Ai microfoni di Radiosei, durante la trasmissione “9 gennaio 1900“, è intervenuto l’ex giocatore biancoceleste Giancarlo Oddi in diretta dal dal Lazio-club di Milano. Queste le sue parole:
Sull’eventuale acquisto di “Super” Mario Balotelli: “Io non lo prenderei mai un giocatore come lui. Ha avuto tante occasioni per tornare a fare il calciatore e non le ha volute sfruttare. Io sono convinto che è un giocatore finito nonostante i 25 anni. Se sembrava che doveva fare sfracelli e alla fine a 25 anni non sei più un giocatore, è una cosa assurda. Io non non lo prenderei lo ripeto. Poi se viene alla Lazio spero che faccia bene ma ho i miei dubbi. Ogni anno è l’anno giusto e invece, oltre a non fare il calciatore, ha creato problemi in ogni spogliatoio, quindi perché dobbiamo prendere un giocatore a rischio? Le scommesse non vanno più bene qui servono le certezze, perché devo resuscitare un giocatore come Balotelli, a che scopo? “. Oddi preferisce altre tipologie di attaccanti: “Mi piace il prospetto di Pavoletti, Immobile, insomma ci sono giocatori che potrebbero approdare alla Lazio, perché non dobbiamo sperare in un Immobile, un Pavoletti o un Lapadula? Ci sono i giocatori, basta andare a prenderli e invece noi pensiamo a Balotelli, se lo prendi parti con il piede sbagliato”. Il suo preferito è il bomber del Genoa: “A me Pavoletti piace perché ha fisico, è forte di testa ha una buona tecnica buona corsa, se dovessi scegliere sarei indeciso tra lui ed Immobile. Pavoletti l’ho visto giocare, ha temperamento senza paura, gran fisico. E‘ giusto pensare all’allenatore ma devi pensare in primis ai giocatori, sono i giocatori che fanno l’allenatore“.
La Lazio si ostina a fare mercato senza le indicazioni di un allenatore, a riguardo l’ex difensore biancoceleste ha replicato: “Noi parliamo della Lazio ma se vediamo tutte le 20 squadre quanti sono gli allenatori che si fanno prendere i giocatori che vogliono loro dalla società? Si possono contare sulle dita di una mano. Sono 4-5, poi gli altri prendono la squadra che gli fa la società. A parte Macini, Allegri e forse Sarri, ma per gli altri è dura. La diatriba dell’allenatore della Fiorentina e la società era perché Sousa voleva qualche giocatore in più a gennaio e la società non li ha presi. Non è solo la Lazio“. E infine sul terzino del barca Adriano, ormai ad un passo dal vestire la maglia biancoceleste: “Mi piace e mi auguro che la Lazio lo prenda. E’ un giocatore internazionale e che da qualcosa nello spogliatoio. Se tu nello spogliatoio hai giocatori importanti anche quello meno bravo acquista fiducia. I giovani, se una squadra è forte, anche loro vanno forte, se no difficilmente si salva il giovane. Ci vuole esperienza e se hai giocatori di esperienza crescono anche i giovani”.

La mattina del 30 maggio 1994 un colpo di pistola mette fine all’esistenza di uno dei calciatori più amato e venerato dai sostenitori giallorossi e, al tempo stesso, più rispettato dagli avversari sportivi che vedevano in lui sì un “nemico” ma anche un grande uomo, un calciatore che con la sua signorilità, in campo e fuori, in tanti anni di ribalta ha saputo farsi apprezzare anche da coloro che avrebbero dovuto “odiarlo”: Agostino Di Bartolomei.
Giorno nefasto, a dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Roma (di cui era capitano) contro il Liverpool. Un capitano buono, un ragazzo di borgata che era riuscito alla guida dei suoi compagni a riportare lo scudetto a Roma, che aveva sfiorato la coppa dei Campioni ma che poi la società giallorossa ha scaricato mandandolo via, gettandolo nel dimenticatoio come una vecchia bandiera ormai logora e sdrucita dagli anni. Il calcio lo ha dimenticato ma non la gente, quella no, quella non potrà mai dimenticarlo, perchè Di Bartolomei nonostante il successo era rimasto uno di loro, una persona semplice e alla mano che ancora credeva ai reali valori della vita.
Poi la fine della carriera. Ago avrebbe voluto allenare i bambini ma non ricevette nessuna chiamata dalla Roma e allora, oltre ad uno studio assicurativo a Salerno, aprì una scuola calcio a San Marco. Deluso dagli altri ma felice. Fino a quella terribile mattina di maggio in cui un secco colpo di pistola mise fine alla sua vita lasciando nell’aria oltre l’acre odore della polvere da sparo anche il ricordo di un personaggio d’altri tempi che non è riuscito a superare l’indifferenza di quell’ambiente sportivo che tanto lo aveva idolatrato nel momento del successo. Ma una cosa è certa, il suo ricordo resterà ben impresso nel cuore e nella mente di tutti i tifosi giallorossi e di quegli amanti del calcio di una volta dove contavano più i sentimenti che gli aspetti finanziari.