Per anni è stato il guru del settore giovanile biancoceleste. Volfango Patarca è sempre attento alle vicende dei giovani talenti italiani ed è intervenuto sugli 88.100 di Elleradio nella trasmissione Laziali on Air per parlare di Lazio e non solo.
La partenza è relativa allo sfogo di Filippo Cardelli, che ha annunciato nei giorni scorsi su Facebook il suo addio alla Lazio tra le polemiche, a causa dell’eccessiva presenza di stranieri nei settori giovanili: “Per me è diventata una mezza vergogna che una città come Roma che ha sempre prodotto grandissimi campioni, debba avere il pallino di far giocare lo straniero a tutti i costi. Non c’è più posto per i giocatori nostrani. La Lazio si è sempre distinta nel far crescere i suoi giovani campioni all’interno del club, anche grazie a una scuola calcio da 800 iscritti. Se crescendo i giovani trovano i tasselli che gli spettano già occupati dai calciatori stranieri, si crea un corto circuito. Alla Lazio lo stesso responsabile del settore giovanile è uno straniero, un olandese. Possibile che a Roma non ci fosse un solo responsabile in grado di mandare avanti la situazione?”.
La Lazio, come sottolineato nella giornata odierna dal Corriere dello Sport, ha lanciato però nelle ultime stagioni molti talenti italiani: “Si dovrebbe però parlare anche di quelli persi… D’Alessandro dell’Atalanta viene sempre citato come talento della Roma, ma è cresciuto nella Lazio. So che il club ha fatto un provino a Gianmarco Nesta, nipote di Alessandro, lasciato libero dalla Roma a fine stagione. Se non lo prendessero per me sarebbe scandaloso, perché a mio avviso è fortissimo. L’importante è giocare. Ai ragazzi si deve dare fiducia, poi spetta al ragazzo guadagnarsela. Ma senza fiducia il ragazzo si perde, inevitabilmente. Un conto è giocare, un conto è guardare”.
Sulla vicenda Keita: “Io conosco bene queste situazioni, ho avuto Di Canio che mi ha fatto ammattire. Non l’ho mai abbandonato, altrimenti probabilmente si sarebbe perso. Di Canio è maturato un attimo dopo, anche Keita è bizzoso. Si tratta di un giocatore straniero che fa bene al calcio italiano. Se si prende un giocatore del genere io alzo le mani. Un ragazzo così va seguito in tutto per permettergli di esplodere. Ci sono però altri calciatori venuti da fuori, non di altrettanto valore, che rallentano la crescita dei ragazzi italiani”.
Parlando della prima squadra, si aspettava un avvio di stagione del genere della Lazio di Inzaghi? “Conosco bene Simone e posso dire che sa di calcio come pochi. E’ bravissimo e va lasciato lavorare. Ha perso con la Juventus, ma i bianconeri a questo punto se lanciano le magliette in aria nello spogliatoio, chi le prende le prende vincono la partita. Sono di un’altra categoria e bisogna prenderne atto, ma la Lazio ha comunque disputato un’ottima partita contro di loro”. Bastos ha fatto una grande impressione: “Sicuramente il primo impatto è stato stupendo. Si è presentato alla grande, speriamo possa continuare e confermarsi ai livelli visti contro la Juventus. Quando un ragazzo è bravo, merita di giocare”.
Su Cataldi: “Bisogna sottolineare che se è titolare nell’Under 21, Danilo è per forza un ragazzo di valore. Di Biagio sa quello che fa e se gli ha affidato le chiavi del centrocampo della sua Nazionale è indicativo. Ha bisogno di giocare anche nella Lazio. Vale anche per Milinkovic-Savic, spetterà ad Inzaghi valorizzarli. E’ fondamentale. Io ricordo calciatori come Di Cesare, come Pinzi che secondo me meritava la Nazionale. Ragazzi cresciuti con me, che avevano potenzialità straordinarie”.
Un commento sul dato degli abbonamenti staccati in questa stagione alla Lazio: “Ai miei tempi andare allo stadio era un piacere enorme, ora qualcuno ce l’ha fatto passare. Bisogna riflettere come alla Lazio sia passata la voglia di andare. Di chi è la colpa? La moneta resta sempre sospesa per aria, come si dice, ma un giorno questa colpa qualcuno se la dovrà prendere. Spero in Angelo Peruzzi, sinceramente. Personalmente mi chiedo come proprio io abbia potuto pagare a suo tempo con l’allontanamento dalla società. Avevo scelto grandi giocatori e mai firmato una nota spese. A distanza di tanti anni, ancora non concepisco come ho potuto ritrovarmi fuori dalla Lazio”.

Nel 1943 dopo aver vinto il titolo regionale di salto in alto, viene intervistato da un giornalista de La Stampa che gli chiede di lavorare per il giornale. Mike accetta e il 5 maggio appare il suo primo articolo. L’anno dopo l’occupazione tedesca dell’Italia partecipa alla Resistenza e poi cerca di partire per la Svizzera. Fermato, sta per essere fucilato, ma i tedeschi scoprendo che è cittadino americano lo conducono al carcere di San Vittore per interrogarlo. Qui incontra Indro Montanelli. Il 26 settembre dello stesso anno viene portato nel campo di concentramento di Bolzano. Si salva grazie a uno scambio di prigionieri tra Germania e Stati Uniti.
Nel 1946 inizia a lavorare alla radio italiana di New York prima come pubblicitario, poi come addetto ai palinsesti e infine come annunciatore. Nel 1948 Vittorio Veltroni (padre di Walter), direttore del giornale radio della Rai, lo battezza Mike e gli affida l’incarico di corrispondente dagli Stati Uniti. Nel 1953 torna in Italia dove racconta la rinascita del Paese per la radio americana e ritrova la madre. L’anno dopo Veltroni gli affida “Arrivi e partenze”, il primo programma della televisione italiana. Due anni dopo parte “Lascia o raddoppia”, il quiz che cambia la storia della tv italiana. Nel 1960 è al fianco di Enzo Tortora per condurre “Campanile Sera”. Nel 1963 presenta il primo dei suoi tredici Festival di Sanremo. Nel 1970 debutta “Rischiatutto”, il 1976 è l’anno di “Scommettiamo?”. 