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Le parole di Caceres:

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Da bambino ho iniziato a giocare per divertirmi come tutti. Sono andato a giocare con un club del mio quartiere e lì ho iniziato a correre dietro il pallone. Hanno visto però che me la cavavo e allora sono andato in prova con il Defensor Sporting. Sono rimasto oltre dieci anni, ho debuttato a 18 e ho avuto la fortuna di indossare quest’unica maglia per tutta la mia carriera in Uruguay. Sono sempre stato difensore: come ora terzino o centrale, ma sempre difensore. Non ho preferenze, mi è capitato di giocare in tante posizioni. In Nazionale faccio anche il terzino sinistro, ovunque gioco comunque do il mio meglio”.

Il soprannome – “È importante ricevere la fiducia della squadra, tutti ti guardano e vogliano capire chi sei. È stato un bel traguardo. A 19 anni sono diventato capitano e mi trovavo bene pur non essendo tra i club più importanti del paese come il Penarol o il Nacional. Ero piccolo, avevo più o meno dieci anni. Portavo sempre i capelli lunghi, leggermente più corti di ora. Un giorno avevo i pidocchi e mia madre li tagliò a zero, da lì in poi allora hanno iniziato a chiamarmi ‘pelato’”.

BARCELLONA

“Ho vissuto calcisticamente un percorso molto importanto. Al di là delle vittorie ho giocato con campioni che mai avrei potuto immaginare di incontrare. Sono stato compagno di Messi, Henry ed Eto’o e ho giocato contro Cristiano Ronaldo. Da piccolo non me lo sarei aspettato, invece ho avuto la fortuna di diventare un grande calciatore. Sono soddisfatto di aver giocato in Spagna, Italia e Inghilterra: è stato tutto molto veloce, neanche mi sono accorto di quello che ho fatto”. Poi il Barcellona: “È stato un anno magnifico. Ho vinto la Champions League, un trofeo che potresti pensare di non sollevare mai. Io invece l’ho alzato al cielo a 20 anni insieme alla Copa del Rey e il campionato. Ho vinto anche con la Nazionale, sempre molto importante per noi uruguaiani”.

I ricordi – “La Juventus è la squadra che ricordo di più visti i tanti anni passati a Torino. Sono stato anche due stagioni al Siviglia, dove pur non avendo vinto ho passato un periodo magnifico in cui ho imparato tante cose. Ora sono arrivato alla Lazio e cercherò di indossare questa maglia nel miglior modo possibile. Da sudamericano ho la Garra (letteralmente artiglio, la grinta, ndr). Con il passare degli anni ho imparato tanto anche in marcatura, ogni squadra mi ha lasciato qualcosa rendendomi diverso dagli altri”.

I COMPAGNI

 Nel 2007 sono andato in prestito dal Villarreal al Recreativo Huelva, una squadra che era in lotta per la salvezza. È stato il mio primo anno in Spagna: avevo 20 anni e arrivavo in Liga dopo il periodo in Sudamerica. Ho passato un anno magnifico, ho segnato anche qualche gol e l’anno dopo mi ha preso il Barcellona. Nonostante l’obiettivo della salvezza, è un periodo che mi porto dentro”. Chi ricorda con affetto tra i suoi compagni: “L’anno al Barcellona ha fatto la differenza per il mio percorso di crescita. Parliamo di un grandissimo club in cui giocavo al fianco di compagni da cui potevo imparare molto come Pique che aveva già giocato nel calcio inglese, Abidal che ha fatto una carriera magnifica o Dani Alves che arrivava dal Siviglia e aveva una qualità pazzesca. 

“Ma è soprattutto da Rafa Marquez che ho appreso cose che non avrei mai pensato. Aveva un piede incredibile, una visione del calcio che gli altri non avevano. Poi di certo anche Puyol, il capitano e il punto di riferimento della squadra”.

ALLA JUVENTUS

Il 2009 è stato bello per tutti. Per me era il primo in Italia e ancora non parlavo benissimo la lingua. La stagione non è finita come volevamo, ma ho avuto la fortuna di giocare anche qui con tanti compagni forti. Poi ho trovato il primo gol in Serie A proprio contro la Lazio (ride, ndr). Ho avuto la pubalgia prima del Mondiale del 2010 e sono tornato in Spagna al Siviglia, una squadra molto importante. Il ritorno alla Juventus è stato positivo. Già alla prima esperienza mi ero trovato molto bene e, una volta tornato, ho fatto del mio meglio. Ho segnato una doppietta al Milan in Coppa Italia ed è stata una stagione di grandi soddisfazioni, culminata con la vittoria dello Scudetto dopo molto tempo. Ero in prestito con diritto di riscatto”.

Il riscatto –

“La Juventus poi mi ha comprato e sono stato lì più di 5 anni: me li sono goduti alla grande, ho potuto giocare in un grande club e con ottimi giocatori. Il secondo anno abbiamo vinto il secondo titolo di fila. Segnai anche al Napoli dopo aver trovato il gol in passato già contro Milan e Inter. La cosa più importante era però vincere lo Scudetto. Al rientro dall’infortunio al ginocchio, entrai a Madrid contro il Real. Perdemmo, ma fu molto bello tornare a giocare contro una squadra del genere. Alla fine vincemmo anche il terzo scudetto di fila, ormai era l’obiettivo principale per noi. La squadra era talmente forte che cercavamo di vincere ogni trofeo, compresa la Supercoppa a Shanghai con la Lazio. Poteva essere qualunque squadra, l’importante era fare di tutto per trionfare noi”.

Il ritorno in Italia – “Volevo cambiare dopo aver assaporato il campionato spagnolo e italiano, il migliore in assoluto. Tutti parlano del calcio inglese, poi essere lì e giocarlo è tutta un’altra cosa. Ho fatto tante partite al Southampton e mi sono trovato bene. Ora ho avuto la fortuna di tornare in Italia grazie alla Lazio e darò il mio meglio. Il calcio spagnolo è senza dubbio più dinamico, non c’è la tattica italiana. Quello inglese invece è un misto, l’importante è ‘andare a manetta’”. 6 mesi con il Verona: “Ringrazio l’Hellas per questi sei mesi, mi hanno dato la fiducia per tornare in Italia e da parte di Pecchia quella per scendere in campo con continuità. Mi sono trovato benissimo e ho segnato diversi gol tra cui quello alla Juventus, molto importante e strano visti i tanti anni passati in bianconero”.

IN NAZIONALE

“Ho giocato con l’Under 20 e poi subito nella Nazionale maggiore. Ho fatto tante partite, ho vinto una Coppa America nel 2011 e ho partecipato anche ai Mondiali. È bello giocare in Europa con il proprio club, ma difendere i propri colori è la cosa migliore che possa esistere. In Sudafrica ero giovane e al primo Mondiale, vedere tutto quello che c’è intorno è stata un’esperienza molto bella”.

Poi sulla Coppa America: “È stato l’unico trofeo che ho vinto in Nazionale. Giocavamo in casa dell’Argentina e li battemmo ai quarti, sconfiggendo tanti giocatori importanti. Tirai io l’ultimo rigore, fu un piccolo passo per arrivare alla finale col Paraguay. Tabarez mi ha sempre convocato. Ogni volta che c’è la possibilità allora vado in Nazionale perché quella maglia è la più bella da indossare. L’Uruguay comunque non mi manca molto, se non la famiglia, gli amici e i genitori. In Italia sto benissimo”.

Muslera e Gonzalez –

 “Sosa non lo conosco molto bene, so quello ha fatto alla Lazio. Alvaro (Gonzalez, ndr) invece lo conosco dai tempi del Defensor: io ero un ragazzino e lui giocava già in prima squadra. Mi portava a casa in macchina e siamo stati tanti anni in Nazionale insieme. Anche con Muslera ho avuto un rapporto molto stretto, avevamo lo stesso procuratore. Dopo tanti anni è normale avere un legame così, quello con loro è molto bello. Avevo parlato con Alvaro che mi aveva raccontato del club, con Nando no perché lo avevo incontrato solo in Nazionale. Di compagni comunque ne ho avuto tanti, ma posso considerare veri amici solo quelli dell’Uruguay. In Europa ho cambiato tante squadre, anche se certamente negli anni alla Juve ho avuto dei rapporti forti”.

ALLENATORI

Gol bellissimi non ne ho mai fatti, il più importante è stato il rigore all’Argentina”. Gli allenatori: “In Uruguay ho avuto un rapporto molto bello con un allenatore che mi portava a casa da bambino, lo ricordo con piacere. Così come Da Silva, il mio primo allenatore nella prima squadra del Defensor. È stato lui che mi ha fatto debuttare tra i professionisti. In Europa ho imparato tantissimo con Guardiola, cose che da giovane non avrei mai potuto capire. In Italia poi Conte è stato molto importante: sembra cattivo, ma ama questo sport e te lo fa comprendere. Allegri anche è una bella persona e un ottimo allenatore: è più simpatico, ama più scherzare”.

La Lazio e la famiglia – “Ho due figli: Martina di 11 e León di 3. Sono in Uruguay e quando c’è la sosta vado a trovarli”. Alla Lazio un solo obiettivo“È un club molto importante in Europa e nel mondo. In questo ultimo periodo sta facendo benissimo, ha un’ottima classifica. Cercheremo di fare il meglio e vincere più partite possibili. Quando sono arrivato i compagni mi hanno accolto subito benissimo: è un bel gruppo e proverò a dare il mio contributo”. Sul derby: “Spero di giocarlo, i compagni non me ne hanno ancora parlato. So che è una partita molto calda qui a Roma, se dovessi scendere in campo mi auguro di fare del mio meglio. Un gol? Volentieri (ride, ndr)”.

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