Ha imparato a nuotare nel maremagnum del calciomercato e ora da delfino (di Lotito) è diventato uno squalo. Nel senso buono ovvio. Igli Tare, oggi, è uno dei migliori direttori sportivi in Italia. Dieci anni di gavetta nella Lazio e ora è il primo della classe. Il da ha rilasciato una lunga intervista a Il Messaggero.
LE PAROLE DI TARE SUL SUO CONTRATTO
«Sarà una formalità. E’ l’ultimo dei miei pensieri. Con il presidente Lotito c’è stima e fiducia reciproca».
GLI INIZI
«Ho dovuto imparare tutto da solo. Non è stato facile perché non avevo esperienza e soprattutto nessuno credeva in me. Il merito è di Lotito che ha visto più lungo degli altri affidandomi questo ruolo». Tolti gli scarpini ha indossato giacca e cravatta e alle spallate in campo ha dovuto sostituire “gli sgambetti”. Meno clava e più fioretto. Non facile per chi ha giocato una vita da centravanti d’area di rigore. La parte più complicata è stata proprio quella di calarsi in questa nuova veste fatta di diplomazia e parole e la mancanza di fiducia da parte degli addetti ai lavori. Il non sentire il sostegno della squadra e della stampa, come più volte ha dichiarato.
GLI INSUCCESSI E LE CRITICHE
«Sono state proprio quelle a farmi andare avanti. Io sono fatto così: più mi attaccano e più mi carico. Ero consapevole che prima o poi avrei raccolto i frutti del mio lavoro».
IL COLPO MIGLIORE
«Sicuramente Milinkovic. Non solo perché è uno dei talenti più forti in circolazione ma anche perché sono riuscito a fargli mantenere la parola data all’inizio».
I RIMPIANTI
«Senza dubbio Cavani. In quel periodo non c’erano le condizioni ‘politiche’ affinché potesse passare dal Palermo alla Lazio».
SULLA LAZIO ATTUALE
«Questa è sicuramente la Lazio più forte che ho costruito nei miei dieci anni, ma non ci si può sedere perché bisogna continuare a lavorare per raggiungere altri obiettivi».Potrebbe interessarti
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«Vedrete che resterà».
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