Immergiti nei racconti emozionanti di Fernando Couto sulla sua Lazio: ricordi indelebili e segreti di una carriera leggendaria! #LazioLegends #ExCalciatori #CalcioEmozioni
Nel cuore del centro sportivo della Lazio, due icone del passato come Fernando Couto e Luca Marchegiani si sono riuniti per un’intervista appassionante con Figurine Panini. I due ex calciatori, colonne del biancoceleste, hanno condiviso aneddoti e sorrisi, riportando in vita le emozioni e i momenti indimenticabili della loro avventura con l’aquila sul petto. È un’opportunità unica per curiosare nei ricordi di chi ha vissuto il calcio da protagonista, suscitando quella nostalgia che fa palpitare il cuore di ogni appassionato.
Couto ha espresso il suo entusiasmo nel tornare a Formello, un luogo carico di storia personale. «Tornare a Formello è una grande emozione. Mancavo da quando ho smesso di giocare nella Lazio, il centro sportivo è cambiato in modo molto bello, molto positivo. Mi fa molto piacere, essere qui con voi e con Luca è una grande emozione. Sono stato in questo spogliatoio tanti anni: tanti momenti belli, altri meno. Ma mi sono divertito molto. L’album delle figurine? Io lo faccio adesso, con mio figlio di dieci anni. Gli piace il calcio, è appassionato e faccio la collezione con lui. Ogni album terminato lo metto nel mio ufficio, mi aiuta anche a rimanere aggiornato». In questa frase, Couto cattura l’essenza del legame eterno con la Lazio, mostrando come un semplice ritorno possa evocare anni di gioia e sfide, e rivela un tocco personale con la tradizione delle figurine, che lo aiuta a mantenere vivo il suo amore per il gioco.
Parlando del record di imbattibilità di Marchegiani, Couto ha evidenziato l’affiatamento difensivo della squadra con un’ironia che fa sorridere. «Il record di imbattibilità di Marchegiani? Merito nostro (ride, ndr). Gli avversari, ci scherzavamo sopra, avevano difficoltà anche a respirare: non passava neanche il vento con noi in difesa. L’arrivo alla Lazio? Era una squadra tosta, con grandi giocatori. In quel periodo poi ci furono anche altri grandi investimenti da parte del presidente Cragnotti. Il mix ha fatto sì che nascesse una squadra pazzesca, veramente forti. Tra Porto, Parma e Barcellona ho sempre avuto squadre forti, ma qui avremmo potuto vincere anche qualcosa di più. Lo diciamo spesso, quando ci incontriamo ancora oggi. Con le nazionali partivamo quasi tutti, sono stati anni importanti quelli vissuti qui. E mi fa molto piacere essere di nuovo qui». Qui, Couto sottolinea l’importanza del lavoro di squadra con un umorismo contagioso, invitando a riflettere su quanto il collettivo possa trasformare una difesa in una roccaforte inarrestabile, lasciando spazio a rimpianti per successi sfiorati.
Sull’aspetto mentale che ha definito il successo della Lazio, Couto ha condiviso insight su come si costruisce un vero campione. «Ci si nasce, ma si costruisce anche lavorando in gruppo. Quando riesci a farlo vinci, lo fai in modo facile e tranquillo. Ci sono giocatori nati per vincere. Io ho vinto tanto, ma questo messaggio vincente bisogna anche saperlo trasferire. La Lazio non era abituata a vincere, poi con un gruppo forte e vincente è stata costruita la vittoria. Eravamo forti in tutti i reparti. E poi c’erano i cambi. Gli allenamenti erano sempre intensi, anche a poche ore dalla partita. Se non giocava uno lo faceva l’altro. E la squadra funzionava. Mister Sven gestiva le teste di tutti i giocatori e lo faceva nel migliore dei modi. Io ho ancora le maglie dello Scudetto, le tengo nel mio ufficio. Ne ho anche altre, alcune le ho date agli amici. Ma ne conservo tante, ho giocato per tanti anni e ho una collezione importante». Questa citazione rivela il segreto della mentalità vincente, con un accenno alla collezione di maglie come simbolo tangibile dei trionfi, spingendo il lettore a chiedersi come si trasforma una squadra “normale” in una leggenda attraverso dedizione e leadership.
Infine, riflettendo sul suo rapporto con il mister e i compagni, Couto ha dipinto un quadro umano e autentico della vita nello spogliatoio. «L’ho conosciuto al Benfica, ero un ragazzino. Non credo si ricordasse di me, ma poi ho avuto la fortuna di convivere con lui tutti questi anni. È una persona fantastica, umana, corretta. Gestiva il gruppo in modo intelligente, con l’aiuto dello spogliatoio. I portieri della Lazio? Tutti tranquilli, nessuno era sopra le righe. Marchegiani era equilibrato, forse Ballotta era un po’ matto. Luca era sempre serio. Era una squadra fortissima, tra i difensori avevo legato tanto con Sinisa. Aveva un carattere molto simile al mio, molto forte. Il suo modo di giocare e di pensare era molto affine alla mia. Poi c’era Favalli, grandissimo giocatore e persona super divertente nello spogliatoio, faceva divertire tutti». In queste parole, Couto illustra l’armonia di un gruppo unito, dove personalità diverse si completano, offrendo uno sguardo intrigante su come l’amicizia e il rispetto abbiano contribuito al successo, lasciando il lettore con il desiderio di scoprire di più su quelle dinamiche umane dietro il calcio professionistico.
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