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Gregucci: “La Lazio può arrivare quarta. Anderson? Non capisco la sua tristezza”

Intervistato da Radiosei, l’ex difensore biancoceleste Angelo Gregucci ha parlato del campionato della Lazio: “Sotto il profilo dei risultati anche oltre le possibilità. È una squadra che ha buon potenziale con giovani interessanti. Con qualche dubbio, penso alla competizione che ha squassato la seconda stagione di Pioli dopo aver esaltato la prima. Keita è un titolare importante, se è convinto che non ha competitor può diventare tra i migliori, Felipe se toglie l’arteria di tristezza nell’atteggiamento, con un calcio più allegro diventa un profilo più interessante. In difesa con de Vrij, la cui grandezza abbiamo compreso l’anno scorso che non c’era, hai tutto per fare un campionato da 4°, 5° posto, ottimo se riesci ad arrivare tra le prime tre in Champions. Si può cercare il grande bersaglio valorizzando anche giovani come Cataldi e Milinkovic”.

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Dal campo alla panchina, il pensiero su Inzaghi: “Simone ha mostrato sicuramente molto entusiasmo e ha l’appoggio di tutti che lo conoscono a fondo. Con unità di intenti si può fare una stagione di grande valorizzazione, ma bisogna ripartire da un presupposto: ristrutturare il nostro settore giovanile perché la Roma ha tanti profili in giro non attesi come Caprari, Politano, Mazzitelli e Pellegrini che hanno dimostrato di valere. Negli ultimi anni i talenti italiani non sono nati senza una gamba, sono di valore quindi serve equilibrio nell’attenderli. Se il calcio italiano non si riforma vai incontro ad una Waterloo sportiva”.

L’esplosione di Milinkovic ha un po’ messo in ombra Danilo Cataldi: “Da lui ci aspettavamo un salto di qualità veemente che non c’è stato, ma lui deve decidere cosa vuole essere, serve personalità. Cataldi non era un fenomeno, perché il Crotone ne ha lanciati tanti: sospendo giudizio perché deve marcare la sua carriera in modo più netto. Milinkovic invece è un centrocampista offensivo in evoluzione con grande capacità di inserimento. Può sopperire alla lentezza anticipando i tempi di gioco, può essere interno o giocare sotto la prima punta. I giocatori così li compri e speri di rivenderli. Ripeto, serve pazienza con questi ragazzi”. Sempre in tema giovani, un pensiero anche su Felipe Anderson: “Non credo che 10 metri di differenza siano determinanti, ma allungando la sua gittata di corsa si rischia di sbagliare: meglio dal centrocampo in su. Bisogna convincerlo che può diventare un patrimonio del calcio. Se hai quel patrimonio bisogna vedere quanto l’umore incida nel tuo calcio. Hai 21 anni, giochi a pallone, guadagni: dimmi dove abita la tua sfortuna? Bisogna spiegare al brasiliano che le difficoltà della vita sono altre. Ambiente, educazione e altro ti devono consentire di alzare l’asticella”.

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