Subito la prova del 9 per mister Inzaghi. Arriva la Juventus. Sulla carta, e forse non solo considerando lo score degli ultimi dodici anni, contro i bianconeri è una sfida impari. Inzaghi vuole trovare un modo per riuscire a fermare almeno una volta la corazzata bianconera dopo anni di insuccessi da parte dei biancocelesti: l’ultima vittoria della formazione laziale in campionato risale al 6 dicembre del 2003, con le reti di Corradi e Fiore, con Inzaghino che era in panchina ma non entrò. Da quel giorno, la Lazio contro i bianconeri ha raccolto ben 15 sconfitte e 6 pareggi. Un vero e proprio tabù. Per farlo il mister piacentino ha in mente un’idea che anche i suoi predecessori hanno avuto prima di lui, purtroppo con scarso successo: cambiare modulo. L’idea sarebbe quella di proporre una squadra con la difesa a tre. Una soluzione coraggiosa per una squadra che ormai da anni si muove sul collaudato 4-3-3.
Purtroppo non si riesce a trovare altre soluzioni per contrastare l’efficace ed efficiente organizzazione di gioco juventina. E’ anche vero che ogni volta che i biancocelesti hanno giocato con il loro modulo naturale sol arrivati sempre risultati a dir poco traumatici e paradossalmente l’ultima volta che si è usata la difesa a tre si è riusciti a limitare i danni o per lo meno ad accarezzare il sogno di una vittoria: vedi la finale di Coppa Italia i cui tempi regolamentari erano terminati alla pari (perdendo solo per un gol di rapina di Matri). Quella stata una delle rarissime volte in cui la Lazio riuscì seriamente a mettere in serie difficoltà la Juventus. Certo, non è un grande risultati di cui vantarsi, ma è comunque un dato importante da cui ripartire per evitare goleade che possono distruggere quel pizzico di entusiasmo che la bella (e pazzesca) gara di Bergamo ha creato. Affrontare la Juventus non è facile per nessuno, ma Inzaghi è ambizioso, ha voglia di stupire. Simone è un grande sostenitore del 4-3-3 e difficilmente cambia, le ultime sette giornate dell’anno scorso e il lavoro svolto durante il ritiro ne sono la dimostrazione, ma stavolta potrebbe fare un’eccezione. Gli uomini non mancano, anzi rispetto a domenica scorsa avrà in più Bastos, un difensore centrale possente che potrebbe anche esordire. Anche se è appena arrivato e ad oggi ha un solo allenamento con i nuovi compagni. Oppure potrebbe riproporre Wallace. CI potrebbe essere quindi questa disposizione: al centro della difesa ci sarà de Vrij, pronto a guidare l’intero reparto, con Hoedt a sinistra e uno tra Wallace e Bastos a destra. Avrebbe fatto molto comodo Radu, ma il rumeno non è disponibile neanche per questo match e tornerà direttamente dopo la sosta. I due terzini fluidificanti diventerebbero in tal caso Basta e Lulic (tornato in gruppo).
BENTORNATO FELIPE – Per la difficile gara contro la Juventus Inzaghi fortunatamente riavrà a disposizione anche Felipe Anderson. Il brasiliano è tornato super carico dal trionfo con il suo Brasile alle Olimpiadi e non vede l’ora di aiutare la Lazio. Se sarà confermato il 4-3-3 o in caso di 3-4-3 Felipe Anderson giocherà di sicuro sulla fascia destra. In caso di 3-5-2 – scrive Il Messaggero – il fantasista brasiliano potrebbe eventualmente agire sulla fascia prendendo il posto di Basta, oppure (cosa più appropriata) agire dietro a Immobile. Da oggi e fino a venerdì il tecnico studierà le contromosse da adottare contro la Juventus. Speriamo siano mosse vincenti.

Attore, comico e drammaturgo tra i più amati del Novecento con la recitazione nel sangue. Figlio del celebre drammaturgo Eduardo Scarpetta, dal quale non venne riconosciuto, come i due fratelli Eduardo e Titina. Iniziò a calcare i palcoscenici di tutta Italia con loro, portando in scena diverse commedie scritte da lui. Dopo la dolorosa separazione del 1944 dovuta a dei dissapori con Eduardo, che li divise per sempre, cominciò la carriera di capocomico a teatro e come attore di spicco al cinema e in televisione.
Sul grande schermo con Totò formò la più celebre coppia comica della storia italiana, che ancora oggi continua a far sorridere con film come “Totò, Peppino e… la malafemmina” e “La banda degli onesti”. In tv creò il personaggio di Pappagone, umile servitore che si esprimeva in un gergo bizzarro e dagli effetti esilaranti. Peppino morì a Roma il 27 gennaio 1980, lasciando la sua eredità artistica al figlio Luigi che ne seguì le orme.
Accumoli, in provincia di Rieti nel Lazio, a pochi chilometri da Norcia e Amatrice. Proprio ad Amatrice si registrano i danni più gravi. Il sindaco Sergio Perozzi è intervenuto prima a Radio Rai e poi al telefono con Sky: “Il paese non c’è più. C’è gente sotto le macerie, temo morti”. La grave situazione è stata confermata dal responsabile della Croce Rossa locale che parla di almeno un ponte crollato e di una importante fuga di gas. La scossa fortissima è stata sentita anche a Roma. Molte le chiamate alla protezione civile e ai vigili del fuoco da tutto il centro Italia. In seguito nell’area si sono verificati altri movimenti sismici, con scosse di magnitudo 5,1 alle 4.32 e 5.4 alle 04.33 a 5 chilometri da Norcia.
Accertata una vittima ad Accumoli dove, inoltre, ci sono quattro persone (si
tratta di una famiglia con due bambini piccoli) sotto le macerie. Confermata anche la morte di una coppia di anziani coniugi a Pescara del Tronto, dove sono ancora in corso le ricerche di due bimbe bloccate sotto le macerie. Ad Accumoli, Amatrice e Posta, nel reatino, e ad Arquata del Tronto e a Pescara del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, si registrano i danni più gravi. Numerosi gli edifici crollati: la chiesa di Amatrice distrutta, l’ospedale inagibile. Crollato il campanile di Castelluccio di Norcia. Ad Amandola l’ospedale è stato danneggiato ed evacuato. I viglili del fuoco parlano di danni anche a Gualdo e Mogliano nel Maceratese. Attivi i numeri della Protezione Civile: 840840 e 803555. Una frana è avvenuta sulla parete Est del Corno Piccolo del Gran Sasso a 2433 metri.
Un’altra fortissima scossa di entità 5,4 si è sentita alle 4.34. Il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio parla di diversi feriti, crolli e danni ad edifici. Squadre di vigili del fuoco stanno arrivando sul posto da Lazio, Abruzzo, Toscana e Marche. Il sisma è stato avvertito in tutto il centro Italia, anche a Roma molti palazzi hanno tremato per due volte e per circa 20 secondi. La notizia si è diffusa rapidamente sui social. Le scosse sarebbero state in tutto diciotto in un’ora e mezza. L’ultima, di magnitudo 4,8. Cresce di ora in ora il numero degli sfollati.
Nel 1923 viene pubblicato il suo primo libro di poesie, “Fervor de Buenos Aires”, seguito due anni dopo da “Luna de Enfrente”. Nel 1925 Borges incontra Victoria Ocampo, la musa che riuscirà a portare all’altare quaranta anni dopo. Tra i due si stabilisce un’intesa intellettuale destinata a entrare nel mito della letteratura argentina. Nel 1929 escono i versi di “Cuaderno San Martìn” e, un anno dopo l’“Evaristo Carriego”. Una spada di Damocle incombe però sullo scrittore argentino: la cecità. Borges non ha mai goduto di una buona vista, ha subito ben nove operazioni per tentare di curare la grave disabilità ma alla fine degli anni ’50 diventa totalmente cieco.
Ma la malattia viene da lui utilizzata in senso creativo, la sua potenza visionaria riesce a sfruttare il terribile male, volgendolo in metafora e in materia letteraria. Il culmine di questa “sublimazione” si ha fra il 1933 e il 1934, quando Borges dà vita a trame che utilizzano la storia come falso, menzogna, parodia universale e plagio. I suoi racconti vengono pubblicati sulla rivista “Crìtica”: è la genesi della “Historia universal de la infamia” e della “Historia de la eternidad”. Nel 1938 muore il padre e inoltre lo scrittore resta vittima di un incidente che lo costringe per molto tempo all’immobilità dopo un attacco di setticemia che ne minaccia la vita.
Negli anni della malattia lo scrittore realizza alcuni tra i suoi capolavori, raccolti e pubblicati nel 1944 con il titolo di “Finzioni”. Cinque anni dopo escono i racconti di “Aleph”. Nel 1952 è la volta delle “Altre inquisizioni”. Nel 1955 viene nominato direttore della Biblioteca Nazionale. Con spirito borgesiano lo scrittore commenta così la nomina: “E’ una sublime ironia divina ad avermi dotato di ottocentomila libri e, al tempo stesso, delle tenebre“. E’ l’inizio di un lungo e fecondissimo tramonto che lo porta alla morte avvenuta il 14 giugno 1986. A fianco di Borges la sua seconda moglie, l’amatissima Marìa Kodama.