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FOCUS – La 9 di Djordjevic: ma quando finirà questo scempio?

Ieri Djordjevic ha avuto l’ennesima occasione e per l’ennesima volta ha dimostrato di non essere un giocatore da Lazio.

PRIMA DI DJORDJEVIC GRANDI NOMI

Essendo io nato nel 1987, il mio primo numero 9 e idolo biancoceleste è stato Gigi Casiraghi. Un attaccante generoso che ci metteva il cuore in campo e capace di segnare gol importanti. Poi ricordo il 9 di Salas negli anni d’oro cragnottiani e quella di Paolo Di Canio ai tempi del liceo. Quest’ultimo lo ritengo il “mio” numero 9.

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Chiunque abbia vissuto l’adolescenza negli anni del Di Canio bis la pensi come me. Er pallocca, l’unico laziale ad aver oscurato il nome di Totti nella Capitale. Prima del 26 Maggio c’era il derby di Di Canio. E tutto il resto era noia. Quando poi Di Canio lasciò il club biancoceleste, la numero 9 passò a Tommaso Rocchi. Altro giocatore che conserva un posticino nel mio cuore. Insomma, tutto questo per dire che ogni fase della mia vita è legata a un numero 9 biancoceleste.

LA NUMERO 9, MAGLIA DI GRANDI CAMPIONI… E DI DJORDJEVIC

Se chiedete a qualsiasi laziale qual è il numero di maglia più importante nella storia della Lazio, sicuramente vi risponderà la numero 9. Perché per il popolo laziale la 9 di Piola, di Giordano ma soprattutto di Giorgio Chinaglia vale quanto la 10 di Maradona per i napoletani. Almeno fino al 2014 quando la 9 finì sulla maglia di Filip Djordjevic. Dopo un iniziale scetticismo dovuto al suo curriculum mediocre, il serbo era riuscito a far ricredere tutti in quel di Palermo con una tripletta che aveva steso i rosanero. L’attaccante aveva continuato a segnare anche nelle partite successive contro il Sassuolo e la Fiorentina. Insomma, i laziali erano contenti che la numero 9 di Long John fosse stata onorata. Il serbo aveva convinto anche Pioli, tanto da farlo giocare insieme o addirittura al posto di sua maestà Miro Klose.

Dopo un girone d’andata straordinario impreziosito da ben 7 reti, il 2015 iniziò nel peggiore dei modi per Djordjevic con un brutto infortunio alla caviglia che lo tenne fuori dai campi per 3 mesi. Al suo ritorno non fu più lo stesso ma riuscì comunque a togliersi lo sfizio di segnare alla Roma. Tuttavia, fu un gol inutile che non aiutò la Lazio né a vincere quel derby né a superare i cugini al secondo posto. La finale di Coppa Italia contro la Juve, si rivelò – col senno di poi – il canto del cigno per Filip, che dopo quel doppio palo (che tutti ricordiamo), cadde in un profondo oblio.

L’UOMO DELLE CHANCE

La stagione 2015-2016 doveva essere quella del rilancio per Djordjevic. Tuttavia, di nuovo la caviglia gli ha giocato un brutto scherzo impedendogli di saltare le prime gare di campionato e il preliminare di Champions League. La Lazio prese last minute Matri ,che per tutta la stagione ha vissuto il ballottaggio col serbo e con Klose. A fine stagione la Lazio è arrivata ottava. La gente ha imputato grosse colpe del disastro stagionale all’attacco sterile e alla difesa colabrodo.

A farne le spese Matri che non verrà riscattato e Klose costretto al ritiro anticipato. “Perché vado via? Perché la Lazio non mi ha proposto il rinnovo”, ammetterà candidamente il tedesco. Djordjevic però no, lui è rimasto a Roma. Gli è stata data un’altra chance dopo una stagione fallimentare. Eppure ci sono stati giocatori con un pedigree importante ceduti dopo soli 6 mesi (Cissè docet).

IMBARAZZANTE

Inzaghi ha deciso di dargli fiducia fin da subito. Dopo la staffetta con Immobile nelle prime giornate, l’ha lanciato titolare contro il Pescara il 17 settembre. Una partita anonima per il serbo, ma che Inzaghi a fine partita applaudirà. Il tecnico piacentino, soddisfatto della sua prestazione, lo schiererà titolare anche nella partita successiva contro il Milan, salvo poi pentirsene al 46′. Da quel momento in poi Filip farà tanta panchina, fino a una decina di giorni fa quando in Coppa Italia Inzaghi gli ha dato nuovamente fiducia.

In questo caso l’ex Nantes è stato decisivo segnando un gol e procurandosi un rigore. Però, la sua partita è durata mezzora, poi il nulla totale. Ectoplasmatico fino al 56′ quando il mister biancoceleste ha inserito Immobile. Quindi arriviamo a ieri, in cui causa la squalifica di Ciro, Djordjevic ha avuto l’ennesima chance e per l’ennesima volta l’ha sprecata. Lento, impacciato, per molti è apparso come il quinto di difesa del Chievo.Vederlo correre a vuoto cercando di districarsi dalla marcatura degli avversari è stato un supplizio per lui e per i tifosi. Ciononostante Inzaghi qualche conferenza fa aveva dichiarato di non volerlo mandare via. In effetti, contrariamente a quanto detto, la Lazio vuole fare cassa con la cessione di Keita non con quella di Filip.

DJORDJEVIC SINE DIE

Il serbo ha il contratto in scadenza nel 2018. Quindi se non dovesse inopinatamente partire a gennaio, rimarrà a Roma almeno un altro anno. E guai a proporre alla società un’alternativa. Per tutti Djordjevic è inadatto alla Lazio e probabilmente alla serie A, ma non per Tare, che proprio non vuole saperne di cederlo. E pensare che il suo ingaggio pesa non poco sulle casse societarie (2 mln lordi a stagione). Quanti attaccanti della serie A, che giocano nelle provinciali e che guadagnano molto meno, vi vengono in mente che ritenete migliori di Filip? Pensateci bene. Ma cosa ancor più preoccupante è che mentre la maggior parte di noi è cresciuto con nel cuore la 9 di Chinaglia o di Di Canio, le nuove generazioni stanno crescendo con la 9 di Djordjevic. Emblema di questa società che con Lotito si è ormai assuefatta alla mediocrità.

Fabrizio Piepoli

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