale, con prevalenza di argentini (11), brasiliani (10) e tedeschi (6). Poi nel campionato 1999-2000 (quello vinto dalla Lazio per intenderci), il nostro campionato faceva registrare ben 155 stranieri, ovvero il triplo rispetto al decennio precedente, rappresentando così il 32% del totale. Nel 2009/2010 il declino prosegue: 228 stranieri ovvero il 41% degli atleti complessivi.

L’Italia è quasi finita. Non solo dal punto di vista politico. La paura più grande è che i fasti del passato, possano essere ricordati soltanto attraverso il ricordo di un quotidiano conservato gelosamente nel cassetto.

Aver puntato sull’interesse particolare anziché su quello generale, ha impoverito non solo la nazionale, ma anche le squadre di club. Non vinciamo la vecchia coppa Uefa dalla stagione 1998/99, grazie al Parma. Mentre in Champions le cose vanno un po’ meglio: appena nove, gli anni trascorsi dalla vittoria dell’Inter di Mourinho. Se non ci saranno novità strutturali e organizzative di un certo spessore, ci aspetteranno anni non bui, di più. Speriamo di non abituarci alla gioia per qualche qualificazione ottenuta, ma sarà veramente dura tornare a lottare per il trofeo finale.

Davide Sperati

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