Altro pomeriggio di allenamento per la Lazio. Quasi due ore di lavoro atletico per i calciatori, sotto gli occhi di Simone Inzaghi. L’allenatore dei biancocelesti ancora non ha sciolto i suoi dubbi di formazione e ha continuato a mischiare le carte.
Dopo aver separato la squadra per reparti, al termine c’è stata la consueta partitella in famiglia. Sono rientrati tutti i Nazionali che verranno monitorati domani e sabato per capire se potranno partire titolari nel match contro il Chievo.
Il forte difensore centrale olandese Stefan de Vrij è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Radio 89.3 FM. Ecco le sue parole:
Come è andato l’allenamento?
“Abbiamo lavorato tanto. E’ stato un allenamento duro per circa due ore. Stiamo crescendo molto a livello difensivo perché lavoriamo anche insieme ai centrocampisti“.
I nuovi acquisti come stanno andando?
“Si stanno inserendo molto bene e vedo che sono molto forti“.
Ti manca la Nazionale?
“Sì mi manca ma la priorità in questo momento è la Lazio. Magari la prossima volta risponderò alla chiamata“.
Contro l’Atalanta hai esordito in coppia con Hoedt
“Ci conosciamo e sappiamo come difendere. E’ andata molto bene con lui, e parlare la stessa lingua ci aiuta molto, ma possiamo comunicare anche in italiano“.
Ad Auronzo la prima parte è stata per recuperare dall’infortunio. Ti mancava stare con i tuoi compagni?
“Sì, mi sono mancati anche perchè volevo lavorare sul campo. Ma era giusto così per recuperare al meglio“.
Cosa hai pensato quando sei sceso in campo contro l’Atalanta?
“E’ stato un nuovo ritorno per me. Ma ho pensato solo a fare bene ed aiutare la squadra“.
Ti trovi meglio con la difesa a 3, 4 o 5?
“E’ uguale, poi dipende dagli avversari. Con la Juventus siamo stati sfortunati, peccato“.
Hai un rimpianto contro la Juventus?
“Forse dovevamo osare di più ed è stato bello giocare all’Olimpico di nuovo. Volevo vincere quella partita, ma non ci siamo riusciti“.
Ti trovi meglio con Hoedt o Bastos?
“Domanda difficile, non si può scegliere tra i compagni. Sono entrambi molto forti. L’importante è la squadra e giocare bene. Ho molta fiducia in questa stagione“.
Hai voglia di segnare o preferisci evitare di far fare gol agli avversari?
“Sono un difensore, meglio difendere, poi se c’è la possibilità di segnare ben venga“.
Che gare ti aspetti contro il Chievo?
“Ci stiamo preparando bene, sappiamo come giocano e sarà una partita tosta perché in casa fanno quasi sempre risultato, ma siamo fiduciosi“.
La squadra quale obiettivo si è data?
“Sicuramente vogliamo tornare a giocare in Europa“.
Che sensazioni hai provato all’esordio contro il Basssano?
“Bellissime emozioni, anche perché ho segnato un gol“.
Contro l’Atalanta cosa è successo per subire 3 gol?
“Meno male che abbiamo vinto. Purtroppo siamo entrati sotto pressione dopo l’intervallo“.
E’ vero che nessuno vuole perdere le partite in allenamento?
“Sì, tutti vogliamo vincere anche in allenamento. Questa è una bella cosa perché significa che siamo un bel gruppo“.
Sai che molti vogliono parlare l’olandese grazie a te?
“Lasciate stare, perché l’olandese è difficilissimo (ride)“.
Ti senti al 100%?
“Quasi, sto migliorando anche il ginocchio, anche se ogni tanto sento qualche piccolo dolorino, ma è normale“.
Le parole di FilippoCardelli hanno procurato un vespaio nel mondo del calcio attirando sull’argomento denunciato dal giovane calciatore le attenzioni e i commenti di diversi addetti ai lavori. Tra i tanti non poteva mancare il commento di AndreaBonatti, il nuovo tecnico della Primavera biancoceleste, che intervendo ai microfoni di Lazio Style Radio 89.3 ha spiegato il suo pensiero:
“Sono contento per questo inizio, i ragazzi stanno dimostrando di voler seguire i miei dettami, il mio modo di concepire l’agonismo in maniera attiva. Dobbiamo proseguire su questa strada, sappiamo di avere dei limiti ma dobbiamo essere desiderosi di migliorare. Io parlo sempre in faccia, posso sbagliare ma sono sempre diretto. Non posso esprimere un giudizio su episodi e situazioni che non ho vissuto in prima persona ma che riguardano gestioni precedenti. Io sono responsabile di ciò che succede durante la mia gestione. Questo l’ho detto anche ai ragazzi. Nella scelta dei giocatori da mandare in campo io non faccio distinzione di età, nazionalità o precedenti calcistici, per me quello che conta è la meritocrazia in campo. Le parole di Filippo mi hanno amareggiato. Sono convinto che potrà prendersi delle soddisfazioni ma mi ha deluso, anche per le tempistiche di mercato, perché lo ha comunicato dopo, tardi sia per noi che per i compagni che hanno fatto tanti sacrifici. Lui era l’unico difensore centrale di ruolo in organico. Io credo in tutti, nessuno escluso, quindi per tempistica e comportamento ha sbagliato, mi dispiace che non abbia capito le condizioni dei ragazzi. Io sono dell’idea che gli alibi sono per i deboli, bisogna essere consapevoli delle difficoltà che si incontrano ma devono trasformarsi in uno sprono per migliorarsi. Del resto ci sono tante strade per arrivare a un risultato positivo, se in squadra c’è una mancanza in organico, ci devono essere maggior impegno e sacrificio da parte di tutti. In organico avevamo due difensori centrali di ruolo, se uno di questi manca andiamo in difficoltà. Ma va anche detto che abbiamo provato a guardarci intorno ma non mi interessa integrare l’organico per essere numericamente a posto, voglio solo ragazzi pronti a impegnarsi. Penso che una squadra debba rispecchiare le caratteristiche di chi la guida. Non si può pensare di essere più forti dell’avversario per tutto l’incontro, ma bisogna saper soffrire ed essere bravi nell’approfittare dei punti deboli dell’avversario. La mia squadra deve essere propositiva e saper mantenere un giusto equilibrio sul terreno di gioco. Il compito di chi guida una squadra Primavera è quello di creare giocatori pronti per la squadra maggiore, il sistema di gioco è in funzione di quello della prima squadra. Se i grandi giocano con il 4-3-3 dovremo adattarci a quel tipo di gioco. I ragazzi devono essere sempre preparati nel caso dovesse giungere una chiamata, come già successo, in prima squadra. Con Inzaghi si può parlare di calcio. E’ ancora molto vicino ai ragazzi, c’è un certo legame tra loro e mi ha dato delle indicazioni. Il mio ruolo è quello di essere a disposizione del tecnico della prima squadra. Questo credo sia il modo giusto per allenare in un’azienda dove i ruoli sono ben definiti. Sono anche io che pretendo molto da me stesso, le pressioni me le creo da solo perchè so dove voglio arrivare. Non ho bisogno che siano gli altri a fissarmi un obiettivo perché me lo creo da solo. Ho molta esperienza, la pressione in Primavera è relativa. Mi sento pronto e affronto questa nuova avventura con tanto entusiasmo. Non bisogna crearsi false aspettative ma essere oggettivi quando si parla di anno del riscatto. Nell’organico che mi è stato messo a disposizione ci sono molti giocatori che arrivano dagli Allievi Nazionali, che l’anno scorso sono arrivati noni. I ’98, a parte Folorunsho, hanno giocato poco. Ovvio che si parte da un’asticella alta ma arrivare a dire che questo è l’anno del riscatto, per di più con un girone modificato e con difficoltà oggettive, mi sembra eccessivo e crea eccessive pressioni ai ragazzi. Contro il Perugia voglio vedere una squadra che giochi in modo intelligente, i ragazzi devono essere propositivi e pronti a sacrificarsi. Fattori campo, prima giornata… sono tutti alibi inutili”.
Per raccontare le sensazioni avute per il suo ritorno in campo dopo il terribile infortunio che lo ha costretto a una lunga sosta il centrale biancoceleste Stefan De Vrij ha rilasciato un’intervista a Helden Online.
Queste le parole dell’olandese: “Ho tentato sin da subito di prendere consapevolezza dell’infortunio che ho subito e, altrettanto velocemente, ho cercato di pensare al futuro. L’infortunio è stato un passo indietro, per superarlo e gettarmelo alle spalle ne ho dovuti fare due o tre in avanti. Ho lavorato molto per recuperare al meglio sperando anche di rientrare presto in Nazionale.Mi manca molto, ma per fortuna ci sono anche altre occasioni per restare in contatto. E’ stato un peccato non aver centrato la qualificazione agli Europei. Ma ormai è acqua passata, inutile tornarci sopra, adesso è il momento di guardare avanti. Ora ci sono le qualificazioni per i mondiali in Russia, non possiamo sbagliare, tra due anni dobbiamo esserci anche noi”. Infine una battuta sui giovani connazionali suoi compagni di squadra in biancoceleste: “Nella Lazio siamo una grande famiglia“.
Sono passati due anni da quando Cristian Ledesma ha lasciato la Capitale, ma il legame tra la Lazio e l’argentino è ormai indissolubile. Come confermano le sue parole: “Continuo a seguire la Lazio con affetto. Ero a Roma il week end in cui si giocava Lazio-Juventus e ad un certo punto ho chiesto a mia figlia se le andava di andare allo stadio. Lei non ci ha pensato un attimo. Mi sono emozionato. Era la prima volta che tornavo all’Olimpico. Ho visto la gara contro la Juventus. Mi ha fatto una buona impressione, soprattutto pensando che si giocava contro una squadra quasi imbattibile”.
ESULTANZA DELL’AQUILA E CATALDI
Con il Panathinaikos ha subito lasciato il segno. In Europa League ha segnato un goal importante e poi ha festeggiando mimando il volo dell’aquila. A Radio Incontro Olympia, Ledesma spiega il motivo di quell’esultanza: “Era una promessa fatta a Sandro, un ragazzo della curva nord e ai miei figli. La continuazione di un sentimento che sentiamo nostro”. Su Cataldi e la sua mancata esplosione. “Su Danilo hanno sbagliato lo scorso anno società e allenatore. Doveva essere un loro interesse quello di dargli spazio e farlo consacrare, ma si è fatto tutto il contrario. Io società, se voglio puntare su un mio prodotto del vivaio, dopo che l’ho mandato un anno in prestito e l’ho riportato a Roma, gli concedo sempre più spazio. Non vado a comprare un altro giovane, spendendo 10 milioni, che gioca in quel ruolo. E lo stesso allenatore non lo ha fatto sentire parte del progetto. Regista? Per me non ha le caratteristiche per farlo per 30 partite. In caso di emergenza, in caso di assenza del titolare sì, ma non per un intero campionato. Non è il suo ruolo naturale”.
KEITA E DJORDJEVIC
Da Cataldi a Keita. “Non me la sento di dare un consiglio a Keita perchè non so bene cosa sia successo: se ci sono stati comportamenti sbagliati, promesse non mantenute. L’unica cosa che so per certo è che aveva un contratto, doveva presentarsi e non lo ha fatto. Quindi ha la percentuale più grande di responsabilità. Come si risolve la questione? Parlando chiaro, mettendosi faccia a faccia e dicendosi tutto: tra calciatori, dirigenti e allenatore”. Su Djordjevic. “Quando è arrivato aveva mostrato potenzialità enormi. Poi si è infortunato in maniera seria e da li non è stato più lui: ha perso sicurezza e probabilmente anche l’ambiente non lo aiuta. So benissimo come funziona a Roma e quando hai la piazza contro non è facile riprendersi. Ma io sono sicuro che si tratta di un buon giocatore”. Chiusura dedicata alla Lazio di oggi. “Fa parte del gruppone che si gioca l’Europa. Immobile è un ottimo acquisto. L’ho visto con la Juventus muoversi tanto e aiutare la squadra. Lui come Rocchi? Tommaso come movimenti era ineguagliabile, ma anche Immobile attacca lo spazio e vede benissimo la porta. Come mi sarei trovato con lui? Credo bene. Mi sarebbe piaciuto molto, soprattutto perché voleva dire giocare ancora con la nostra Lazio”.
Fino a qualche anno fa Lorenzo De Silvestri era considerato l’enfant prodige di casa Lazio. Poi diverbi con la società l’hanno allontanato da Roma e il terzino romano ha costruito la sua carriera lontano dalla Capitale. Quest’anno ha iniziato una nuova avventura al Torino, allenato da un altro laziale come Mihajlovic. A specifica domanda, De Silvestri in conferenza stampa ha ricordato la Coppa Italia vinta con la maglia della Lazio nella stagione 2008-2009: “La Coppa Italia? L’ho vinta con la Lazio, so che è dura ma possibile. La Nazionale è un obiettivo. Sono orgoglioso dei sacrifici fatti anche per tornare a vestire la maglia azzurra”. Infine, su Mihajlovic, suo allenatore anche ai tempi a Genova: “Ci sono stati anche momenti poco positivi tra noi, ma l’importante è trarne degli insegnamenti. Ora abbiamo un rapporto schietto, ci troviamo in molte cose”.
Maurizio Insidioso è intervenuto sugli 88.100 di Elleradio nella trasmissione “Laziali on Air” per tenere viva l’attenzione sulla tragica vicenda che ha colpito la figlia Chiara, ridotta in fin di vita dall’aggressione di quello che all’epoca era il suo compagno.
Soprattutto alla luce di nuovi eventi messi in luce dagli organi di stampa, che hanno pubblicato le lettere di Chiara a Falcioni: “Negli ultimi giorni è successo di tutto. C’è gente che si alza la mattina e lancia appelli per mia figlia, non so neanche autorizzato da chi, per ottenere una casa che io non sto neanche richiedendo. Nell’ultimo periodo avevo trovato una dimensione di pace e di tranquillità con Chiara che ora è stata di nuovo rotta. Queste lettere uscite sul giornale (le lettere in cui Chiara cercava di placare le violente crisi di gelosia del fidanzato, ndr) mi hanno tolto la forza di camminare: fossero uscite prima probabilmente non ci sarebbe neanche stato lo sconto di pena. Potevano essere rese note prima, visto che il genitore che ha fatto uscire queste lettere è lo stesso che mi ha minacciato di morte quando cercavo di interrompere la relazione del figlio con Chiara”.
Queste lettere erano in casa dell’aggressore di Chiara: “Hanno detto di averle trovate poco tempo dopo l’accaduto, ma le hanno fatte uscire solo ora. Perché? Stanno cercando di riabilitarsi tardivamente? In questo modo hanno continuato solamente a farmi del male, sto cercando di stare accanto a mia figlia e invece mi vedo di nuovo disturbato e destabilizzato dai media e da chi li sobilla. Questa cosa non finirà qui”, spiega Maurizio Insidioso, “e la giustizia farà pagare chi ha sbagliato. Al momento mi sento un po’ a terra, svuotato, ma reagirò come ho sempre fatto, perché non permetterò che venga fatto ancora del male o che qualcuno manchi di rispetto a Chiara o alla mia famiglia”.
Sono state rese note le designazioni arbitrali per le gare della terza giornata di Serie A Tim, e ad arbitrare la sfida tra Chievo e Lazio in programma domenica alle ore 15 allo StadioBentegodi sarà il fischietto campano Daniele Orsato (sez. di Schio), coadiuvato dagli assistenti Tasso e Tolfo, il IV uomo Meli e gli Addizionali Maresca e Ros.
Il bilancio complessivo dei biancocelesti con il fischietto veneto parla di 12 pareggi, 7 vittorie e 6 sconfitte. L’ultimo incrocio risale allo scorso 6 febbraio, quando l’allora Lazio di Pioli non andò oltre lo 0-0 col Genoa a Marassi.
Sta suscitando molto clamore in queste ore in casa Lazio il ‘caso’ di Filippo Cardelli, giovane difensore centrale in forza alla Primavera biancoceleste, il quale ha deciso di dire addio a quest’ultima in aperto contrasto con il sistema calcio italiano e lo stesso club capitolino, da lui accusato di non averlo tutelato sufficientemente dopo l’infortunio e, in generale, di dare troppo spazio nei settori giovanili a calciatori stranieri a svantaggio di quelli italiani.
Dalla società al momento non è ancora arrivata nessuna risposta alle accuse del ragazzo, alle quali non si esclude che si replichi in occasione della conferenza stampa indetta per domani a Formello. Intanto però, alcune parole ufficiali sulla questione sono giunte, attraverso i microfoni di Radio Incontro Olympia, dal legale dei biancocelesti, avvocato Gentile: “La Lazio presto deciderà se e come muoversi. Bielsa? Siamo pronti per la data dell’udienza”.
Per anni è stato il guru del settore giovanile biancoceleste. Volfango Patarca è sempre attento alle vicende dei giovani talenti italiani ed è intervenuto sugli 88.100 di Elleradio nella trasmissione Laziali on Air per parlare di Lazio e non solo.
La partenza è relativa allo sfogo di Filippo Cardelli, che ha annunciato nei giorni scorsi su Facebook il suo addio alla Lazio tra le polemiche, a causa dell’eccessiva presenza di stranieri nei settori giovanili: “Per me è diventata una mezza vergogna che una città come Roma che ha sempre prodotto grandissimi campioni, debba avere il pallino di far giocare lo straniero a tutti i costi. Non c’è più posto per i giocatori nostrani. La Lazio si è sempre distinta nel far crescere i suoi giovani campioni all’interno del club, anche grazie a una scuola calcio da 800 iscritti. Se crescendo i giovani trovano i tasselli che gli spettano già occupati dai calciatori stranieri, si crea un corto circuito. Alla Lazio lo stesso responsabile del settore giovanile è uno straniero, un olandese. Possibile che a Roma non ci fosse un solo responsabile in grado di mandare avanti la situazione?”.
La Lazio, come sottolineato nella giornata odierna dal Corriere dello Sport, ha lanciato però nelle ultime stagioni molti talenti italiani: “Si dovrebbe però parlare anche di quelli persi… D’Alessandro dell’Atalanta viene sempre citato come talento della Roma, ma è cresciuto nella Lazio. So che il club ha fatto un provino a Gianmarco Nesta, nipote di Alessandro, lasciato libero dalla Roma a fine stagione. Se non lo prendessero per me sarebbe scandaloso, perché a mio avviso è fortissimo. L’importante è giocare. Ai ragazzi si deve dare fiducia, poi spetta al ragazzo guadagnarsela. Ma senza fiducia il ragazzo si perde, inevitabilmente. Un conto è giocare, un conto è guardare”.
Sulla vicenda Keita: “Io conosco bene queste situazioni, ho avuto Di Canio che mi ha fatto ammattire. Non l’ho mai abbandonato, altrimenti probabilmente si sarebbe perso. Di Canio è maturato un attimo dopo, anche Keita è bizzoso. Si tratta di un giocatore straniero che fa bene al calcio italiano. Se si prende un giocatore del genere io alzo le mani. Un ragazzo così va seguito in tutto per permettergli di esplodere. Ci sono però altri calciatori venuti da fuori, non di altrettanto valore, che rallentano la crescita dei ragazzi italiani”.
Parlando della prima squadra, si aspettava un avvio di stagione del genere della Lazio di Inzaghi? “Conosco bene Simone e posso dire che sa di calcio come pochi. E’ bravissimo e va lasciato lavorare. Ha perso con la Juventus, ma i bianconeri a questo punto se lanciano le magliette in aria nello spogliatoio, chi le prende le prende vincono la partita. Sono di un’altra categoria e bisogna prenderne atto, ma la Lazio ha comunque disputato un’ottima partita contro di loro”. Bastos ha fatto una grande impressione: “Sicuramente il primo impatto è stato stupendo. Si è presentato alla grande, speriamo possa continuare e confermarsi ai livelli visti contro la Juventus. Quando un ragazzo è bravo, merita di giocare”.
Su Cataldi: “Bisogna sottolineare che se è titolare nell’Under 21, Danilo è per forza un ragazzo di valore. Di Biagio sa quello che fa e se gli ha affidato le chiavi del centrocampo della sua Nazionale è indicativo. Ha bisogno di giocare anche nella Lazio. Vale anche per Milinkovic-Savic, spetterà ad Inzaghi valorizzarli. E’ fondamentale. Io ricordo calciatori come Di Cesare, come Pinzi che secondo me meritava la Nazionale. Ragazzi cresciuti con me, che avevano potenzialità straordinarie”.
Un commento sul dato degli abbonamenti staccati in questa stagione alla Lazio: “Ai miei tempi andare allo stadio era un piacere enorme, ora qualcuno ce l’ha fatto passare. Bisogna riflettere come alla Lazio sia passata la voglia di andare. Di chi è la colpa? La moneta resta sempre sospesa per aria, come si dice, ma un giorno questa colpa qualcuno se la dovrà prendere. Spero in Angelo Peruzzi, sinceramente. Personalmente mi chiedo come proprio io abbia potuto pagare a suo tempo con l’allontanamento dalla società. Avevo scelto grandi giocatori e mai firmato una nota spese. A distanza di tanti anni, ancora non concepisco come ho potuto ritrovarmi fuori dalla Lazio”.
Dopo la sosta per le Nazionali, nel weekend torna il campionato e per la Lazio ci sarà da affrontare la trasferta di Verona contro il Chievo. Per presentare la sfida, è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Radio Paolo Mandelli, ex attaccante biancoceleste e attuale tecnico della Primavera del Sassuolo. Queste le sue parole:
“Mi aspetto una partita complicata per la Lazio, che dovrà affrontare una squadra ostica, specialmente dal punto di vista tattico. Con una società che lavora molto sul settore giovanile e che in più ha tutti ragazzi esperti. La squadra inoltre è ben organizzata e corre. Non dimentichiamo poi che hanno giocatori di qualità e che danno spazio e permettono di esprimersi a talenti che magari non si sono espressi nei grandi club. Penso ad esempio a Meggiorini. Mi aspetto che la Lazio voglia fare la partita. Spero che la sconfitta contro la Juve, comunque onorevole, non abbia lasciato strascichi, ma che invece si tenga in mente la vittoria contro l’Atalanta. Mi sembra che la Lazio stia trovando una sua fisionomia e su quella dovrà puntare“. A questo proposito, Inzaghi potrebbe puntare nuovamente su Keita, probabilmente in un tridente con Immobile e Anderson: “Questo tridente secondo me ha un valore importantissimo. Immobile non è solo in grado di finalizzare ma anche di trascinare e il recupero di Keita può dare quella freschezza e qualità che sono molto importanti in serie A. Se poi Felipe riuscisse a ripetersi, la Lazio diventerebbe davvero pericolosa. Due anni fa ha fatto un campionato strepitoso, ma l’anno scorso è andato in sofferenza. Deve giocare con la testa sgombra, perché se un giocatore si diverte dà il meglio. Di Cataldi mi è piaciuta molto la personalità, ma non puoi permettersi troppi alti e bassi“.
Tra due domeniche arriverà all’Olimpico per sfidare con il Pescara la ‘sua’ Lazio. Intanto, Massimo Oddo ha già iniziato a farsi una prima idea della squadra guidata da Simone Inzaghi, la quale, dopo la rocambolesca vittoria contro l’Atalanta e la sconfitta di misura contro la Juventus, è attesa dalla trasferta di Verona contro il Chievo, che precederà appunto il match casalingo contro i biancazzurri abruzzesi. In vista del quale il tecnico, per il momento, promuove i biancocelesti:
“La Lazio è una squadra forte,che ha giocatori importantissimi: secondo me potrà fare bene in campionato. Inzaghi? È un ottimo allenatore, si vede da come è stato capace di organizzare molto bene la sua squadra in campo“.
E’ presto per dire che piega prenderà al stagione della Lazio ma sicuramente i segnali giunti inc queste prime 2 giornate di campionato sonno già che buoni e se ne sono accorti tutti gli addetti ai lavori. E’ di questo avviso anche l’ex difensore biancoceleste Sebastiano Siviglia, che ai microfoni di TMW Radio ha espresso il suo ottimismo per il futuro:
“La Lazio ha sempre fatto bene una stagione, poi facendo male in quella successiva. Questa dovrebbe essere un’annata positiva, le sinergie nel gruppo sono buone e mi sembra che ci sia unione. Non avrà le coppe e giocando una volta a settimana preparerà le gare al meglio. La rosa ha calciatori di spessore, tutti importanti con la situazione Keita che potrebbe essere ristabilita. È fondamentale per la Lazio, Immobile può fare bene. Così come tutta la squadra, che inserisco tra le prime 4-5 forze del campionato”. Poi sui singoli: “Mi aspetto che Immobile faccia bene. La squadra è fatta per valorizzare le qualità dell’ex Toro, ma anche di Keita e Anderson. Inzaghi fa giocare la squadra negli spazi, calciatori di questo livello possono fare male alle avversarie. Mi aspetto la consacrazione di Keita e Felipe Anderson, come la conferma di un grande calciatore come Immobile”. Sul lavoro di Peruzzi ha poi aggiunto: “E’ un uomo di calcio, una persona seria che può fare solo bene alla Lazio. Ha qualità morali importanti, dice le cose nel momento giusto e dà grande valore alla squadra. È un grande supporto nello spogliatoio e per Inzaghi. Angelo è un leader, sicuramente farà bene e sarà un grandissimo supporto per il mister”. Una nota dolente nel finale, con il caso Cardelli: “Dispiace quando un ragazzo dice di essere disinnamorato del gioco del calcio. È un delitto sentire queste parole. Dispiace tanto che un ragazzo voglia smettere di giocare, poi spiegando i motivi. Bisogna capire se questi motivi sono veri o meno. È vero anche che le condizioni sono diverse, creare disparità non unisce ma separa. Non posso quantificare le responsabilità del club, bisognerebbe conoscere tutta la situazione. Sentendo Cardelli, la responsabilità della Lazio è dieci. Poi, però, magari il club darà le proprie risposte. Ma dispiace che un ragazzo smetta di giocare a 18 anni”.
Dopo un anno da quel pesantissimo 4-0 subito contro il Chievo, la Lazio domenica pomeriggio tornerà allo Stadio Bentegodi per sfidare ancora una volta i gialloblu. Per parlare di questa sfida è intervenuto ai microfoni di Radiosei un “doppio ex”, il Tir Simone Tiribocchi (cresciuto nella Primavera della Lazio ha girato parecchie squadre tra Serie A e Serie B segnando circa 150 gol). Ecco le parole dell’ex attaccante del Chievo:
LA SUA CARRIERA –“Una volta ho realizzato una doppietta alla Lazio. In biancoceleste ho fatto alcuni anni di Primavera, poi ho avuto delle discussioni con Mimmo Caso e ho lasciato. Anni dopo ci siamo rincontrati e abbiamo risolto tutto. Sotto il profilo delle emozioni, l’Atalanta è stata la mia squadra migliore, ho fatto tanti gol e ho vissuto molti bei momenti, così come Chievo, Lecce e Siena dove ho vinto il campionato in B. Alla fine posso dire di essermi trovato bene ovunque”.
IL NUOVO BOMBER IMMOBILE – “È un acquisto giusto. Immobile è tra i migliori attaccanti che ci sono in Italia, la Lazio ha fatto un colpo molto importante anche nel rapporto qualità prezzo. Per capacità di attaccare lo spazio ricorda molto Rocchi, in Nazionale si è trovato bene con le sponde di Pellè, ma nella Lazio ha compiti diversi, deve fare reparto da solo. Keita non è il top per servirlo, tende a tenere palle, ma anche lui ha grande capacità”.
IL CASO KEITA – “Il gruppo non creerà problemi, accetterà tutto. Certe situazioni ci sono sempre nello spogliatoio. Forse i leader potrebbero rimproverargli qualcosa, ma la sua è una scelta personale. Se tornerà impegnandosi, tutti lo riaccoglieranno senza problemi. Schierarlo contro il Chievo? Non so se è giusto reinserirlo subito, spetta ad Inzaghi decidere, ci sono equilibri da valutare. Dipende da come sono andate le cose, va visto come si è comportato veramente. Sicuramente ci sarà gente che si è allenata di più in questo mese, quindi bisogna stare attenti”.
FELIPE ANDERSON – “Lui è un giocatore da valutare sempre. Ha qualità impressionanti, va valutato in ogni allenamento, deve migliorare sempre: la grande tecnica a volte non basta, serve impegno e determinazione”.
LA SFIDA CON IL CHIEVO –“Il Chievo è una squadra organizzata, serve pazienza per batterla. La Lazio è forte, ma la squadra veronese è organizzata. Keita e Felipe possono essere importanti, se saltano l’uomo e creano superiorità numerica possono fare la differenza”.
IL CASO CARDELLI – “Non lo chiamerei razzismo, ma si punta poco sul vivaio italiano. Ma questo si vede su tutti i fronti. Si cerca sempre il giocatore che poi potrebbe essere utile per qualche scambio o comunque arrivano stranieri che portano guadagni in altri modi. Tutto questo non fa bene al calcio italiano”.
Giuseppe Materazzi, ex allenatore della Lazio dal 1988 al 1990, ha scelto di tornare nel mondo del calcio ma stavolta in quello femminile e, nel suo nuovo presente, non potevano che esserci ancora i colori biancocelesti. Il tecnico sardo ha rilasciato una lunga intervista a ilmattino.it spaziando tra il passato alla guida della Lazio, la sua nuova avventura e inoltre ha detto la sua sulla squadra di Simone Inzaghi.
Prima di tutto quale è stato il momento più importante della sua carriera da giocatore? “Spesso i momenti più importanti per un giocatore sono quelli più brutti. Ho iniziato a giocare che avevo venti anni, troppo tardi per fare il calciatore. L’anno dopo mi trasferii a Lecce pieno di entusiasmo ma il tecnico mi disse che non avrei mai potuto fare il calciatore. Sono uscito dal suo ufficio sbattendo la porta così forte che ancora sta tremando. Dopo tre mesi ero titolare nel Lecce e vi restai per sette anni da capitano. Una bella rivincita. In quel momento dimostrai di avere un gran carattere e una grande voglia di arrivare, è quello che direi ai giovani: non fermatevi, abbiate la voglia e la costanza per far parte di questo mondo”.
Cosa le ha lasciato l’esperienza da tecnico della Lazio? “Quando arrivai ero frastornato, i primi due-tre mesi guardavo tutti i programmi TV. Poi ho spento tutto e ho iniziato a vivere. Fascetti, che mi aveva preceduto sulla panchina biancoceleste, aveva fatto un gran lavoro, io ho avuto il merito di aver rilanciato ulteriormente la Lazio che qualche tempo dopo passò nelle mani di Cragnotti“.
Che ricordi ha dei tifosi biancocelesti? “Prima di tutto quello biancoceleste è un popolo. Gente passionale, pronta ad aiutarti nei momenti di difficoltà. Un popolo che è rimasto al fianco della propria squadra in serie B contro ogni difficoltà. La Lazio è una fede“.
E’ per questo che ha deciso di tornare in questo mondo? “I colori hanno influito molto. Caterina, mia moglie, l’ho conosciuta al Maestrelli. I miei figli Marco e Matteo sono laziali. Se avessi rifiutato questa opportunità mi avrebbero cacciato dalla famiglia. Era l’unico modo per poter sopravvivere (ride, ndc)”.
Quale è stato il primo impatto con le ragazze che allenerà quest’anno in serie C? “Di certo positivo. Abbiamo subito rotto il ghiaccio, credo che sia normale un po’ di imbarazzo da parte loro i primi giorni”.
Cosa pensa e cosa si aspetta dalla squadra che si accinge a guidare? “Mi aspetto grandissimi miglioramenti. Sono convinto che le ragazze abbiano grandi margini di crescita e che si possa lavorare bene con loro perché hanno delle buone basi tecniche. Secondo me un calciatore deve saper giocare sia con i piedi che con le mani e questo vale anche per le donne. C’è tanto da lavorare, altrimenti non avrebbero avuto bisogno di me”.
Lei che lo conosce bene per averlo lanciato a Piacenza cosa pensa dell’Inzaghi allenatore? “Ero molto dispiaciuto per come lo stavano trattando pochi mesi fa. Sono stato io a lanciarlo, aveva 22 anni, ma a parte l’affetto che nutro per lui sono certo che può far bene. Credo molto nel lavoro sul campo, per cui sono contento che non sia arrivato Bielsa. E’ facile fare il tecnico quando la società ti compra 7-8 giocatori forti e affermati come succede in Premier… e non faccio nomi. Ma si può vincere anche senza gente famosa e farlo lavorando giorno dopo giorno, come Ranieri, ed è sicuramente tutta un’altra soddisfazione”.
Ha visto la partita con la Juventus? “Contro i campioni d’Italia la Lazio ha giocato alla pari, aggressività e ritmo alto. Poi certo giocando contro la Juve può starci che si perda. Serve progettualità, imparando proprio dalla squadra bianconera. La loro è una squadra costruita nel tempo e ha un potenziale economico importante da mettere sul mercato. La Lazio invece deve essere brava a trovare altri 4-5 giocatori che possano fare bene e tenerli per un paio di anni. Bastos sembra essere finalmente un difensore degno di tale nome”.
Quindi questa Lazio le piace? “Si. Ai ragazzi e al tecnico non si può dire nulla. Forse sarò troppo di parte ma secondo me questa squadra può arrivare a ridosso delle prime tre”.
Non tutti nel mondo Vip esprimono con gioia e orgoglio il loro essere laziali e per fortuna non tutti sono così. Tra coloro che hanno invece fatto della propria lazialità un grande vanto c’è Paolo Genovese. Il regista del film “Perfetti Sconosciuti”, vincitore del David di Donatello ha parlato del momento Lazio ai microfoni di Radio Incontro Olympia dove non ha risparmiato forti critiche alla società:
“Pochi abbonati? Io applaudo i tifosi, già 4mila sono troppi. Dopo tutto quello che ci tocca mandare giù è la decisione giusta. Andiamo a ‘toccare’ le tasche della società, è l’unica mossa che può smuovere qualcosa visto che il resto non viene calcolato. Vediamo se così si dà ascolto anche al tifoso. Ultimamene non ci divertiamo più, siamo diventati il fanalino di coda non solo per i dati della campagna abbonamenti ma proprio come immagine. Non si parla più della Lazio, è più interessante una squadra che si deve salvare. Galleggiamo sempre a metà classifica, ogni volta se ne parla solo per cause e casini. E’ normale in questo caso fare 4mila tessere, ma perché dovrei abbonarmi? Tesserarsi non solo è un sacrificio a livello economico, ma è anche un atto d’amore e va meritato. Qualcuno dovrebbe farsi delle domande se la Lazio, quest’anno, è amata solo da 4mila persone. Il timore è che c’è una gestione a cui conviene questo galleggiare a metà classifica sempre. Mi fa pensare al discount, dove non c’è marchio e non c’è immagine. A loro conviene così, bassa qualità e facile gestione. A me sembra che la Lazio sia un discount. Qual è la medicina? Non lo so più, ti dico la verità. Mi viene quasi da alzare le mani. Anche se dobbiamo dare alla Lazio il merito di aver scovato giocatori sconosciuti che si sono rivelati ottimi colpi”.
“Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribàcchi confaldina? Come antifurto, per esempio.“
“Ma che antifurto!” rispondeva il vigile al conte Lello Mascetti. “Amici Miei” ha fatto scuola nella commedia all’italiana per tante scene, ma quella della Supercazzola è la più citata. Ha ragione, perché in Italia la libertà di espressione è il diritto più esercitato dalla popolazione, roba da riVoltaire nella tomba. Il caso Cardelli non fa eccezione.
Oggi come oggi un diamante può essere roba pericolosa, se non sai da dove arriva. Un post su Facebook, quello sì, è per sempre, soprattutto se fatto bene, e questo al giovane Filippo Cardelli, diciott’anni e un metro e ottanta voglia di andarmene, va riconosciuto. La comunicazione oggi come oggi è tutto, e ci sono messaggi che arrivano meglio di altri. Se diciamo “calcio“, “stranieri“, “sogni rubati“, è sin troppo facile vincere la partita a Pictionary delle idee comuni: ecco, vengono a rubarci le donne e il lavoro, a volte neanche in quest’ordine!
Piccolo riassunto per chi non conosce l’antefatto: Filippo Cardelli, centrale di difesa della Primavera della Lazio, quest’anno avrebbe dovuto, o comunque potuto, essere una delle colonne della squadra allenata da Andrea Bonatti. Reduce da un grave infortunio il ragazzo, va detto, non ha avuto tutti i torti nel fare quello che ha fatto. Ovvero, sbottare su Facebook dicendo che a lui vivere un mondo del calcio in cui gli stranieri hanno sempre la precedenza sugli italiani, con relativi contratti firmati con maggiore disinvoltura, fa schifo. E il problema non è squisitamente economico: avere un contratto significa anche avere accesso alle strutture della società, ai campi di allenamento, alla palestra, alle visite mediche, tutte cose che obiettivamente sono indispensabili quando si riparte dopo un infortunio.
Però poi il panegirico diventa appunto una “supercazzola”: forse il caso Cardelli andava analizzato più dal sindacatocalciatori, pensando come tanti giovani non abbiano la tutela del contratto nei momenti più difficili. La categoria però, si sa, tende a specchiarsi parecchio e i suoi rappresentanti non sono da meno. Invece la storia è passata, come se fosse antani è il caso di dirlo, al solito problema del calcio degli stranieri, di noi che non crediamo più in noi stessi, nel calcio pane e salame e la Nazionale dove va, eh? In malora, ecco dove!
La cosa che fa un po’ sorridere è che Cardelli in questo scenario andrà a giocare all’estero. Nel Kansas City hanno detto, o qualcuno a Chicago, manco a farlo apposta un altro americano a Roma. Ora, criticare un calcio che offre troppo spazio agli stranieri e poi andare a fare lo straniero in un altro calcio, va bene ma non benissimo, come si dice oggi. Nella società cosmopolita a stelle e strisce non accadrà, ma sarebbe bello se i compagni di squadra di Cardelli nel Kansas City (la squadra, non quello di Alberto Sordi) dicessero che gli fa “schifo” giocare con troppi stranieri vicino?
La verità è che bisognerebbe un po’ svegliarsi. Il calcio sta cambiando, sempre più velocemente e non sempre è facile da capire. Ma la retorica non porta da nessuna parte. Bisognerebbe interrogarsi sul fatto che nel campionato Primavera, come Il Giornale ha rilevato dopo una ricerca, la percentuale degli stranieri nelle rose è del 17,3%, salendo invece al 56,6% nel campionato di Serie A. Segno che il made in Italy va per la maggiore, ma poi il mercato globale ti costringe a puntare su qualità che non tutti i talenti di casa possiedono. Fa male dirlo, perché chi c’era ricorda con nostalgia quel calcio tutto italiano con le maglie dall’1 all’11. Ma nel 2016 anche i calciatori italiani possono spargersi per il globo, con lo scorno di chi vorrebbe 11 americani in campo (chiedete a Donald Trump).
Sia chiaro, la critica è rivolta a chi ha prodotto retorica strappalacrime su un caso che, nello specifico, può e deve far riflettere la Lazio. Se un ragazzo, nella fattispecie Cardelli, si è sentito abbandonato e maltrattato quando un infortunio, quello sì, ha rischiato di spezzare i suoi sogni, non fa onore al club ed è una questione che probabilmente andrà analizzata e risolta privatamente. Ma si tratta dello stesso club che nella prima giornata di campionato ha mandato in gol Lombardi e Cataldi, che ha in rosa Murgia, che vede giocare in Serie B Palombi, Germoni (ieri bella prova con la Ternana), Filippini, Crecco, Guerrieri ed altri ne stiamo dimenticando.
Parafrasando un famoso detto, dunque, chi vale alla fine vola e chi non vola non è detto che non sia un vile, anzi in fondo le occasioni nel calcio globalizzato non mancano: la lezione del caso Cardelli (salvo i suddetti comportamenti tra club e giocatori per i quali prendiamo per buona la versione del ragazzo) è che l’allarme “troppi stranieri” fa vendere ancora una cifra. Ma all’analisi dei fatti, resta una bella supercazzola, soprattutto se parliamo di settore giovanile. D’altronde, se fossimo tutti Messi, sai che pacchia. A parte per il fisco, ovvio.
In una suite dell’Hotel Metropole di Montecarlo l’8 settembre 2009 veniva a mancare il popolarissimo presentatore televisivo MikeBongiorno. Figlio di Filippo e Enrica Carello, il 26 maggio 1924, a New York nasce Mike, all’anagrafe Michael Nicholas Salvatore. Nel 1929 crolla la Borsa di Wall Street. Il padre, avvocato, si ritrova rovinato e il giovane Mike si trasferisce a Torino dalla zia con la madre e poco dopo i genitori, anche a causa della lontananza, divorziano.
Nel 1943 dopo aver vinto il titolo regionale di salto in alto, viene intervistato da un giornalista de LaStampa che gli chiede di lavorare per il giornale. Mike accetta e il 5 maggio appare il suo primo articolo. L’anno dopo l’occupazione tedesca dell’Italia partecipa alla Resistenza e poi cerca di partire per la Svizzera. Fermato, sta per essere fucilato, ma i tedeschi scoprendo che è cittadino americano lo conducono al carcere di San Vittore per interrogarlo. Qui incontra IndroMontanelli. Il 26 settembre dello stesso anno viene portato nel campo di concentramento di Bolzano. Si salva grazie a uno scambio di prigionieri tra Germania e Stati Uniti.
Nel 1946 inizia a lavorare alla radio italiana di New York prima come pubblicitario, poi come addetto ai palinsesti e infine come annunciatore. Nel 1948 VittorioVeltroni (padre di Walter), direttore del giornale radio della Rai, lo battezza Mike e gli affida l’incarico di corrispondente dagli Stati Uniti. Nel 1953 torna in Italia dove racconta la rinascita del Paese per la radio americana e ritrova la madre. L’anno dopo Veltroni gli affida “Arrivi e partenze”, il primo programma della televisione italiana. Due anni dopo parte “Lascia o raddoppia”, il quiz che cambia la storia della tv italiana. Nel 1960 è al fianco di Enzo Tortora per condurre “Campanile Sera”. Nel 1963 presenta il primo dei suoi tredici FestivaldiSanremo. Nel 1970 debutta “Rischiatutto”, il 1976 è l’anno di “Scommettiamo?”. Nel 1977 conosce SilvioBerlusconi che gli propone di collaborare con lui alla nascita della tv privata. Nel 1980 arriva “I sogni nel cassetto”, il suo primo quiz serale per Canale 5. Mentre “Flash” è l’ultimo per la Rai. Nell’82 lascia la Rai per Canale 5 dove, il 5 dicembre, parte “Superflash”. Il 7 febbraio 2003 ottiene la cittadinanza italiana. Nel 2007 presenta la 58a edizione di MissItalia con al fianco Loretta Goggi. Nel 2009 firma con Sky per “Riskytutto”, la nuova versione del Rischiatutto. Una carriera lunga interrotta definitivamente alle ore 11.30 dell’8 settembre quando, a causa di un attacco cardiaco, il presentatore si è improvvisamente accasciato a terra. Al momento del mancamento Mike si trovava in camera con la moglie Daniela, i due stavano preparando i bagagli per rientrare a Milano. Un medico, prontamente intervenuto, ha tentato invano di soccorrerlo ma poi ha dovuto constatarne il decesso. Il popolare conduttore aveva 85 anni.
Si avvicina la ripresa del campionato. Alla terza giornata la Lazio farà visita al Chievo Verona. Inzaghi vuole il pronto riscatto dopo la sconfitta interna contro la Juventus, ma deve fare i conti con Bastos e Radu. I due stanno recuperando ma verranno comunque valutati all’ultimo per poi prendere una decisione definitiva.
Sono rientrati i Nazionali, ad eccezion fatta di Lukaku, Milinkovic e Biglia. Cataldi ha lavorato a parte. Per il resto fasi atletiche alternate ad attività con il pallone. Domani inizierà la preparazione approfondita con schemi e tattiche. Nel frattempo Keita si allena con il gruppo e spera nella convocazione.
“E’ importante sapere che, mentre si lavora per dare riparo a chi ha perso la casa, si lavora anche per salvare un archivio, restaurare un antico registro, mettere al riparo i reperti della memoria. È un gesto significativo, che riconosce l’importanza della cultura e della storia. Per questo ringrazio per il tempestivo intervento sull’archivio storico comunale il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini”.
Lo dichiara Lidia Ravera, assessore alla Cultura e Politiche giovanili della Regione Lazio che oggi si è recata ad Amatrice per effettuare un sopralluogo.
“Ricostruire arte e bellezza, impedire che il patrimonio di Amatrice e dei comuni limitrofi, venga disperso dissipato distrutto – conclude Ravera – è un modo di testimoniare attenzione non soltanto alle cose, ma anche all’identità delle persone colpite. Nella fase di ricostruzione degli interventi della Regione Lazio collaboreremo con il MiBACT per il restauro delle opere danneggiate in particolare quelle conservate nel Museo Cola Filotesio. Ma soprattutto ci adopereremo per restituire ai comuni colpiti dal sisma tutti i luoghi pubblici di cultura di cui una comunità ha bisogno“.