Se dovessimo elencare tutti i trofei vinti in trentanni di presidenza Silvio Berlusconi al Milan, probabilmente ci perderemmo di casa. Elenchiamo i principali e più importanti riconoscimenti: 2 Coppe Intercontinentali, 5 Champions League, 5 Supercoppe Europee, 8 Scudetti, 1 Coppa Italia, 6 Supercoppa di Lega. Solo per citare i più importanti.

Il 20 Febbraio 1986, l’imprenditore milanese, rilevò la società che in quel tempo era fortemente indebitata e durante la campagna di rafforzamento la fortificò con acquisti di qualità. L’arrivo dei tre tenori olandesi (Van Basten, Rijkaard e Gullit), portò alla squadra le basi tecniche, che furono “esaltate” con l’aiuto, di quello che poi sarebbe diventato un grande maestro di calcio, Arrigo Sacchi (subentrato a Nils Liedholm). Il tecnico di Fusignano voleva portare l’idea di un calcio “assoluto”, con l’impegno, la dedizione ed il sacrifico come comandamenti principali.

Nel giro di 5 anni il Milan creato da Berlusconi e consegnato a Sacchi vinse tutto in Italia e in Europa, andandosi ad iscrivere ufficialmente tre le squadre, della storia del calcio mondiale, con il miglior gioco espresso e praticato sul campo. Non solo riconoscimenti alla squadra ma anche ai singoli, con Palloni d’Oro e Fifa World Player, che in quel periodo si palleggiavano in punta di piedi i vari Baresi, Gullit, Rijkaard e Van Basten, con quest’ultimo che alla fine del suo prematuro ritiro a causa dei ripetuti infortuni, aveva nella casella dei titoli personali vinti la voce 3.
L’era si interruppe nel 1991 nella famosa “notte dei lampioni”, quarto di finale di Champions League, quando a Marsiglia, per via di un faro spento durante la partita, la squadra fu ritirata da Adriano Galliani e non fu più fatta tornare a giocare. Partita persa a tavolino e declino fino all’esonero del tecnico a fine stagione.
Dopo Sacchi altri grandi maestri e tecnici illustri ebbero la fortuna
di poter vincere e ritagliarsi un posto tra le glorie rossonere. Fabio Capello, inizialmente etichettato come “yes man” dei vertici societari, poi fondatore del “Milan degli Invincibili”, portò alla vittoria di 4 Scudetti (uno dei quali senza perdere una partita durante tutto il campionato), 3 Supercoppa Italiana, una Coppa dei Campioni (due finali perse, nel ’93 e nel ’95) e una Supercoppa Europea.
Alberto Zaccheroni nel 1998 vince il tricolore al termine di una battaglia, durante il girone di ritorno, contro la Lazio. La squadra riuscì nell’impresa di recuperare punti su punti. Sorpasso compiutosi alla penultima giornata (la trentatreesima) quando i biancocelesti, già sconfitti dalla Roma e dalla Juventus al ventottesimo e ventinovesimo turno, vengono fermati da un pareggio a Firenze mentre Milan-Empoli termina 4-0.

Dal 2001 al 2007 l’era Ancelotti porta nuova linfa e trofei in casa rossonera, con un ciclo che è diventato il più recente “feedback” positivo dei successi del Milan. Due Champions League, uno Scudetto, due Supercoppa Europea, un Mondiale per Club, una Supercoppa italiana e una Coppa Italia. Per non dimenticare il Pallone d’Oro assegnato all’attaccante ucraino Andriy Shevchenko.
L’ultimo trofeo di prestigio vinto nell’era berlusconiana risale allo Scudetto del 2010 con Massimiliano Allegri come guida tecnica. L’allenatore toscano porta in cascina anche una Supercoppa italiana.
In tutti questi anni il presidente Berlusconi ha sempre mantenuto alto il “termometro dell’Hype”, in quanto da sempre estimatore assoluto dei successi sportivi e dell’ambizione, e non sono mancati i cali di concentrazione di alcune guide tecniche, incapaci di gestire la sua “goliardia” sportiva.
Noi ci limitiamo a parlarne “soltanto” dal punto di vista sportivo in quanto il “politichese” non è nelle nostre corde. Gli ultimi 5 anni hanno fatto un po’ appannare le lenti a tutti quei tifosi che erano abituati (anche fin troppo bene) ad alzare coppe e trofei come fossero ceste di natale. Questa nostra celebrazione, per rendere omaggio ad uno sportivo che se preso come tale, non può che risultare tra le personalità calcistiche italiane più di spicco in circolazione. Lui che in 30 anni ha portato a casa ben 28 trofei. Punto.

Il vero problema di Konko sono da sempre gli infortuni, grande neo dell’ex Genoa, che si è visto negli anni ha visto affibbiare dai tifosi laziali, alcuni soprannomi riguardanti la sua “delicatezza”: Crystal konko e konkomodo(per il tempo impiegato nel rientro da ogni infortunio). I recuperi troppo lenti hanno evidenziato ancor di più, agli occhi dei sostenitori laziali, l’indolenza di questo ragazzo. Dal suo arrivo a Roma (1 luglio 2011) Konko ha saltato per infortuni di varia natura ben 73 gare, praticamente 2 campionati interi, incidenti fisici che lo hanno tenuto ai box complessivamente 401 giorni. Nell’ultimo mercato di agosto, si è ripetuta la situazione dell’estate precedente, la Lazio dopo la cessione di Cavanda decise di puntare su Patric come riserva da far crescere al fianco di Basta. Un giovane della cantera del Barcellona preferito all’ormai dimenticato Konko. Ma dopo un inizio in panchina, ha capovolto le gerarchie iniziali, che lo vedevano partire nuovamente da terza riserva. Complice l’infortunio di Dusan Basta e l’abnegazione vista da Pioli durante la settimana riesce a ritagliarsi il posto tra l’undici iniziale, con prestazioni di livello conquista nuovamente ed incredibilmente tutti, anche nelle partite in cui la squadra ha deluso il pubblico a lui non è stato possibile rimuovere alcuna critica.
Ha messo insieme sino ad ora 19 gare giocate (1610 minuti), con lui in campo la Lazio ha perso soltanto 2 volte(Napoli in campionato e Juventus coppa italia) sulle 19 giocate dall’esterno. Numeri che, date le prestazioni offerte, sono pronti a crescere. Konko è improvvisamente, dopo anni, un calciatore rigenerato a 4 mesi dalla scadenza del contratto. Le domande che si stanno ponendo nell’ambiente laziale sono diverse: sarà magari il volere del ragazzo che spera in un rinnovo? Forse è solo il destino che non vuole, in un modo o nell’altro, dividere le strade di Konko e della Lazio? Come scrisse Lorenzo de’ Medici (detto “il Magnifico”) “del doman non v’è certezza”, ma quello che adesso si può affermare con convinzione è che, seppur incredibile Konko è diventato insostituibile…
Italia, Perù, Giappone e Corea del Sud sono le squadre che si giocheranno la vittoria finale del primo Campionato mondiale di calcio per persone affette da disturbi mentali, The World Craziest Cup. Il campionato mondiale prenderà il via dal 23 al 29 febbraio a Osaka, in Giappone. L’avventura della squadra italiana è sostenuta quasi esclusivamente dall’impegno volontario e dalle donazioni via web. La squadra è allenata da Enrico Zanchini (ex giocatore di calcio a 5 in serie A1) e il preparatore atletico è l’ex pugile campione mondiale Vincenzo Cantatore. I giocatori sono dodici pazienti psichiatrici, tra cui due donne, provenienti da tutta Italia, tra i 24 e i 50 anni.
Tutta la loro avventura – allenamenti, selezioni, tappe, le partite in Giappone – finirà nel documentario “Crazy for football“, di Volfango De Biasi (autore di commedie come Natale col boss), prodotto da Sky Dancers. Un esperimento “valido anche dal punto di vista sociale perché fa diminuire l’uso dei farmaci e i ricoveri”, spiega Santo Rullo, presidente dell’Associazione Italiana di Psichiatria Sociale, uno dei medici che da 25 anni lavorano sull’idea del recupero dei pazienti anche attraverso questa esperienza, con tanto di squadre create dalle Asl, tornei, campionati locali e nazionali. Anche all’estero hanno ripetuto l’esperienza in vari Paesi, fino ad avere sui cinque continenti, migliaia di squadre. “Ora che siamo arrivati ad avere anche il primo campionato mondiale – aggiunge il dottore – speriamo di sensibilizzare su come sia necessario far uscire i malati dall’isolamento che creiamo loro intorno”. Poi aggiunge: “Del resto non sono pochi gli sportivi che hanno avuto disturbi psichiatrici. Dal campione di nuoto Michael Phelps, ricoverato varie volte per depressione, a David Beckham, che ha rivelato di avere un disturbo compulsivo grave. Quest’ultimo era anche disposto ad apparire con la nazionale del suo Paese se fosse venuta a questi mondiali, ma all’ultimo la Gran Bretagna e la Germania per ragioni di regolamento hanno preferito non partecipare”.
Anche il regista del documentario, Volfango De Biasi, ha espresso la sua considerazione sull’esperienza: “Mandare 12 persone fra decine di migliaia di pazienti è già un primo passo importante per attirare l’attenzione sul disagio mentale. Io sono particolarmente sensibilizzato sul tema, perché sono figlio di una paziente psichiatrica. Non c’è niente di cui vergognarsi. Più una cosa viene nascosta più fa paura”. Inoltre non risparmia un’accusa rivolta alle istituzioni pubbliche per la scarsa attenzione rivolta a questa iniziativa: “Santo sta praticamente finanziando tutto da solo, e con le donazioni via web alla onlus Strade. Almeno la Federazione Gioco Calcio Italiano ci darà le magliette blu della Nazionale”.
I suoi tifosi hanno esposto la Estelada, ovvero i vessilli della Catalogna. Cosa che non è andata giù all’UEFA che non riconosce tale indipendenza e tale stemma. Inflitta una multa di 40mila euro al club. Ma la società blaugrana sta facendo di tutto per difendere i suoi sotenitori in nome della “libertà di espressione e di pensiero“, principio cardine in ogni società democratica. Ed è qui che si sta giocando la battaglia tra le due parti. Un caso molto spinoso che potrebbe dilagare in tutta la Spagna, ma anche in altre parti d’Europa. Fatto sta che, a nostro parere, la libertà d’espressione è sacrosanta e intoccabile.
La finale odierna ha visto la nostra Sara Errani prevalere 6-0 6-2. Risultato dovuto ad una giornata perfetta della nostra atleta e di una molto sottotono per la ceca. Il primo set è un monologo dell’azzurra. Anche il secondo set, leggermente più combattuto, ha visto la Errani grande protagonista. Per la Strycova una giornata da dimenticare, mentre per la nostra tennista una grande prova. La Errani, grazie al successo conseguito – il nono in carriera – da lunedì prossimo salirà al numero 17 della classifica generale femminile.