martedì, Aprile 30, 2024

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L’Italia europea “affonda” con la Lazio – Non accadeva da decenni

La “barbina” uscita della Lazio di Pioli dall’Europa League è soltanto l’ultimo dei mattoncini che completa ed erge un muro di vergogna e sdegno sportivo del quale “tutta” l’Italia dovrebbe farsi carico. L’unica squadra che sentiamo di difendere è la Juventus che è uscita dignitosamente contro il Bayern Monaco, dopo aver lottato fino alla fine.

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Zero squadre ai quarti di Champions League. Zero squadre ai quarti di Europa League. Potremmo non scrivere altro per far percepire l’amarezza ed un silenzio eloquente, intriso di delusione e sgomento.

L’Italia del pallone in Europa non conta più nulla. Passi l’oggettiva superiorità in fatto di introiti, sponsor, diritti tv e incassi domenicali, quello che da questa edizione di tornei si è evinto è stata la totale mancanza di approccio mentale. Un misto di disorganizzazione e apatia, che hanno portato squadre come lo Sparta Praga ieri sera, ad affondare sogni (pochi), e speranze (irrisorie), della Lazio. La Banda di Lotito è stata il “dulcis in fundo” del carretto delle belle speranze italiane che male si è approcciato alle competizioni europee quest’anno e che ancora peggio è uscito, mestamente. La pochezza della Lazio la si vede nello strapotere mostrato sul campo da parte della piccola “realtà” ceca (con tutto il rispetto ovviamente) che torna a casa espugnando Roma con tre “pere” regalo a Marchetti e la qualificazione in tasca.

FEEDBACK – Dovessimo guardarci indietro per andare a pescare un’annata peggiore di questa (difficile) o quanto meno che eguagli i risultati negativi, dovremmo risalire la china agli 2000/2001. Gli anni d’oro del calcio italiano moderno, potremmo dire. Le chiamavano sette sorelle e spodestavano squadre europee come fossero troni abbandonati. C’era il Parma di Thuram, Buffon, Cannavaro e Di Vaio. La “Super” Inter di Ronaldo, Vieri, Javier Zanetti e Recoba. Presente la Roma, poi scudettata del giovanissimo Totti, di Batistuta, Nakata e Montella. Passando poi per altre squadre che avevano un ruolo di “bestia” nera per tutte le rivali, quali Fiorentina, Perugia e Udinese. Il Milan uscì contro quel Deportivo che ancora oggi i rossoneri sognano negli incubi di una notte di mezza estate.

E la Lazio? La squadra, allora di Eriksson e Cragnotti, due a cui oggi stenderemmo tappeti rossi pur di rivederli tra le fila dell’organigramma laziale, quell’anno cadde contro il Leeds, il Real Madrid e l’Anderlecht. Il caso vuole che la Lazio di quegli anni fosse l’ultima ad essere rimasta in Europa, proprio come la compagine sbiadita, sfilacciata e anaffettiva di adesso.

Ma è solo una coincidenza, i tempi sono cambiati, le rose sono cambiate, e soprattutto le gerarchie dirigenziali sono cambiate.

Prima c’era Sergio Cragnotti, adesso c’è Claudio Lotito.

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