Home Ultime Notizie Lazio Pedro nel mirino degli Haters online: Gatti tuona, servono pene più severe...

Pedro nel mirino degli Haters online: Gatti tuona, servono pene più severe per i vigliacchi del web

Un post innocuo di Pedro scatena l’odio online: cosa nasconde il lato oscuro dei social? #Lazio #Calcio #SocialMediaDrama

Immaginate un semplice post su Instagram di Pedro, l’attaccante della Lazio, che celebra il compleanno del suo figlio di otto anni: una foto tenera, un momento di gioia familiare. Eppure, è bastato un dettaglio – il bambino con una tiara e un vestito che qualcuno ha interpretato come “femminile” – per trasformare tutto in un turbine di insulti. Questo episodio non è solo un caso isolato, ma un riflesso preoccupante di come i social media possano amplificare il peggio dell’umanità, lasciando tutti a chiedersi: quanto è sottile il confine tra divertimento online e vera violenza verbale?

Come riportato nell’editoriale di Cristiano Gatti sul Corriere dello Sport, l’immagine ha innescato una valanga di reazioni negative, con commenti descritti come “sessisti, omofobi, machisti”. (Questa frase sottolinea i pregiudizi di genere e orientamento che dominano i commenti, rivelando un bias culturale profondo e offensivo verso qualsiasi deviazione dalle norme tradizionali.) Il “bambino vestito da bambina” è stato etichettato come un “crimine vergognoso e imperdonabile” da migliaia di utenti, inondando la sezione commenti di un mix di “fango, squallore, delirio”. (Qui, Gatti usa questi termini per evocare l’aspetto sporco e irrazionale degli attacchi, paragonando l’odio online a un caos morale senza freni.)

Gatti approfondisce il tema della condivisione sui social, spiegando: «Magari i più paleolitici potrebbero dire ecco, questo invece è il problema, sarebbe anche ora che la gente tornasse a farsi i fatti suoi tra le mura di casa, come usava una volta e come sicuramente non creava tante grane, vedi eventualmente anche l’ultimo caso mondiale della “kiss cam” che durante un concerto dei Coldplay ha inquadrato Andy Byron, Ceo di Astronomer, e Kristin Cabot, responsabile delle risorse umane, mentre erano abbracciati (i due, sposatissimi ma non tra di loro, sono finiti nel tritacarne social, certo in questo caso non per scelta, comunque stanno cercandosi un altro lavoro). Ma è chiaro: sono discorsi più antichi dell’aramaico, ormai ci sono generazioni che con naturalezza vivono a mezzo social, utilizzando quell’azione che segnerà per sempre la storia di questo secolo: la condivisione.» (In questo passaggio, l’autore critica chi rimpiange i “vecchi tempi” per evitare scandali, collegando il caso a eventi globali come la “kiss cam” ai Coldplay, e sottolinea come la condivisione sia inevitabile nel mondo moderno, alimentando sia il bene che il male.)

Nonostante l’oscurità, Gatti intravede una possibile “ribellione” contro gli haters: «Però c’è la notizia numero due, stavolta. Mentre Pedro esercita la sua bellissima libertà di non togliere la foto e di togliere invece la cloaca dei commenti, col passare del tempo cominciano a intravedersi i primi segnali di una consolante ribellione: un’onda crescente di social-people si scatena nei toni e nei modi del lessico di settore, ma contro gli haters di Pedro e del suo bambino. E’ guerra civile, tra gli odiatori di prima generazione che stanno sporcando di fango la storia umana del nuovo millennio, e questi nuovi odiatori di ultimissima generazione, capaci di deviare toni e linguaggi non già su vittime inermi, ma proprio sui primi, in nome di una morale ancora imprecisabile e indefinibile, comunque almeno diretta verso il male.» (Questa citazione descrive un rovesciamento ironico, dove gli utenti si uniscono per combattere gli haters, trasformando la battaglia in una “guerra civile” digitale e offrendo un barlume di speranza contro l’odio dilagante.)

Il quadro generale, però, rimane desolante, come Gatti osserva: «Inutile nasconderlo: il colpo d’occhio resta avvilente. E’ un conflitto diffuso, senza confini, senza pudori. Intanto, gli ingenui che ancora provano a usare il social come mezzo di espressione, mai come arma impropria, ne escono stesi. Speranze? Davvero pochine. Già è immaginabile la gioia perversa e libidinosa degli antiPedro al solo vedere il fungo atomico che si alza dai loro social. Più sono investiti da insulti e censure, più gonfiano il muscolo. E’ il trionfo dell’infelice frustrato, che finalmente si ritrova in prima fila nella foto di gruppo.» (Qui, l’autore dipinge un’immagine di disperazione, paragonando l’odio a un “fungo atomico” per enfatizzare la distruzione emotiva, e critica come gli aggressori guadagnino forza dall’attenzione, lasciando le vittime esauste.)

Infine, Gatti non si trattiene dal proporre soluzioni, pur riconoscendo la loro scarsa efficacia: «Possiamo solo ripeterci, per dovere d’ufficio: contro il logorio della vita moderna una volta bastava il Cynar, adesso servirebbero pene serie e concrete, soprattutto multe da svuotare i conti correnti, dato che certe bestie comprendono solo il messaggio della randellata tra le orecchie. Ma ne parliamo da talmente tanto che ormai nessuno s’illude più. Il vissuto comune è che sui social si vada avanti felicemente e impunemente allo stato brado. E se ogni tanto capita una denuncia è talmente eccezionale che finisce in copertina. Come una medaglia. Tutto il resto che sa di nobile e di profondo – campagne, appelli, cultura, educazione – se lo porta il vento. Sa di canossiane e boy scout. D’altra parte, è effettivamente fatica sprecata. Uomini e donne con tutti i neuroni schierati al loro posto sono in grado di arrivarci da soli. Gli altri chi li redime, in testa hanno un Sahara.» (In questa parte, Gatti ironizza sulle sanzioni necessarie contro l’odio online, come multe severe, ma ammette il fallimento degli sforzi educativi, usando metafore come “randellata tra le orecchie” per indicare che solo un intervento diretto potrebbe funzionare, lasciando una nota di rassegnazione sul futuro dei social.)

In un’era dove i calciatori come Pedro vivono sotto i riflettori, episodi come questo ricordano che anche i momenti più privati possono diventare campi di battaglia. La domanda rimane: i social media evolveranno verso un luogo più sicuro, o continueranno a essere un’arena senza regole?

Articolo pubblicato da Redazione Laziochannel il giorno 21 Luglio 2025 12:32
Exit mobile version