Il tecnico della Lazio Primavera, Bonatti, è intervenuto a Lazio Style Radio, alla vigilia del match contro la Ternana, valevole per la Coppa Italia. Queste le sue parole:
“Domani non dobbiamo sbagliare, ci teniamo a questa competizione. Da anni la Lazio Primavera riscuote risultati e anche per questo onoreremo la competizione. Ho ancora qualche dubbio di formazione: la gara di sabato contro il Napoli ci ha tolto tante energie ma sono convinto che faremo una buona partita. Dobbiamo passare il turno. Non c’è stato alcun passo indietro, il percorso di questi due mesi di lavoro parla chiaro. C’è stata una crescita netta sotto tutti i punti di vista della squadra, non solo su quello caratteriale. Abbiamo giocato su un campo difficile che ha compromesso le nostre qualità offensive. Ci dispiace per quelle disattenzioni difensive che hanno influito sul risultato. Credo che l’obiettivo sia quello di fare tesoro degli errori per migliorare in futuro. Quando parlo di tempi lunghi non lo faccio per liberarmi di responsabilità, fanno parte del mio ruolo. Guardando i giocatori a disposizione, analizzando l’età, sono consapevole che ci vuole del tempo per mantenere le prestazioni ad un certo livello.
Ci vorrà ancora del tempo. Vedo dei passi in avanti anche sull’aspetto difensivo, ci stiamo lavorando da settimane. Non è una questione di sistemi di gioco, a me piace avere una superiorità numerica sulla zona difensiva per averla più coperta. Ho cambiato il centrocampo a 3 con un centrocampo a 2 per avere più copertura. Vediamo se il processo di crescita continuerà come mi auspico. Il campo di sabato penso abbia penalizzato gli esterni del Napoli, sono giocatori rapidi e forti tecnicamente, infatti si sono trovati in difficoltà. Inoltre anche noi ci eravamo preparati con degli accorgimenti particolari. Il campo però ha agevolato la linea difensiva partenopea: è un reparto solido e fisico. Analizzando le occasioni infatti, ai punti siamo stati alla pari. Noi abbiamo fatto la partita alla quale siamo stati costretti dalle condizioni del terreno di gioco. Peccato anche per le occasioni sprecate come quella di Bezziccheri all’89’. Si sarebbe parlato di un’altra partita in caso di pareggio, ma il mio compito è quello di analizzare la prestazione. Il risultato resta una componente determinante però. Bezziccheri è il giocatore che all’interno della rosa ha le maggiori capacità tattiche: denota grande intelligenza. Può essere impiegato in diversi ruoli, può fare la mezz’ala, l’interno, giocare dietro la punta e fare la seconda punta. Ci punto molto. Mi permette di cambiare in corsa le strategie. Ha la capacità di combinare il suo dinamismo tattico a quello fisico. Folorunsho ha qualità nell’inserimento, nello smarcamento tra le linee: sono tutte qualità che non ha perso. Ora sta migliorando sulla predisposizione al sacrificio. Va a raddoppiare dove gli avevo chiesto, ed è un motivo per il quale gli esterni del Napoli hanno faticato. Deve giocare più semplice e migliorarsi sulla gestione del pallone, se migliorasse anche in questi aspetti diventerebbe un giocatore completo. Contro la Ternana sarà una battaglia, si giocherà sulle seconde palle: sono le caratteristiche della squadra avversaria. Starà a noi giocarle bene. Dovidio? Voglio vedere giocatori sempre convinti quando non vedo questo non rimpiango un’assenza“.

Trascorre i suoi primi anni a Porto Recanati ma poco dopo riesce a convincere la mamma, Maria Salvina Dato, a portarla a Milano in cerca di fortuna nel mondo della musica. Nel 1962 nel capoluogo lombardo incontra il discografico Carlo Alberto Rossi e diventa una “ragazza ye-ye”, ossia una corista per brani twist e rock. Ma Domenica Bertè già a quell’età si ispira ad Aretha Franklin e il produttore la lancia nel 1963 con il suo primo 45 giri con il nome d’arte di Mimì Berté. L’anno dopo vince il Festival di Bellaria e si impone come promettente interprete grazie al brano “Il magone”. Nel 1969 si trasferisce a Roma, insieme con la madre e le sorelle.
Conosce Renato Fiacchini, anche lui aspirante cantante non ancora Renato Zero, e con la sorella Loredana si guadagna da vivere in diversi modi, non rinunciando però alla musica. È un momento delicato della sua vita, uno dei tanti. A confermarlo, sempre nel 1969, l’arresto per possesso di droghe leggere e i conseguenti quattro mesi di carcere a Tempio Pausania.
Sul retro di questo primo 45 giri c’è anche “Amore… amore… un corno”, brano scritto da un giovane Claudio Baglioni. Nel novembre del 1971 esce l’album “Oltre la collina”, che affronta temi come la disperazione e il suicidio. Anche in questo lavoro trova spazio il giovanissimo Baglioni in un paio di brani, mentre Lucio Battisti, attratto dalla sorprendente vocalità della “zingaresca” cantante, la vuole in televisione nello speciale “Tutti insieme”. Nel 1972 segue Alberigo Crocetta alla Ricordi di Milano, dove incide “Piccolo uomo”, brano di Bruno Lauzi con il quale vince il Festivalbar di quell’anno. Esce l’album “Nel Mondo” e riceve il Premio dalla Critica come miglior LP del 1972. Nel 1982 si aggiudica il Premio della Critica al Festival di Sanremo, il quale viene creato appositamente per quell’edizione con il fine di assegnarle un riconoscimento e che, dal 1996, si chiama “Premio Mia Martini”.
Il 1973 è l’anno della definitiva consacrazione: esce “Minuetto”, firmato Franco Califano e Dario Baldan Bembo, che risulta in assoluto il suo 45 giri più venduto. Vince di nuovo il Festivalbar, a pari merito con Marcella Bella. I suoi brani vengono tradotti anche in Germania, Spagna e Francia. Oltralpe, la paragonano alla leggendaria Edith Piaf. Nel 1974 con “È proprio come vivere” vince il Disco d’oro: un milione di dischi venduti negli ultimi tre anni. Nel 1975 la Rai le tributa il dovuto, con lo special “Mia”, in cui figurano anche Lino Capolicchio e Gabriella Ferri. Registra la cover “Donna con te”, e il referendum “Vota la voce”, indetto dal settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, la proclama cantante donna dell’anno.
Il matrimonio con la Ricordi si rompe ma la casa milanese cita in tribunale Mia Martini, che avrebbe sciolto in anticipo il contratto, e ottiene il sequestro di beni e guadagni oltre al pagamento di un’altissima penale. Passa alla Rca, e incide “Che vuoi che sia
se t’ho aspettato tanto”. In Francia, il famoso cantautore e attore francese Charles Aznavour la nota e la vuole con sé in un grande recital all’Olympia di Parigi, tempio sacro della musica francese. Lo spettacolo viene bissato al Sistina di Roma e nel 1977 Mia Martini viene scelta per rappresentare l’Italia all’Eurofestival con la canzone “Libera”, con la quale si piazza tredicesima in classifica, il singolo viene tradotto quasi in tutto il mondo.
Sono gli anni della relazione con Ivano Fossati, di cui si innamora durante la registrazione del disco “Per amarti”, in cui è presente il brano “Ritratto di donna”, che vince il premio della critica al World Popular Song Festival Yamaha di Tokyo. Con Fossati, Mia passa all’etichetta Warner e pubblica “Vola” e “Danza”, del 1979, che contiene i successi firmati dal cantautore “Canto alla luna” e “La costruzione di un amore”. Nel 1981 si opera alla corde vocali. Oramai è una cantautrice e l’album “Mimì” propone dieci brani quasi interamente autografi. Nel 1982 partecipa per la prima volta a Sanremo con il brano scritto da Fossati “E non finisce mica il cielo”. Sempre nello stesso anno realizza “Quante volte”, che ottiene un grande successo anche all’estero. Nel 1983 si ritira dalla scene a causa di una diceria che legherebbe alla sua presenza eventi negativi e che da alcuni anni si porta dietro.
Sono gli anni in cui si riavvicina a Loredana Berté: dopo molti anni in cui i rapporti erano rimasti freddi nel 1993 accetta di duettare a Sanremo con la sorella. Il brano “Stiamo come stiamo” però, non sfonda. Nel 1994 Mia Martini incide per la casa RTI Music “La musica che mi gira intorno”, in cui canta cover scelte tra i repertori di De André, De Gregori e Lucio Dalla. È, questo, solo uno dei suoi progetti dichiarati di reinterpretare canzoni di altri artisti, come Mina e Tom Waits. Proposito che però non avrà seguito. Il 14 maggio del 1995, a quarantasette anni, Mia Martini viene ritrovata morta nel suo appartamento di Cardano al Campo, in provincia di Varese. Da mesi soffriva di un fibroma all’utero ed assumeva dosi di farmaci anticoagulanti. Secondo la procura di Busto Arsizio però sarebbe morta a causa di un arresto cardiaco causato da un abuso di stupefacenti.
Nel 1952 sul set di “Africa sotto i mari” viene notata da Carlo Ponti – che in seguito diventa suo marito – che le propone un contratto di sette anni. Inizia così una carriera cinematografica che all’inizio la vede recitare in parti di popolana, come ad esempio in “Carosello napoletano” del 1953, “L’oro di Napoli” del 1954 e “La bella mugnaia” del 1955, e poi a Hollywood al fianco di star come Cary Grant, Marlon Brando, William Holden e Clark Gable. Oltre alla sua prorompente bellezza la Loren si è imposta anche per via della sua bravura. Non solo è divenuta una vera e propria icona ma ha anche ottenuto alcuni tra i premi più ambiti del settore: la Coppa Volpi nel 1958 per “Orchidea nera” e l’Oscar e il premio per la migliore interpretazione a Cannes per “La ciociara” del 1960.
Nel 1991 ha ricevuto l’Oscar, il César alla carriera e la Legion d’Onore. Dal 1980 si è parzialmente ritirata dai set cinematografici, dedicandosi alla televisione. Ha interpretato, tra gli altri, il biografico “Sophia: la sua storia” e il remake di “La ciociara” nel 1989. Nel corso della sua carriera è stata diretta dai più importanti registi, tra i quali André Cayatte, Charles Chaplin, George Cukor, Michael Curtiz, Sidney Lumet, Anthony Mann, Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola. I critici sono però concordi nel ritenere che fu con Vittorio De Sica (con il quale girò otto film), che formò un ideale sodalizio, spesso completato dalla indimenticabile presenza di Marcello Mastroianni.