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La nave imbarca acqua, ma la Lazio tiene la linea di galleggiamento. Quando c’è tempesta, l’unica cosa che interessa è restare a galla. Galleggiare.

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Dalle parti di Formello si attende una schiarita dopo l’ennesima sconfitta, la terza in altrettante partite. Pioli ha dato alla squadra un paio di giorni di riposo, domani si tornerà al lavoro senza i nazionali: rialzare la testa contro il Palermo non sarà semplice, soprattutto dopo l’ennesimo derby che ha rimarcato ancora una volta una supremazia cittadina piuttosto netta.

Il domani più che biancoceleste appare grigio, questo campionato doveva essere l’inizio di una nuova era, ma il proclama presidenziale non ha fatto altro che accrescere le aspettative dei tifosi, puntualmente disilluse dopo una manciata di settimane. Il mercato non è stato all’altezza della situazione: i sostenitori laziali si attendevano altro, il tecnico Pioli e gli stessi giocatori si aspettavano di trovare nello spogliatoio nuovi compagni coi quali fare il definitivo salto di qualità. «Questa squadra è difficilmente migliorabile» aveva sentenziato il diesse all’inizio del calciomercato.

Alla fine, il tecnico si è ritrovato a Formello quattro scommesse da incassare (forse) chissà quando. E Matri, arrivato quando il sogno di un viaggio in prima classe verso la Champions League era già svanito. Peccato, da queste parti si viaggia solo in economy.

Non è un caso che nella sfida contro la Roma nessuno dei nuovi acquisti sia stato utilizzato da Pioli dall’inizio: solo Matri ha messo piede in campo, quando i tre punti avevano già presto la strada di Trigoria, con l’intero stadio a intonare la società dei magnaccioni.

La nuova Lazio è morta prima di nascere, con un mercato inadeguato, giocatori incerti nel continuare il loro percorso in biancoceleste e una fascia di capitano passata di braccio in braccio che ha creato solo incomprensioni. Il gruppo è spaccato, lo stesso che pochi mesi prima aveva centrato un risultato inatteso grazie alla convinzione e alla determinazione nei propri mezzi andando a prendersi il terzo posto nella polveriera del San Paolo di Napoli. In quella notte magica di Champions League tutti si strinsero in un unico grande abbraccio: dirigenti, tecnico, giocatori, tifosi. Quella notte la Lazio era un’unica cosa, un corpo unico, un’unica mente. Un esercito pronto a marciare verso un futuro radioso. È stata l’illusione di una notte. Ma i sogni – si sa – muoiono all’alba. Oggi i dirigenti latitano, quasi a voler allontanare la loro figura dalla negatività dell’ennesima sconfitta, lo stadio è deserto, lo spogliatoio spaccato. E Pioli è sempre più solo. Un uomo alla guida di un gruppo in cui lo scetticismo prevale sulla convinzione, i dubbi sovrastano le certezze, l’individualità predomina sul collettivo.

Domani – alla ripresa degli allenamenti – ci sarà l’ennesimo confronto tra dirigenti, tecnico e giocatori per analizzare il momento negativo della squadra. Ma sarà un faccia a faccia tra pochi intimi considerando quanti in queste ore hanno risposto alla convocazione delle rispettive nazionali. Parte l’ennesima ricerca di un colpevole. Nei romanzi gialli è quasi sempre il maggiordomo, nel calcio è sempre l’allenatore.

Fonte : Il Tempo

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