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Gazza, cuor di leone

22 Novembre 2012, è la notte di Lazio – Tottenham match di Europa League decisivo per passare il girone, partita non indimenticabile, ma comunque uno 0 a 0 che garantisce ai biancocelesti il passaggio del turno.

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La partita verrà ricordata però per un altro evento, decisamente unico.

Un brusio tambureggiante si leva in curva Nord, all’apparire di un gruppetto di persone in tribuna Monte Mario, all’interno di questo gruppetto, la Nord riconosce il suo eroe, è Paul Gascoigne.

Il gruppetto rimane in piedi ad osservare la curva e lo srotolarsi di uno striscione, che recita: Cuor di leone, puro talento, vero uomo, ancora il nostro eroe, bentornato Gazza”.

E’ un momento toccante, una leggenda biancoceleste torna all’Olimpico per salutare con un giro di campo i tifosi, che ancora una volta cantano per lui.

Commozione dunque, lo stesso sentimento che l’estroso centrocampista  mostrava nella semifinale mondiale di Italia ’90 contro la Germania Ovest, quello era il suo mondiale. Era il giocatore più giovane della competizione, portò l’Inghilterra in semifinale, cosa che non succedeva dal 1966. eppure Gazza piangeva, scoppiava in lacrime prima del triplice fischio, Gazza piangeva per un cartellino giallo, il quale gli avrebbe impedito di giocare la finale per squalifica. Quella finale non l’avrebbe giocata lo stesso perché l’Inghilterra perse ai rigori, ma quelle lacrime dicevano tanto, anzi dicevano tutto.

Ultimamente Sky.com, in un articolo che ripercorre i momenti più belli della carriera del centrocampista, lo ha definito funambolico. I laziali invece non lo etichettano, lo chiamano affettuosamente Gazza, perché per uno così non servono tanto le parole per descriverlo, quanto le immagini, tante immagini, quante ne ha regalate lui.

Si è rivisto quest’estate, ospite nella trasmissione Soccer AM, sorridente e spumeggiante come sempre. Scherza in trasmissione parlando del suo gol contro la Scozia nell’europeo del 1996. Una pioggia di critiche verso Gascoigne dipingevano l’atmosfera della vigilia di quel derby storico. Lui non rispose a parole, rispose sul campo. Minuto ’79, il numero 10 controlla il pallone e si lancia verso la porta scozzese, sombrero di sinistro al difensore Colin Hendry, che rimane con il volto all’insù a guardare il soleggiato cielo di Wembley, destro al volo, un bolide sul primo palo, Andy Goram, estremo difensore scozzese, può solo accasciarsi. Inghilterra 2 Scozia 0. Il giorno dopo il Daily Mirror titolerà: “Scusi, signor Paul Gascoigne.”

Gascoigne arriva a Roma nell’estate del ’92 per 15 miliardi di lire, andrà via nel 1995, 6 reti in 47 incontri. Ai più cinici verrebbe da dire: “Tutto qui?”, in questo caso voi lasciateli parlare, proprio come faceva lui.

Credo sia impossibile descrivere una figura calcistica così unica, se non farlo con un fiume d’immagini, quelle immagini che tanto hanno fatto divertire, che hanno regalato emozioni ai tifosi, perché questo è stato Gascoigne, e questo è il calcio, un emozione, forse la più bella, che è la voglia di giocare.

E allora via:

il numero 10, le finte e le corse a perdi fiato, gli scherzi a tutti, arbitri compresi, lo show davanti alle telecamere, motorini, innaffiatoi, linguacce, tuffi nelle pozzanghere… e quel gol di testa, a tre minuti dalla fine,  Roma riacciuffata sul 1 a 1, un’altra corsa a perdi fiato, sotto la Nord.

 

Lorenzo Centioni

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