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Io, privilegiato per aver vissuto la “Kobe-era”

Kobe l’ha fatto. Lo temevano tutti, da mesi ormai. Ieri Kobe Bryant ha annunciato che, a fine stagione, si ritirerà. Lo ha fatto a modo suo, come sempre, e da oggi dovremo fare nostra l’idea di un campionato NBA senza il Black Mamba! Facciamo un passo indietro però, chi è Kobe? Beh dipende da chi si pone questa domanda. Mi spiego meglio, il basket si divide in Ante Jordan e Post Jordan. Che Michael sia il più grande di tutti i tempi, pochi dubbi. C’è chi ha vissuto la carriera di Jordan ed ha visto nascere Kobe. Chi lo ha potuto quindi veder crescere e formarsi e poi dire “Questo è il più forte giocatore di basket dopo Jordan“. C’è invece chi, come me, con Kobe a fare magie sul parquet c’è nato o quasi. Quelli come me Jordan lo hanno visto nei film, negli speciali e nei video, ma mai hanno potuto assistere ad una sua partita di basket. Non hanno mai avuto l’ebrezza di sperare che la palla andasse nelle sue mani per vedere cosa avrebbe potuto fare (quello che voleva, sicuro). Questa sensazione invece io l’ho avuta con Kobe, nelle nottate insonni ho potuto sperare di vederlo fare qualcosa di strabiliante, qualcosa che nessuno avesse visto prima. E vi dico che, nonostante la mattina mettersi sui libri era dura, andare a scuola ancor di più, mai, e sottolineo mai, con lui in campo la mattina mi sono detto “La prossima volta va a letto presto che poi non ti svegli“. No, questo non è mai successo. Nel momento in cui inevitabilmente ha annunciato il suo addio io, come tanti, mi sono sentito vecchio, e triste. Quando un tuo idolo smette di fare quello che sei abituato a vedere qualcosa cambia. In questo pericolo, ahimè, più di uno ha detto stop. Però subito dopo aver saputo la notizia ho riflettuto: triste, certo è normale, però io l’ho visto sul campo giocare. Io l’ho visto incantare e fare canestri assurdi, seguiti da quel sorriso che non mancava mai. Sorrideva lui, rimanevamo a bocca aperta noi. Sempre, tutte le sante notti. E allora no, la tristezza deve lasciar spazio alla gratitudine perché d’ora in poi non esisterà solo il pre e post Jordan, ma anche il pre e post Bryant. Ed io, cari miei, mi sento un privilegiato ad aver assistito ai suoi capolavori. Kobe Bryant è mondiale, ma anche un po italiano. Sentire le sue interviste in cui dispensa un italiano quasi perfetto ci inorgoglisce e fa anche un po’ strano. Guai a sentirci artefici del suo successo: uno che ha quel talento non va formato, va solo fatto giocare. Anni fa, in un lockout tanto folle quanto ferreo si era anche sparsa la voce “Kobe giocherà a Bologna“. Incredibile, Kobe torna in Italia non da bambino ma da star assoluta! Non si è avverato, il presidente della Virtus ci ha provato, ma far muovere uno del suo calibro è un po come spostare una montagna, ci vogliono tempi e modi impossibili per il basket italiano. Abbiamo sognato, tutto qui, pazienza. Pazienza perché, in fondo, il solo poterlo vedere è stata un’esperienza unica, anche se lontano migliaia e migliaia di km. Da qui in avanti prendiamo tutto ciò che si può prendere ed apprendere da un giocatore in televisione, prestate attenzione a come muove la palla, come difende, come salta è come sorride….Prestate attenzioni ragazzi, perché vedere live uno così, non so quando potrà riaccadere. Un campione smette di giocare, la sua leggenda invece, resta per sempre.

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Qui di seguito la traduzione della lettera di addio al basket di Kobe Bryant, che ha fatto da corollario al suo annuncio.

Caro basket,
dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre
e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum
ho saputo che una cosa era reale:
mi ero innamorato di te.
Un amore così profondo che ti ho dato tutto
dalla mia mente al mio corpo
dal mio spirito alla mia anima.
Da bambino di 6 anni
profondamente innamorato di te
non ho mai visto la fine del tunnel.
Vedevo solo me stesso
correre fuori da uno.
E quindi ho corso.
Ho corso su e giù per ogni parquet
dietro ad ogni palla persa per te.
Hai chiesto il mio impegno
ti ho dato il mio cuore
perché c’era tanto altro dietro.
Ho giocato nonostante il sudore e il dolore
non per vincere una sfida
ma perché TU mi avevi chiamato.
Ho fatto tutto per TE
perché è quello che fai
quando qualcuno ti fa sentire vivo
come tu mi hai fatto sentire.
Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere un Laker
e per questo ti amerò per sempre.
Ma non posso amarti più con la stessa ossessione.
Questa stagione è tutto quello che mi resta.
Il mio cuore può sopportare la battaglia
la mia mente può gestire la fatica
ma il mio corpo sa che è ora di dire addio.
E va bene.
Sono pronto a lasciarti andare.
E voglio che tu lo sappia
così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme.
I momenti buoni e quelli meno buoni.
Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo.
E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò,
che rimarrò per sempre quel bambino
con i calzini arrotolati
bidone della spazzatura nell’angolo
5 secondi da giocare.
Palla tra le mie mani.
5… 4… 3… 2… 1…
Ti amerò per sempre,
Kobe

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