Sulle frequenze di Radio Incontro Olympia è intervenuto il portiere del Cagliari Marco Storari, il quale ha parlato della stagione dei sardi e della situazione portieri in casa Lazio.
Storari è soddisfatto del pareggio interno contro la Roma: “Dopo la sconfitta alla prima giornata a Marassi contro il Genoa, contro la Roma al Sant’Elia non potevamo sbagliare. La mia esultanza dopo il pareggio rimonta ottenuto contro i giallorossi è figlia della voglia di non perdere davanti ai nostri tifosi. Il Cagliari, dopo un grande mercato svolto dalla società, si salverà, grazie anche all’esperienza ed alla qualità del gruppo“. Sulla Lazio e la scelta di Marchetti come titolare: “La Lazio si giocherà le sue carte per arrivare in Europa, ha puntato su Marchetti in porta e Immobile in attacco, garantendosi il presente programmando il futuro con Berisha che rientrerà dal prestito all’Atalanta. Federico in porta era e resta una certezza, mentre con Ciro ho giocato nella Juventus, è un attaccante sempre pericoloso che per un estremo difensore come il sottoscritto è sempre difficile studiare e prevedere“. Infine un pronostico sul campionato: “Lo rivince la “mia” Juve, la Roma ha grandi individualità, Strootman su tutti, ma il gap con i bianconeri è ancora troppo ampio… Per la salvezza del Cagliari e lo scudetto della Juventus firmerei“.

Figlio d’arte e con una nonna insegnante di dizione ha iniziato a frequentare le sale di doppiaggio ad appena cinque anni, quando diede la sua voce al bambino di “Roma città aperta”. Era proprio la nonna che da dietro le quinte gli insegnava le battute. Crescendo si è dedicato al teatro, dove è apparso accanto a Walter Chiari, e soprattutto al cinema, non soltanto come doppiatore. Ha preso parte a un gran numero di pellicole a basso costo, in particolare i cosiddetti “musicarelli”, dove compariva spesso nei panni dell’amico del cuore del cantante di turno. In tenera età, ebbe il primo ruolo di rilievo nel 1943, a soli tredici anni, in “Gian Burrasca”.
Nato a Saluzzo, in prov. di Cuneo, il 27 settembre del 1920. Suo padre era un ufficiale dei carabinieri, vicecomandante generale dell’Arma come poi il figlio. Carlo Alberto ha passato la sua vita a combattere la malavita del nord, la mafia siciliana e le brigate rosse, entrando nell’arma dei carabinieri all’età di 22 anni. Il suo primo incarico è in Campania, dove si trova alle prese con il bandito La Marca. In occasione del terremoto del Belice, nel 1968, organizza i soccorsi. A quei tempi la protezione civile ancora non esisteva e per ringraziarlo i comuni di Gibellina e Montevago gli assegnarono la cittadinanza onoraria.
Viene trasferito poi in Sicilia. A Palermo il 16 settembre del 1970 scompare il giornalista Mauro de Mauro e il 5 maggio 1971 viene ucciso il procuratore Pietro Scaglione. Dalla Chiesa indaga e tira fuori una mappa dei nuovi e vecchi capimafia siciliani, in cui per la prima volta ci sono nomi che torneranno spesso nelle cronache di fatti mafiosi allora sconosciuti: Frank Coppola, i cugini Greco, Tommaso Buscetta, Gerlando Alberti. Nel 1973 Dalla Chiesa diventa generale e assume la guida della divisione Pastrengo a Milano, c’è da fronteggiare l’era del terrorismo rosso. Dopo il sequestro del giudice Sossi a Genova, il generale infiltra nelle br un suo uomo, Silvano Girotto, detto “frate mitra”, e arresta i padri del brigatismo, tra cui Renato Curcio e Alberto Franceschini.
Nel 1975 i carabinieri di Dalla Chiesa, durante un’operazione per liberare l’industriale Gancia, uccidono la moglie di Curcio, Margherita Cagol. Tempo dopo il generale riprende Curcio e altri brigatisti evasi dal carcere di Casale Monferrato. E’ sua l’idea di rinchiudere i brigatisti nelle carceri di massima sicurezza (Cuneo, Asinara, Trani, Favignana, Palmi). Nel 1981 Dalla Chiesa diventa vicecomandante dell’Arma e, successivamente, il 2 maggio 1982 assume la nomina di prefetto a Palermo, dove solo quattro mesi dopo verrà ucciso.