AGGIORNAMENTO ORE 9.00 – Anche il patron biancoceleste, Claudio Lotito, ha parlato del rifiuto della maglia regalata al figlio da parte del sindaco di Roma, Virginia Raggi, avanzando una nuova proposta: “Era una carineria, ma capisco il rischio di strumentalizzazione. Inviteremo il bimbo allo stadio”. Queste le sue parole a Il Messaggero
Il responsabile della comunicazione biancoceleste Arturo Diaconale, in quanto portavoce ufficiale della società, è intervenuto ai microfoni di Radio Incontro Olympia nella trasmissione “Diario di bordo campo“. Dalle dichiarazioni di Antonio Candreva alla maglia donata dalla Lazio al figlio di Virginia Raggi e rifiutata dalla sindaca, compreso l’epilogo del caso Keita. Ecco le sue parole:
LA MAGLIA RIFIUTATA DALLA SINDACA RAGGI – “Abbiamo visto una foto del figlio della sindaca Virginia Raggi con la maglia della Lazio di Candreva e abbiamo pensato fosse carino regalare una maglia di un giocatore della stagione attuale. Un pensiero che ci sembrava carino nei confronti del piccolo senza nessun secondo fine. Allora abbiamo pensato di contattare la segreteria della sindaca, ma ci è stato risposto che ci ringraziavano per il pensiero ma la linea era quella di rimanere imparziali, mantenendo equidistanza. Era un’accortezza senza nessuna volontà di speculare su questo gesto, e non credo che accettarla avrebbe comportato nessun tipo di polemica o creato precedenti compromettenti. Capiamo però la sua volontà di restare estremamente imparziali, visto che in passato eravamo abituati, molto spesso, a comportamenti quasi sempre sbilanciati verso la sponda giallorossa. Vorrà dire che troverò il modo di fargli avere la maglietta di nascosto (ride, ndr)“
LE DICHIARAZIONI DI CANDREVA – “Ho capito perfettamente Candreva. Ha avuto una forte delusione per non aver ricevuto la fascia di capitano lo scorso anno. Però è stato molto onesto nel riconoscere gratitudine alla Lazio, evidenziando l’importanza della sua esperienza alla Lazio dove è tornato protagonista tornando ad essere un uomo mercato forte. Deluso per la fascia di capitano e spinto da questo a chiedere la cessione. Il problema vero non sono i pensieri di Candreva, la cosa importante sono i rapporti tra Candreva e la società e i rapporti della società con i tifosi. Non è vero che la Lazio ha fatto cassa per fare mercato, la società ha accontentato il giocatore che voleva essere ceduto e incasserà quei soldi in quattro anni. La campagna acquisti è stata fatta a prescindere“
CASO KEITA – “Credo che il lavoro fatto da Peruzzi sia stato prezioso, inutile che sottolineo il suo valore e autorevolezza che ha prodotto un risultato imporntate. Il caso Keita si dovrà definire dal punto di vista contrattuale per il resto è stato abbondantemente risolto e lo si è visto a Verona visto che il ragazzo ha giocato e sembra intenzionato a dare il massimo. L’importante è che giochi e lo faccia ai suoi livelli e che si inserisca nella squadra e che tutto funzioni al meglio. Credo si possa dire che la situazione con lo spogliatoio si è ricomposta. C’è un clima positivo all’interno della squadra e questo ritengo sia importante. Per il futuro non escludo rinnovi o clausole però adesso l’unica cosa importante è che sia tutto rientrato e ricomposto“
LO STADIO DI PROPRIETA‘ – “Sappiamo anche noi che lo stadio di proprietà della Lazio andrà fatto, ma non si può costruire tutto sul libro dei sogni. Dobbiamo essere cauti e basarci su cose serie e concrete. In questo momento dove la giunta comunale ancora non è pienamente insediata e dove ancora non sappiamo neanche se si procederà con la candidatura Olimpica, se parlassimo di Stadio creeremmo soltanto un’illusione nei tifosi. Io voglio essere molto concreto e non sono in grado di esprimermi sulla fattibilità di uno stadio, il Flaminio è un idea molto romantica ma sappiamo i problemi che ci sono. La battaglia per lo stadio è sacrosanta, a prescindere dai tempi e dal luogo ma per portarla avanti i tifosi hanno bisogno di essere uniti, divisi si disperde l’enorme potenziale e forza che abbiamo e di cui spesso abbiamo perso la consapevolezza“


Nel 1953 Don Puglisi entra nel seminario diocesano di Palermo dove, il 2 luglio 1960, viene ordinato sacerdote dal Cardinale Ernesto Ruffini. Nel 1961 venne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi. Nel 1967 viene nominato cappellano presso l’Istituto per orfani di lavoratori «Roosevelt» e vicario presso la parrocchia Maria SS.ma Assunta Valdesi. Sin dai primi anni segue con attenzione i giovani e si interessa alle problematiche dei quartieri più emarginati della città. A ottobre del 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo segnato da una sanguinosa faida, dove resta fino al 31 luglio 1978 riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono. Nel frattempo segue anche le battaglie sociali di un’altra zona della periferia orientale della città, lo «Scaricatore».
Il 9 agosto 1978 viene nominato pro-rettore del Seminano minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Nel 1983 diventa responsabile del Centro Regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale. A studenti e a giovani del Centro Diocesano Vocazioni ha dedicato lunghi anni realizzando attraverso una serie di “campi scuola” un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano. E’ stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole, ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal 1978 al 1993. Dal 23 aprile 1989 sino alla morte svolse il suo ministero sacerdotale presso la Casa Madonna dell’accoglienza dell’Opera Pia Card. E. Ruffini in favore di giovani donne e ragazze in difficoltà. Nel 1992 diventa direttore spirituale nel Seminario Arcivescovile di Palermo.
A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui Presenza del Vangelo, Azione Cattolica, Fuci, Equipe Notre Dame. Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti reclutati dalla criminalità mafiosa affermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede. Questa sua attività come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie è stato un movente dell’omicidio, i cui esecutori e i mandanti sono stati arrestati e condannati.
Nel ricordo del suo impegno gli sono state intitolati a Palermo e in tutta la Sicilia centri sociali, piazze e strade, scuole, strutture sportive. A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo. Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi, presbitero della Chiesa Palermitana. La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.
L’infanzia della Christie sarebbe un’infanzia normale se non fosse per il fatto che non è mai andata a scuola, infatti, della sua educazione scolastica si incaricò la madre e le varie governanti. Fino al 1914, l’anno del suo matrimonio, fece molta vita di società. Sviluppò inoltre una forte passione per la musica aspirando a diventare una cantante lirica. Purtroppo non ottenne molti riscontri in questa veste, cosa che la persuade a tornare in Inghilterra. Agatha in questo periodo inizia la sua attività di scrittrice di biografie romanzate con lo pseudonimo di Mary Westmacott che però non ottengono buoni risultati né con il pubblico né con la critica.
L’idea per il suo primo romanzo giallo, “Poirot a Styles Court”, le venne mentre lavorava in un ospedale come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni. Nel 1926 arrivò il primo successo con “Dalle nove alle dieci”. Dopo la morte della madre e l’abbandono del marito Agatha scompare e viene ritrovata ad Harrogate nell’Inghilterra settentrionale sotto l’effetto di un’amnesia. Per due o tre anni, fortemente depressa, scrisse romanzi inferiori alle sue opere più riuscite finché un viaggio in treno per Bagdad le ispirò “Assassinio sull’Orient Express” e inoltre la fece innamorare di Max Mallowan che sposò nel 1930. Nel 1947 il successo della scrittrice è ormai talmente radicato che la Regina Mary, per i suoi ottant’anni, le chiede come regalo di compleanno una commedia. La Christie, lusingata, stende il racconto “Tre topolini ciechi”, che la Regina dimostrò di gradire moltissimo. Le sue opere sono state tradotte in 103 lingue. In Nicaragua venne emesso un francobollo con l’effigie di Poirot. Nel 1971 le venne assegnata la massima onorificenza concessa dalla Gran Bretagna ad una donna: il D.B.E. (Dama dell’Impero Britannico).
Nel 1975 nel romanzo “Sipario” la Christie decise di far morire l’investigatore Hercule Poirot e, il 12 gennaio 1976 all’età di 85 anni, muore anche lei nella sua villa di campagna a Wallingford. E’ sepolta nel cimitero del villaggio di Cholsey nel Oxfordshire. Secondo un rapporto dell’UNESCO Agatha Christie in vita guadagnò circa 20 milioni di sterline, cioè poco più di 23 milioni di euro.

