Milan-Lazio. Non sarà una partita come le altre per Hernan Jorge Crespo. L’ex attaccante argentino ha commentato così la doppia sfida di questa sera. Ecco l’intervista rilasciata a “Il Corriere della Sera“: “Non posso scordare il mio approdo alla Lazio. Ad attendermi a Formello c’erano 7000 persone. Indimenticabile”. Hernan Crespo, il giocatore che per sedici anni è stato l’oggetto del trasferimento più costoso della serie A — 110 miliardi di lire nel passaggio dal Parma alla Lazio di Cragnotti — non sarà spettatore disinteressato della sfida di stasera. “Ho giocato in entrambi i club e conosco bene i due allenatori: Simone è stato mio compagno, Montella rivale di tante sfide”.
A quale dei due club è rimasto più legato?
“A Roma sono diventato capocannoniere. Mi sembrava di essere tornato ai tempi del River Plate: stadio gigantesco come il Monumental, una metropoli dove vivere. Il Milan fu un sogno breve: per me che avevo Van Basten come mito, vestire la maglia rossonera fu una grandissima emozione”.
“Diciamo che è tecnico della Lazio per questioni di opportunità. Sedere su una panchina di A è un traguardo che anch’io voglio raggiungere e dal quale sono già stato a un passo. Avevo accettato di guidare la Primavera del Parma perché poi la società mi aveva garantito una promozione in prima squadra per il dopo-Donadoni. Avevo già firmato il contratto, poi purtroppo la società è fallita”.
Montella le piace?
“Diciamo che ha un’idea di gioco ma ci vorrà del tempo per implementarla nel Milan”.
Ha vissuto le ere di maggior splendore di Lazio e Milan con cui giocò la finale di Champions del 2005. Prova malinconia a pensare a fasti che (forse) non torneranno?
“Tutto il calcio italiano è cambiato, mica solo quei due club. Solo la Juventus, dopo Calciopoli, si è riprogrammata ed è ripartita. Basti pensare che quando ad aprile pianificava di vendere Pogba per finanziare Higuain, Milan e Inter stavano cercando di capire chi fosse il presidente”.
L’etichetta di giocatore più pagato del campionato è sulle spalle di Higuain: 94 milioni sono un fardello pesante da portare in campo?
“Non penso, io segnai 26 gol nella prima stagione alla Lazio. La sua esclusione contro l’Inter ha fatto scalpore ma è impensabile che giochi sempre. E comunque per me resta il centravanti più forte e più completo del campionato”.
Quindi lei non si iscrive al fan club di Icardi, l’uomo della domenica?
“Gonzalo oltre a fare montagne di gol riesce a far giocare bene tutta la squadra. Mauro è un killer ma non migliora i compagni di squadra”.
Bacca è stato mandato in panchina a Genova perché partecipa poco alla manovra. È giusto discutere uno che ha già realizzato 4 gol?
“Diciamo che come Icardi ha bisogno che i compagni attorno giochino in un certo modo per segnare. È sbagliato criticarlo se è così prolifico ma anche lui è consapevole di dover migliorare”.
Il peso dei 9 si è fatto sentire: Milik riuscirà a cancellare i rimpianti per il Pipita?
“È bravo ma non si può pretendere che segni 36 gol. Se ne totalizza 20 fra campionato e coppe bisogna essere contenti”.
Lei ha lasciato il calcio giocato a 36 anni. Totti a 40 non esclude di continuare ancora. È giusto?
“Se fossi in Francesco, con l’amore che prova per la Roma, sarei molto preoccupato”.
Perché?
“Se una squadra che ha grandissime doti tecniche dipende così tanto da lui ha evidenti problemi di personalità. È il parafulmine della squadra: la visione del gioco ce l’avrà anche a 50 anni ma mica può stare in campo fino ad allora. Lui gioca perché toglie responsabilità a tutti e senza di lui gli altri verrebbero sbranati”.
La sconfitta di San Siro apre spiragli di speranza alle concorrenti della Juventus?
“Ma no, lo scorso campionato fu affascinante perché i bianconeri regalarono un girone. Finché le milanesi non si rimetteranno in piedi la Juve è destinata a vincere. Senza progettualità non c’è storia”.

Trascorre i suoi primi anni a Porto Recanati ma poco dopo riesce a convincere la mamma, Maria Salvina Dato, a portarla a Milano in cerca di fortuna nel mondo della musica. Nel 1962 nel capoluogo lombardo incontra il discografico Carlo Alberto Rossi e diventa una “ragazza ye-ye”, ossia una corista per brani twist e rock. Ma Domenica Bertè già a quell’età si ispira ad Aretha Franklin e il produttore la lancia nel 1963 con il suo primo 45 giri con il nome d’arte di Mimì Berté. L’anno dopo vince il Festival di Bellaria e si impone come promettente interprete grazie al brano “Il magone”. Nel 1969 si trasferisce a Roma, insieme con la madre e le sorelle.
Conosce Renato Fiacchini, anche lui aspirante cantante non ancora Renato Zero, e con la sorella Loredana si guadagna da vivere in diversi modi, non rinunciando però alla musica. È un momento delicato della sua vita, uno dei tanti. A confermarlo, sempre nel 1969, l’arresto per possesso di droghe leggere e i conseguenti quattro mesi di carcere a Tempio Pausania.
Sul retro di questo primo 45 giri c’è anche “Amore… amore… un corno”, brano scritto da un giovane Claudio Baglioni. Nel novembre del 1971 esce l’album “Oltre la collina”, che affronta temi come la disperazione e il suicidio. Anche in questo lavoro trova spazio il giovanissimo Baglioni in un paio di brani, mentre Lucio Battisti, attratto dalla sorprendente vocalità della “zingaresca” cantante, la vuole in televisione nello speciale “Tutti insieme”. Nel 1972 segue Alberigo Crocetta alla Ricordi di Milano, dove incide “Piccolo uomo”, brano di Bruno Lauzi con il quale vince il Festivalbar di quell’anno. Esce l’album “Nel Mondo” e riceve il Premio dalla Critica come miglior LP del 1972. Nel 1982 si aggiudica il Premio della Critica al Festival di Sanremo, il quale viene creato appositamente per quell’edizione con il fine di assegnarle un riconoscimento e che, dal 1996, si chiama “Premio Mia Martini”.
Il 1973 è l’anno della definitiva consacrazione: esce “Minuetto”, firmato Franco Califano e Dario Baldan Bembo, che risulta in assoluto il suo 45 giri più venduto. Vince di nuovo il Festivalbar, a pari merito con Marcella Bella. I suoi brani vengono tradotti anche in Germania, Spagna e Francia. Oltralpe, la paragonano alla leggendaria Edith Piaf. Nel 1974 con “È proprio come vivere” vince il Disco d’oro: un milione di dischi venduti negli ultimi tre anni. Nel 1975 la Rai le tributa il dovuto, con lo special “Mia”, in cui figurano anche Lino Capolicchio e Gabriella Ferri. Registra la cover “Donna con te”, e il referendum “Vota la voce”, indetto dal settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, la proclama cantante donna dell’anno.
Il matrimonio con la Ricordi si rompe ma la casa milanese cita in tribunale Mia Martini, che avrebbe sciolto in anticipo il contratto, e ottiene il sequestro di beni e guadagni oltre al pagamento di un’altissima penale. Passa alla Rca, e incide “Che vuoi che sia
se t’ho aspettato tanto”. In Francia, il famoso cantautore e attore francese Charles Aznavour la nota e la vuole con sé in un grande recital all’Olympia di Parigi, tempio sacro della musica francese. Lo spettacolo viene bissato al Sistina di Roma e nel 1977 Mia Martini viene scelta per rappresentare l’Italia all’Eurofestival con la canzone “Libera”, con la quale si piazza tredicesima in classifica, il singolo viene tradotto quasi in tutto il mondo.
Sono gli anni della relazione con Ivano Fossati, di cui si innamora durante la registrazione del disco “Per amarti”, in cui è presente il brano “Ritratto di donna”, che vince il premio della critica al World Popular Song Festival Yamaha di Tokyo. Con Fossati, Mia passa all’etichetta Warner e pubblica “Vola” e “Danza”, del 1979, che contiene i successi firmati dal cantautore “Canto alla luna” e “La costruzione di un amore”. Nel 1981 si opera alla corde vocali. Oramai è una cantautrice e l’album “Mimì” propone dieci brani quasi interamente autografi. Nel 1982 partecipa per la prima volta a Sanremo con il brano scritto da Fossati “E non finisce mica il cielo”. Sempre nello stesso anno realizza “Quante volte”, che ottiene un grande successo anche all’estero. Nel 1983 si ritira dalla scene a causa di una diceria che legherebbe alla sua presenza eventi negativi e che da alcuni anni si porta dietro.
Sono gli anni in cui si riavvicina a Loredana Berté: dopo molti anni in cui i rapporti erano rimasti freddi nel 1993 accetta di duettare a Sanremo con la sorella. Il brano “Stiamo come stiamo” però, non sfonda. Nel 1994 Mia Martini incide per la casa RTI Music “La musica che mi gira intorno”, in cui canta cover scelte tra i repertori di De André, De Gregori e Lucio Dalla. È, questo, solo uno dei suoi progetti dichiarati di reinterpretare canzoni di altri artisti, come Mina e Tom Waits. Proposito che però non avrà seguito. Il 14 maggio del 1995, a quarantasette anni, Mia Martini viene ritrovata morta nel suo appartamento di Cardano al Campo, in provincia di Varese. Da mesi soffriva di un fibroma all’utero ed assumeva dosi di farmaci anticoagulanti. Secondo la procura di Busto Arsizio però sarebbe morta a causa di un arresto cardiaco causato da un abuso di stupefacenti.
Nel 1952 sul set di “Africa sotto i mari” viene notata da Carlo Ponti – che in seguito diventa suo marito – che le propone un contratto di sette anni. Inizia così una carriera cinematografica che all’inizio la vede recitare in parti di popolana, come ad esempio in “Carosello napoletano” del 1953, “L’oro di Napoli” del 1954 e “La bella mugnaia” del 1955, e poi a Hollywood al fianco di star come Cary Grant, Marlon Brando, William Holden e Clark Gable. Oltre alla sua prorompente bellezza la Loren si è imposta anche per via della sua bravura. Non solo è divenuta una vera e propria icona ma ha anche ottenuto alcuni tra i premi più ambiti del settore: la Coppa Volpi nel 1958 per “Orchidea nera” e l’Oscar e il premio per la migliore interpretazione a Cannes per “La ciociara” del 1960.
Nel 1991 ha ricevuto l’Oscar, il César alla carriera e la Legion d’Onore. Dal 1980 si è parzialmente ritirata dai set cinematografici, dedicandosi alla televisione. Ha interpretato, tra gli altri, il biografico “Sophia: la sua storia” e il remake di “La ciociara” nel 1989. Nel corso della sua carriera è stata diretta dai più importanti registi, tra i quali André Cayatte, Charles Chaplin, George Cukor, Michael Curtiz, Sidney Lumet, Anthony Mann, Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola. I critici sono però concordi nel ritenere che fu con Vittorio De Sica (con il quale girò otto film), che formò un ideale sodalizio, spesso completato dalla indimenticabile presenza di Marcello Mastroianni.
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