L’ex giocatore biancoceleste, reduce dalla breve esperienza come secondo di Roberto Mancini all’Inter, Angelo Gregucci, è intervenuto ai microfoni di Radio Incontro Olympia per analizzare la situazione in casa Inter e della suggestione Balotelli per la Lazio.
Gregucci ha esordito parlando di Antonio Candreva: “Ho avuto poco tempo per conoscere e soprattutto per allenare Candreva all’Inter, perchè Antonio è arrivato in ritiro in ritardo dato il suo impegno agli Europei francesi con la nazionale azzurra e data la trattativa estenuante fra Lazio e club nerazzurro che ha portato il numero 87 a Milano, destinazione che Candreva ha fortemente voluto manifestando il suo desiderio di giocare ad Appiano Gentile sia prima che subito dopo il campionato d’Europa. Ciò nonostante, posso affermare che il centrocampista romano sarà un valore aggiunto dell’Inter, team che può vantare una rosa di altissima qualità di cui una buona parte ho allenato a Brunico. L’ex laziale, Perisic, Brozovic, Eder, Medel, Murillo, Banega li ho avuti alle mie dipendenze dopo gli appuntamenti avuti con le rispettive rappresentative, per effettuare con loro una preparazione differenziata rispetto al gruppo diretto da Mancini che nel frattempo si disimpegnava nella tournèe americana. Questi calciatori uniti ad Icardi e compagni possono portare l’Inter ai piani alti della classifica, ora tocca a De Boer ben assemblarli ed impostarli tatticamente. Successivamente, è accaduto quello che sappiamo fra Mancini e Thohir di cui ancora non ho compreso esattamente il senso ed il significato. Semplicemente ho solo detto a Roberto che qualsiasi decisione avesse preso io l’avrei accettata e rispettata”. Si parla insistentemente di Balotelli alla Lazio: “Dipende solo da lui… Mario, con cui ho lavorato al City a Manchester sempre con Roberto Mancini alla guida tecnica, non è più un ragazzino, dovrebbe unire alle sue indubbie qualità tecniche un comportamento appropriato e professionale. Fossi nella dirigenza biancoceleste, punterei sui più giovani e su Immobile“.

Eppure il culto e la leggenda dell’immigrato Rodolfo Guglielmi che, nato povero nell’Italia del Sud, arriva nel 1915 in America in cerca di fortuna sono iscritti con forza nella storia del divismo cinematografico. La sua è stata una vita difficile all’inizio: dopo aver dormito per qualche periodo sulle panchine al Central Park di New York, viene assunto come lavapiatti in un night-club e, grazie alla sua prestanza e alle sue doti di ballerino, inizia anche a fare l’accompagnatore di attempate signore danarose. Quando una di queste per lui uccide il marito, Valentino, spaventato, scappa in provincia lavorando come ballerino nella compagnia teatrale di Al Jolson. Qui viene notato da un attore che lo raccomanda ad Hollywood e così, il fascinoso Rodolfo Valentino (nome ormai assunto come pseudonimo dal Guglielmi) nel 1919 debutta sullo schermo. Nel 1921 viene notato da una talent-scout di nome June Mathis, la quale propone alla Metro Goldwyn Mayer di farne il protagonista della pellicola di genere avventuroso “I quattro cavalieri dell’Apocalisse” (The Four Horsemen of the Apocalypse, 1921), di cui rimarrà memorabile la scena in cui balla un appassionante tango.