Io e Tare Durden ci incontriamo solo ogni 31 di agosto, ogni anno lo stesso giorno.
Soffro d’insonnia, tre mesi l’anno tutte le estati dal 1 giugno al 31 agosto, non riesco a chiudere occhio. Sono stato dal dottore e mi ha detto di masticare radici di valeriana e fare più ginnastica. Quando non dormi, tutto sembra la copia di una copia di una copia. Soprattutto i giornali: ti sembra di aver già letto una notizia il giorno prima, in alcuni casi il mese prima, in altri addirittura un anno prima. Frasi del tipo: “Non vendo sogni, ma solide realtà“. O anche: “Balotelli alla Lazio“.
Sono sicuro di averle già lette, ma la data del giornale è implacabile. 31 agosto 2016, non 2015 o 2014 o 2013…
La prima volta che ho incontrato Tare Durden è stato in aereo. Il 31 agosto, come si sarebbe ripetuto per gli anni a venire. Viaggiare continuamente è uno strano modo di mettere in saldo la tua vita. Guadagni un’ora, perdi un’ora.
Pacifico, montagne rocciose, Midwest. Questa è la tua vita, e sta finendo un minuto alla volta. Se ti svegliassi a un’ora diversa in un posto diverso, ti sveglieresti come una persona diversa?
Quando mi sono svegliato con Tare Durden accanto, stavo tornando da Milano. Anche lui, perché lo faceva di lavoro. Lui faceva il cacciatore di parametri zero: “Il metro di misura della civiltà“, mi ha spiegato, anche se non avevo capito bene cosa volesse dire. Ho preso l’occasione al volo, e l’ho definito “l’amico parametro zero” più interessante che avessi mai incontrato. Lui mi ha detto che lo trovava molto acuto, e io l’ho ringraziato, ma lui poi mi ha chiesto se mi dava soddisfazione. Io ho risposto: “Cosa?” e lui: “Essere acuto”.
Ogni anno però la storia si è ripetuta. Nella sua valigetta continuavano ad esserci bigliettini con appuntati nomi diversi. Vinicius, Perea, Novaretti un anno. Milinkovic, Kishna, Bisevac un altro anno ancora. Oggi (ma come ho detto potrebbe essere l’anno scorso o due anni fa, è l’insonnia) leggevo Luis Alberto, Vargic e un nome strano, Moritz Leitner. Mi è entrato subito in testa.
Tare Durden mi ha spiegato un sacco di cose interessanti. Alcune non erano relative al sui lavoro, come ad esempio il fatto che mescolando parti uguali di benzina e succo d’arancia congelato si potesse fare il Napalm (se uno ha l’inclinazione…). Ma mi ha anche spiegato che i suoi non erano tutti veri parametri zero. Cercava occasioni, persone che avevano voglia di riscatto, di rimettersi in gioco, che vedevano il mondo come una copia proprio come me. E aveva fondato un club per farli combattere, addirittura dentro uno stadio ma restando comunque lontano da occhi indiscreti. “Tanto ormai non ci viene più quasi nessuno“, mi ha detto sarcastico addentando un panino.
“Come i Pokemon?” ho chiesto ingenuamente, e quella è stata l’unica volta in cui Tare Durden mi ha guardato davvero male.
Del club di Tare non si doveva parlare mai per esserne membri, ma la prima regola da rispettare in assoluto era quella che chi ne faceva parte doveva essere sconosciuto, o quasi. Infatti quelli che si facevano conoscere, poco dopo non facevano più parte del club, che lui chiamava Fight Club.
Tare Durden lo incontro solo di 31 agosto, ma una volta mi ha detto che ha radunato tutti i suoi parametri, come li chiamava lui, e gli ha fatto un discorso che suonava così: “Vedo nel Fight Club gli uomini più forti e intelligenti mai esistiti. Vedo tutto questo potenziale, e lo vedo sprecato. Un’intera generazione che pompa benzina, serve ai tavoli o schiavi con i colletti bianchi. La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti. Fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia. Non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo né la Grande Guerra né la Grande Depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale. La nostra grande depressione è la nostra vita.” Che se parli di Lazio e calciomercato ci azzecca a pennello, anche se a sentirlo così è un filino troppo depressivo, in effetti.
Allora io ho provato a spiegargli che magari era meglio un discorso più motivante tipo quello di “Ogni maledetta domenica“, ma una volta scesi dall’aereo, come ogni anno, era sparito nel nulla. Di quei nomi che mi aveva detto, già non riuscivo a ricordarne più uno, e pure quando ci fossi riuscito, allora potevo stare sicuro che non avrebbe più fatto parte del club.
Ma ormai, come ogni 31 agosto, non mi importava più nulla perché era tutto finito: finalmente, il 1 settembre, sarei riuscito di nuovo a dormire. Solo un nome però continuava ad echeggiarmi nella mente, come il passo cadenzato degli stivali di un esercito in marcia:
Il suo nome è Moritz Leitner
Il suo nome è Moritz Leitner
Il suo nome è Moritz Leitner
Il suo nome è Moritz Leitner
Il suo nome è Moritz Leitner (continua…)
Fabio Belli

Nel 1955 viene chiamata da Erminio Macario, accanto al grande comico impara l’umiltà della professione e la disciplina ferrea del palcoscenico. Recita con Macario in una trilogia di riviste di Amendola e Maccari ottenendo un successo straordinario (“L’uomo si conquista la domenica”, nella stagione 1955-56; “E tu biondina…”, in quella 1956-57 e “Non sparate alla cicogna!” in quella successiva). Nel 1958 la Mondaini incontra Raimondo Vianello che dopo quattro anni, nel 1962, diventerà suo marito e inseparabile compagno di lavoro.
Insieme a Vianello e Gino Bramieri s’impone con successo in “Sayonara Butterfly” nel 1959. Inoltre i tre artisti nella stagione 1959-60 presentano una rivista, “Un juke box per Dracula”, ricca di satira politica e sociale. Successivamente Sandra viene chiamata da Garinei e Giovannini per interpretare la commedia musicale “Un mandarino per Teo”, al fianco di Walter Chiari, Alberto Bonucci e Ave Ninchi. Poi si dedica soprattutto alla televisione, dove aveva iniziato a lavorare nel 1953. Il primo grande successo televisivo arriva con la trasmissione “Canzonissima” nel 1961-62. Dai primissimi anni ’70 la coppia Vianello-Mondaini porta in scena i drammi quotidiani di una coppia qualunque in splendidi varietà come “Sai che ti dico?” (1972), “Tante scuse” (1974), “Noi… no” (1977), “Io e la Befana” (1978), “Stasera niente di nuovo” (1981), diventando così la più celebre coppia della televisione italiana.
Nel 1982 la coppia passa a lavorare per la Fininvest dove presentano numerosi varietà, come “Attenti a quei due” (1982), “Zig Zag” (1983-86) e “Sandra e Raimondo Show” (1987). Dal 1988 sono interpreti della sit-com “Casa Vianello”, dove interpretano se stessi; con Sandra nella parte di una sempre annoiata e mai rassegnata consorte che diventerà un’icona italiana. Il successo della formula viene trasferito anche a un paio di format estivi: “Cascina Vianello” (1996) e “I misteri di Cascina Vianello” (1997). Da Sbirulina a eterna mogliettina capricciosa ma fedele Sandra Mondaini nella sua lunga carriera ha al suo attivo anche diverse commedie al cinema: “Noi siamo due evasi” (1959), “Caccia al marito” (1960), “Ferragosto in bikini” (1961) e “Le motorizzate” (1963).
L’ultima sua fatica televisiva è il film tv “Crociera Vianello” del 2008. Alla fine dello stesso anno annuncia il ritiro dalle scene, motivata dalle precarie condizioni di salute che non le consentono di stare in piedi e la costringono sulla sedia a rotelle dal 2005. La Mondaini muore a Milano il 21 settembre 2010, all’età di 79 anni, presso l’Ospedale San Raffaele dove era ricoverata da circa dieci giorni.
Grande istrione ma con anche una grande sensibilità, Gassman confessò più volte di aver sofferto nonostante gli straordinari successi (anche con le donne) di abissali depressioni, una delle quali grave e da cui si riebbe per un caso, dopo aver ingerito l’ennesima pastiglia medicinale (che in quel caso però fece effetto). Il problema fu talmente grave che intorno a questa esperienza scrisse un libro: “Memorie dal sottoscala”. Negli ultimi tempi si era riavvicinato all’esperienza religiosa, sebbene sempre con il suo tipico approccio tormentato e dubbioso. Il “mattatore” si è spento il 28 Giugno 2000, a 78 anni, nella sua casa romana a causa di una crisi cardiaca.
