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Il lungo addio di Cristian Ledesma: al Santos con una valigia piena di Lazio e di ricordi

Ha salutato tutti con uno zainetto sulla spalla. Dentro, migliaia di cuori laziali che idealmente lo hanno già visto dire addio nella notte di Napoli. L’assist servito su un piatto d’argento per quella Champions che, seppur attraverso l’angusta e stretta porta del preliminare, anche lui avrebbe meritato di assaporare.

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Cristian Ledesma è stato la Lazio e della Lazio per nove lunghi anni. Un matrimonio sotto tutti gli aspetti, con momenti di crisi profonda da separati in casa, quando nel 2009 chiese uno svincolo poi concesso a Pandev ma non a lui. Che ha saputo riprendersi la squadra, come se nulla fosse, con l’arrivo di Edy Reja in panchina. Ma anche con momenti di profonda euforia, i derby vinti, la fascia da capitano, le Coppe alzate al cielo.

Era arrivato tra lo scetticismo generale, a causa dello scandalo Calciopoli sembrava addirittura dovesse prendersi sulle spalle la squadra in Serie B. Pericolo sventato in appello, e Delio Rossi gli consegnò le chiavi di un centrocampo inizialmente macchinoso. E le critiche si rincorsero, “è lento“, marchio che spesso viene affibbiato a chi staziona sulla linea mediana senza incisività. Una notte di dicembre, collocazione temporale inusuale per un derby, tutto cambiò. Fu il giorno dello “scaldabagno“, uno dei gol più incredibili mai realizzati dalla Lazio nella storia della stracittadina. L’esultanza che ne seguì fu sfrenata, liberatoria, quattro mesi di critiche che esplodono in un urlo catartico. Tutti compresero subito che sarebbe stata una notte magica, e il risultato finale fu il più rotondo della storia del derby: 3-0, con Ledesma nuovo padrone del centrocampo.

Quel campionato, così come l’ultimo, si chiuse con un terzo posto. In quel caso però, superato lo scoglio del preliminare, la Lazio poté misurarsi anche nella fase a gironi con le grandi d’Europa. E fu il delirio nella serata di Lazio-Real Madrid: 70.000 spettatori e Ledesma a dettare i tempi della zona nevralgica del campo contro i galacticos. Van Nistelrooy contro Pandev, finì 2-2 in tutti i sensi in una partita in cui Mudingayi sembrava Mascherano, e Ledesma si scoprì un leader a tutti gli effetti. Lo fu anche quando, quasi due anni dopo, la Lazio dell’era Lotito alzò al cielo la sua prima Coppa Italia. C’era anche lui tra i rigoristi contro la Sampdoria, ma non c’era a Pechino, nell’incredibile colpaccio in Supercoppa contro l’Inter di Mourinho destinata da li a poco al triplete. Era iniziata la guerra fredda che l’avrebbe riportato in campo solo a febbraio, per scacciare l’incubo della B.

Con Reja, il centrocampista venuto dalla Patagonia trovò la sua definitiva collocazione a centrocampo: anni da titolare inamovibile, tra alti e bassi e una Champions sfiorata due volte. Fotofinish amari: la soddisfazione più grande, invece, neanche a dirlo quale fu. Il 26 maggio del 2013, naturalmente. Una partita per lui conclusa in anticipo, aquila ferita ad attendere col cuore in gola il triplice fischio finale, e poi la corsa sotto la Nord. Stavolta non un urlo liberatorio, ma un pianto, come a ricacciare in gola tutte le sofferenze, per potersi finalmente abbandonare ad un’estate di soli festeggiamenti assieme al popolo laziale.

Ora Cristian, argentino della Patagonia trapiantato in Salento (dove ha trovato l’amore) e romano d’adozione, va a chiudere la sua carriera in Brasile vestendo la maglia che è stata di Pelè. Al Santos Ledesma si porta una valigia piena di ricordi, di sogni, di Lazio. Il modo più bello di chiudere uno dei capitoli più significativi del romanzo di una carriera e di una vita.

Siete tutti qui dentro.Ciao amici miei! E….sempre Forza Lazio

Posted by Cristian Daniel Ledesma on Martedì 1 settembre 2015

 

Fabio Belli

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