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TEMPI BELLI – La noia

« Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altri simili cause. »

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Alberto Moravia, che era un “ber cecione” romano e che per primo aveva capito e illustrato nei suoi romanzi la noia dei suoi “Indifferenti“, l’aurea mediocritas della media borghesia Capitolina, aveva avuto un’infanzia difficile. Problemi di salute, seri, che lo avevano però già messo giovanissimo faccia a faccia col sentimento della noia, che non è solo solitudine o inerzia degli eventi. E’ quel sentimento di già vissuto, di già visto, che non regala sussulti ed emozioni e rende la vita simile a un’immensa ruota per criceti.

Questo detto in termini per noi profani. E di noia Udinese-Lazio ne ha dispensata parecchia, ed anche un po’ di para-noia, perché Udine ultimamente rievoca spesso brutti ricordi (le corse per l’Europa dal 2011 al 2013) e un ambiente ostile, al quale persino l’aplomb inglese del grandissimo Maurizio Manzini (perché in giro per le strade non ci sono sue statue come ai temi dei patrizi romani? Dovremo provvedere personalmente prima o poi..) ha ceduto di schianto.

La noia laziale è l’ineluttabile consapevolezza che una superiorità numerica per gli avversari si trasformerà inesorabilmente in un vantaggio, ed invece una superiorità numerica laziale (oltre a riequilibrarsi prima o poi con un rigore o un’espulsione) porterà ad un assalto sterile e disordinato. E’ guardare costantemente con maggior interesse il taccuino dell’infermeria invece di quello della classifica. E’ vedere le altre squadre approfittare sistematicamente dei propri rallentamenti, quando il contrario raramente accade: la noia delle occasioni perse.

In questo discorso, non ci è sfuggita l’immagine “virale” (ricordate l’articolo della scorsa settimana sui social network) di Igli Tare bello addormentato in panchina. La cosa, ve la confessiamo non ci ha fatto ridere neanche un po’. Prima di tutto perché i “meme” e le scorribande sui social che prendono in giro la Lazio o i suoi tesserati li lasciamo fare ai laboratori Elvive di Trigoria (vedi sempre settimana scorsa). Secondo perché la voglia di mettere il dito nella piaga, approfittare di ogni singolo momento di debolezza, inadeguatezza, distrazione, quello sì, ci è venuto veramente a noia. Come se si godesse di qualcosa che non cambia mai, di un battito di palpebra di troppo quando i problemi sono ben altri, e quanto è noioso doverli sempre ripetere.

Si continua a parlare di offerte rifiutate, ma valeva la pena confermare in blocco un gruppo che quest’anno non ha portato i risultati sperati? Se davvero ci sono state offerte milionarie, non valeva forse la pena accettarne qualcuna e provare a regalare nuova linfa a un ambiente stagnante?. Anche perché nessuno sul mercato italiano compra senza vendere: gestire le risorse è anche questo. Inutile preoccuparsi delle ragazzine innamorate di qualche barba, o invocare i quarti di nobiltà di qualche principe sudamericano per poi piangere sistematicamente e dire “è sempre rotto“. Noioso sentirselo dire, vero?

Resta il fatto che noi a Udine non c’eravamo, chi c’era dormiva, e comunque tutti sognavamo un’altra cosa.

Fabio Belli

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