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Milano, sii buona almeno tu“, cantava Alberto Fortis. Difficile trovare una serie negativa simile a quella della Lazio sul campo del Milan. E’ vero che se neanche la Lazio Cragnottiana aveva rotto questo tabù, anzi lo aveva alimentato, un pizzico di maledizione c’è davvero. Ma è anche vero che oltre ad essere un’altra Lazio, era anche un altro Milan. Quello di stasera era battibilissimo, invece al primo soffio di vento la casa di marzapane di Inzaghi è stata spazzata via dal Lupo Cattivo Montella.

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A ben guardare, la Lazio a San Siro ha sbagliato un numero di passaggi tale che, unendone idealmente le trame, si potrebbe fare la fine del protagonista di “A Beautiful Mind“. Non conviene impazzirci dietro: Inzaghi ha provato a fregare Montella con un 3-5-2 tutto sostanza in contropiede, ha fatto la fine dei musicanti di Brema tradito da un Parolo, tu quoque, ormai capace di inanellare un errore da Monthy Python a partita.

Paradossalmente, la Lazio ha perso nella zona nevralgica quando tutti erano pronti a puntare il dito su Strakosha (bravo il giovane portiere albanese all’esordio) o sul solito Djordjevic comunque nettamente insufficiente per l’ennesima volta. Ma a costo di ripeterci, la partita non l’abbiamo persa per causa sua: viene da pensare sul perché si debba rinunciare contemporaneamente a Felipe Anderson e Keita quando la squadra non ha altre frecce nel suo arco per far male agli avversari. Inserirli a partita in corso col Milan già in vantaggio è troppo comodo, come a voler dire: “Visto? Con loro abbiamo giocato addirittura peggio!” No, non si può buttare la croce sempre addosso ai soliti.

Viene da ridere a pensare come gli errori siano sempre quelli: mancanza di alternative, tecnico non all’altezza in determinati frangenti, per quanto giovane e volenteroso e animato anche da alcune buone idee, ma soprattutto la mancanza di un leader che può essere in parte Lucas Biglia, capitano ma non certo quel trascinatore di cui avrebbe bisogno questa squadra.

Aver perso contemporaneamente Klose, Mauri e Candreva su questo piano potrebbe essere stato un colpo ferale: purtroppo questi profili presentavano problematiche come anzianità o carenza di stimoli che andavano però curiosamente a collimare anche con gli stipendi più alti della rosa, più o meno. Come più o meno sicuramente si alzeranno gli stipendi di Biglia e De Vrij, per carità. Ma il punto è che l’annunciata rivoluzione estiva sembra naufragata su un punto più importante della telenovela-Bielsa: non sono arrivati quei giocatori in grado di garantire peso e personalità in partite come quella di ieri sera.

D’altronde, pagare moneta, vedere cammello, come diceva qualcuno: e nella Lazio quest’anno le gobbe scarseggiano, non c’è che dire.

Fabio Belli

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