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Pedro: “Il mio segreto? La fame di vincere, non le scuse!” E la Lazio centra la Champions

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In una lunga intervista concessa a El Pais, Pedro, il talentuoso giocatore della Lazio, ha condiviso riflessioni profonde sulla sua carriera, mescolando successi e sfide personali. Con un tono sincero e appassionato, l’ex stella del Barcellona e del Chelsea ha parlato di ciò che lo ha motivato negli ultimi anni, inclusi i trionfi raggiunti proprio con la maglia biancoceleste. Le sue parole, ricche di esperienza, non solo ispirano ma anche incuriosiscono i fan, offrendo uno sguardo intimo su come un campione gestisce l’evoluzione del gioco e della propria vita professionale.

Pedro ha iniziato parlando del suo approccio al calcio, rivelando il motore che lo ha spinto avanti. “Il mio segreto è l’ambizione e la voglia di vincere. Ma sono consapevole di non avere più l’energia di quando avevo vent’anni. Non posso fare quattro partite di fila per 90 minuti perché poi sarò stanco e con dolori perché ho avuto molti infortuni. È un dato di fatto. Ora gioco 25 minuti e mi diverto, mentre prima giocavo 25 minuti e mi sentivo vuoto. Volevo aiutare di più. Volevo fare tutta la partita ed essere sotto i riflettori. Ora voglio godermi ogni momento con i miei compagni di squadra e i tifosi.” In questa frase, Pedro sottolinea come la sua ambizione sia rimasta intatta, ma adattata all’età e alle limitazioni fisiche, trasformando il gioco in un’esperienza più appagante e meno stressante.

Passando alla sua carriera nel complesso, Pedro ha espresso gratitudine per i momenti alti e bassi che l’hanno definito. “Sono fortunato a poter dire di aver avuto una carriera di successo, piena di bei momenti ma anche di fallimenti e delusioni. Ho dovuto lavorare con me stesso, con la mia testa, per essere in grado di andare avanti e dire: ‘Andiamo avanti per un’altra sfida, cerchiamo di vivere un altro momento di gloria’. E l’ho ottenuto in Inghilterra con la Premier League e in Italia con la qualificazione della Lazio alla Champions League.” Qui, Pedro evidenzia la resilienza mentale che gli ha permesso di superare le delusioni, trasformandole in motivazione per nuovi successi, come la qualificazione in Champions con la Lazio, che dimostra la sua capacità di reinventarsi.

Sul suo ruolo in campo, Pedro ha spiegato come si è evoluto tatticamente, imparando da grandi del passato. “Il mio ruolo più arretrato? Ho iniziato a farlo perché l’ho imparato da David Silva e Iniesta: non ho mai visto tanta intelligenza tattica per ricevere palla tra le linee, sapere come girarsi e trovare lo spazio per andare in profondità. Ora alla Lazio sono contento di scendere a centrocampo. Sono cambiato ed è stato molto positivo per me a questa età, perché sono riuscito a trovare un altro ruolo.” In questa dichiarazione, Pedro illustra l’adattabilità come chiave per una carriera longeva, mostrando come l’influenza di maestri come Silva e Iniesta gli abbia aperto nuove opportunità sul campo.

Riguardo alla sua esperienza con la nazionale spagnola, Pedro ha ricordato una partita iconica e il suo impatto. “Il mio posto nella Spagna? Vicente Del Bosque contro la Germania sapeva che Lahm attaccava molto sulla fascia destra e io volevo marcarlo un po’ con la mia corsa. Non me l’aspettavo, perché Torres aveva molta più esperienza di me e aveva fatto parte della formazione titolare. Credo che sia stata la partita più importante della mia carriera. Il vantaggio è che molti giocatori si scambiano le posizioni tra le linee. Le ali si chiudono, aprono lo spazio per i terzini, ed è molto difficile segnare perché al centro ci sono giocatori molto creativi e molto tecnici come Xavi, Andres, Busi e Alonso. Creando queste superiorità al centro, i terzini tedeschi non potevano seguire le ali e noi potevamo ricevere, girare e cercare il passaggio interno a Villa o fare muri molto veloci, con molta creazione. Una volta create queste collaborazioni all’interno è più facile andare in profondità, a volte con i terzini sull’ala, a volte con Villa in continuo movimento. La Germania ha avuto molti problemi perché quando non avevamo un giocatore interno che avanzava era molto difficile.” Pedro, in questo passaggio, descrive con dettaglio il dinamismo tattico della Spagna, spiegando come il movimento fluido dei giocatori creasse confusione negli avversari, offrendo una lezione su come il calcio di squadra possa dominare le partite.

Pedro ha anche condiviso consigli su come affrontare difese compatte, basati sulla sua esperienza. “Il segreto per attaccare un blocco basso? Giocare con molto ritmo all’interno per stancarli sulla palla e creare situazioni di due contro uno all’esterno. Ho giocato in un blocco basso con Conte al Chelsea ed è un sistema molto efficace. Si fanno molti danni perché annullando la profondità si annullano anche i giocatori veloci come Mbappé o Vinicius: possono attaccarti solo sull’ala. Al Chelsea gli avversari potevano attaccarci solo sugli esterni per cercare di crossare e far entrare tanta gente in area per concludere. È molto difficile fare muro perché hai sempre molti aiuti. E alla minima perdita hai così tante persone coinvolte in alto che sei esposto al contropiede. Ecco perché molte squadre lo utilizzano.” Questa citazione rivela le strategie anti-blocco basso che Pedro ha sperimentato, sottolineando l’importanza del ritmo e della pressione per sfruttare le debolezze difensive.

Sul ruolo moderno dell’ala, Pedro ha analizzato l’evoluzione del gioco. “Oggi il ruolo dell’ala sta cambiando a livello strutturale. Doue, Bernardo Silva, Dembélé… vanno dentro perché stare fissi sull’esterno aiuta i difensori. Lamine è il migliore al mondo. Rodrygo è molto completo e Vinicius è monodimensionale. Io ci ho lavorato nelle giovanili del Barça. Prima non ci si lavorava tanto, perché le ali erano giocatori di fascia che dribblavano e crossavano. Oggi questo sta cambiando a livello strutturale. Doue, Bernardo Silva, Dembélé… Avere un giocatore fisso aiuta i difensitori avversari. Ma se si cambia, se mi dai un’ala che viene da me come ala, che viene da me come pivot, come centrocampista, come mediano… è un casino perché l’ala non può seguirti perché lascia molto spazio libero. Questo crea molti dubbi quando si tratta di chi deve marcarti: se è un pivot, se è un interno, se è un centrocampista centrale che deve lasciare… Questo crea il caos che è quello che tutti gli allenatori cercano per poter andare in profondità.” Pedro qui spiega il shift tattico delle ali, enfatizzando come la versatilità crei caos e opportunità, un insight che incuriosisce per la sua analisi approfondita del calcio contemporaneo.

Parlando di talenti emergenti, Pedro ha lodato un giovane giocatore in particolare. “Al momento l’ala più completa al mondo è Lamine. È molto bravo in termini di visione e decisione nel passaggio, e da lì ha tutto: “sbilanciamento, gioco sull’interno… Può stare su entrambe le ali, al centro, e fa molto bene gli assist. Poi ci sono Vinicius, Rodrygo, Raphinha… Ma Vinicius ha una dimensione diversa: è un giocatore puro nell’uno contro uno, ma non va tanto dentro, non fa tanti tiri da uno e non ha il miglior passaggio finale. Rodrygo è più completo e questa varietà lo aiuta a sorprendere e a fare molti gol. La cosa più difficile per una grande ala è essere un marcatore. Come Lamine o Salah. Ho giocato con Hazard e Henry, e loro avevano questa caratteristica. Segnavano 30 gol a stagione e questo è quello che facevano.” In questa affermazione, Pedro celebra Lamine come un modello di completezza, confrontandolo con altri per mostrare come il gol e l’assist siano essenziali per un’ala di successo.

Infine, Pedro ha riflettuto sulla sua qualità principale e sull’evoluzione fisica del calcio. “La mia più grande abilità era andare in profondità. Cercavo sempre lo spazio dove poter fare danni per trovarmi in posizione di gol. I giocatori come Fermín, che si muovono sempre, sono sottovalutati. Inoltre, chi si muove molto tende a entrare in area e a fare gol.” Pedro sottolinea qui come il movimento costante sia una skill spesso ignorata, ma cruciale per creare pericoli. E concludendo con un’occhiata al presente: “Essendo più preparati fisicamente, i giocatori sono in grado di sopportare una maggiore pressione e le squadre cercano di toglierti il tempo di visione che prima avevi e che ora non hai più perché ti marcano mano a mano. Devi essere più preciso e più veloce. La Premier League è così: pressione alta, non ti lasciano respirare, corri per 90 minuti. È stato trasferito alle squadre di vertice in Champions League e ora è fondamentale che gli attaccanti si abbassino per offrirsi di girare e uscire, come hanno fatto Iniesta e Silva.” Questa frase evidenzia come la preparazione fisica moderna abbia intensificato il gioco, richiedendo maggior precisione e ispirandosi a leggende come Iniesta e Silva per adattarsi. Con queste riflessioni, Pedro non solo chiude la sua intervista, ma lascia i lettori con una visione affascinante su come il calcio continui a evolversi, alimentando la curiosità su ciò che riserva il futuro.

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