“Tutte le strade portano a Roma è un proverbio della cultura popolare italiana. Il proverbio trae origine dall’efficiente sistema di strade dell’antica Roma, su cui in buona parte si basa l’attuale sistema viario italiano. Molte strade consolari partivano da Roma e quindi, se prese in senso contrario, “portavano a Roma” ed oggi sono identificate con: Aurelia, Cassia, Flaminia, Salaria, Tiburtina, Casilina, Appia, Ostiense.
Il gruppo di ricerca del Moovel Lab (con sede a Stoccarda, in Germania) però, ha dimostrato che il proverbio dice il vero: veramente tutte le strade portano a Roma. Il gruppo tedesco (che si occupa di studiare, con dati e algoritmi, la mobilità e i trasporti) ha provato infatti a rispondere alla domanda: “Tutte le strade portano a Roma?”. Sul sito del progetto è spiegato che la domanda – appunto una sorta di modo di dire, derivato dai tempi in cui Roma era capitale di un impero – tormentava da un po’ di tempo Benedikt Groß, uno dei membri di Moovel Lab, specializzato in scienza computazionale, cioè la materia attraverso il quale si cerca – in estrema sintesi – di usare la potenza di calcolo ed elaborazione dei computer per rispondere a domande altrimenti impossibili. Sfruttando software di calcolo, mappe e programmi di elaborazione grafica è riuscito a visualizzare tutte le principali strade che da circa 500mila punti di partenza in Europa portano a Roma.
Per realizzare le mappe Moovel Lab ha racchiuso l’Europa in una griglia di circa 26 milioni di chilometri quadrati e ha individuato in quel reticolo circa 486mila punti di partenza. Usando dei software ha poi calcolato la migliore strada che da ognuno di questi punti permette di raggiungere Roma. Il risultato sta in una mappa in cui le strade sono rappresentate con un tratto più o meno marcato: più è marcato più sono i percorsi che confluiscono in quel tatto.


Roma innalza il livello di allerta contro il terrorismo dopo la strage di Berlino e dopo l’uccisione a Milano di Anis Amri, l’attentatore che ha colpito in Germania. Doppiamente blindati i Fori Imperiali, militari con il mitra fissi davanti al Colosseo.
purtroppo però quando il Dio calcio decide di metterci lo zampino c’è poco da fare. Grazie alla prodezza del suo centrocampista i neroazzurri si sono ritrovati improvvisamente in vantaggio e si sono poi rivelati abili ad approfittare, con un rapido 1-2, del disorientamento in cui purtroppo si sono ritrovati i ragazzi di Inzaghi. Peccato, perché se fosse entrato il nostro eurogol (quello di Felipe Anderson) o almeno una delle azioni create nel corso della prima frazione di gara, adesso molto probabilmente staremo parlando di un’altra partita. Invece è arrivata la sconfitta e con essa i soliti disfattismi che d’incanto riemergono dal lungo letargo a cui Inzaghi li aveva indotti. E’ il bello del calcio dicono. È vero che questa città è da sempre umorale, in grado di creare e bruciare idoli con la stessa rapidità con cui si beve un caffè, ma c’è un limite a tutto e, soprattutto, non si può scaricare sempre rabbia e frustrazione su chi sta in panchina.
girone d’andata. Deve migliorare sicuramente, non è perfetta, anzi…Purtroppo il fatto di avere una delle squadre più giovani della serie A ha tanti pro ma anche tanti contro. Inzaghi ha fatto debuttare ragazzi come Murgia e Lombardi che lo hanno ripagato segnando all’esordio, ma non può fare miracoli e non può trasformare il piombo in oro. E’ facile riempirsi la bocca di frasi fatte come “dobbiamo puntare sui giovani” se poi non si la pazienza di saperli aspettare neanche dopo la consapevolezza che sono forti. Signori mettetevelo in testa, gli Ibrahimovic qui sono utopia quindi cerchiamo di apprezzare quel tesoro che la rosa della Lazio (nonostante strategie dirigenziali lascino speso e volentieri a desiderare). Bisogna lavorare e a questo non può che pensarci Inzaghi, se poi il presidente e il ds Tare (almeno questa volta) si decidessero a supportare il proprio mister come merita diciamo che la cosa non ci dispiacerebbe affatto. “Dobbiamo accompagnare l’entusiasmo del nostro tecnico“,
Secondo quanto appreso dall’Ansa da fonti dell’antiterrorismo milanese, all’intimazione dell’alt, l’attentatore di Berlino non ha esitato: ha estratto la pistola, una calibro 22, e ha iniziato a sparare contro gli agenti, ferendone uno alla spalla, ma è rimasto ucciso nel conflitto a fuoco. L’identificazione dell’uomo ucciso a Sesto San Giovanni come Amis Amri, il killer di Berlino, è arrivata sia dai tratti somatici sia dalla comparazione delle impronte. Prima di morire l’uomo avrebbe urlato Allah akbar.
