L’ex centrocampista biancoceleste Gabi Mudingayi è intervenuto sulle frequenze di Radio Incontro Olympia per parlare della stagione della Lazio, con un occhio rivolto al futuro della compagine con l’aquila sul petto.
Mudingayi non ha giocato nell’ultima stagione: “Adesso mi sto allenando. Ho perso un anno per via di tante cose non andate in porto. Adesso con il mio procuratore sto cercando una sistemazione, a 34 anni ho ancora tanta voglia di giocare, non voglio smettere. Amo il calcio, non è una questione di soldi, voglio dimostrare di essere ancora integro e poter essere utile“. Il centrocampista vuole rientrare nel calcio che conta: “Ripeto non è una questione di soldi, sarei disposto anche a fare un provino per dimostrare la mia integrità fisica, o anche a essere pagato in base alle presenze“. Sulle emozioni vissute con la maglia della Lazio: “Io ho avuto la fortuna di giocare in varie occasioni in un Olimpico pieno, come nei derby o in Champions contro il Real. La Lazio ha una tifoseria pazzesca. Alla Lazio stavo veramente bene, mi è dispiaciuto non essere rimasto e forse non aver dato qualcosa in più. I tifosi mi ricordano ancora con piacere, con me sono stati sempre meravigliosi“. Riguardo il presunto razzismo dei tifosi della Lazio: “Ricordo che prima di firmare con la Lazio avevo paura di questa cosa, perchè in molti mi dicevano che c’era questo problema. Ma dal primo giorno che ho messo piede nella Lazio fino a quando sono andato via non ho mai avuo alcun tipo di problema, non c’è mai stato un episodio di razzismo nei miei confronti, mai una frase fuori posto. Il tifoso laziale non è così come lo descrivono“. Riguardo il rebus allenatore della Lazio: “Tutti i nomi che si sono fatti sono grandi nomi. Inzaghi lo conosco di persona, è un ragazzo intelligente e mi farebbe molto piacere se restasse alla Lazio anche perchè conosce molto bene l’ambiente. Prandelli e Ventura hanno fatto grandi cose e potrebbero fare molto bene in una piazza come quella della Lazio“. Sulla difficile stagione biancoceleste: “Quest’anno la squadra non è andata come ci si aspettava. Probabilmente è subentrato qualcosa nella testa dei giocatori, anche perchè erano più o meno gli stessi della stagione precedente. Nel calcio ci sono tanti fattori, chi indossa la maglia biancoceleste deve sapere che è in una squadra importante e deve dare il massimo“. Infine a Mudingayi viene chiesto se fosse stato più contattato dalla Lazio dopo il suo addio: “Non ho più sentito nessuno della società, io ho sempre dato la priorità alla Lazio, anche quando mi cercavano Inter, Milan e altre squadre importanti dicevo al mio procuratore che sarei tornato di corsa a Roma. Comunque io tifo Lazio e seguo sempre la squadra con grande passione“.

Nasce a Washington ma a causa dei trasferimenti del padre, ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti, si sposta di continuo con la famiglia. Visse in Germania per sette anni, in Giappone per tre, in Texas, in Oklahoma e in molti altri posti. All’età di 16 anni rimane orfano di padre, malato di cuore e deceduto in seguito a un infarto. La perdita del genitore lo segna in modo particolare anche perché nell’ultima settimana di vita aveva avuto modo di avvicinarsi al padre che, per molti anni, era stata una figura assente. Assieme alla madre e al fratello si trasferisce in Virginia del Nord dove vennero ospitati da uno zio per un breve periodo. Divenne un alunno ribelle e anticonformista. Scriveva articoli contro la guerra, l’ipocrisia religiosa e la segregazione. Trascorse un periodo travagliato: si ammalò di ulcera, che i medici sbagliarono a curare; Donna, la ragazza di cui era innamorato, lo lasciò, e lo zio si suicidò. Il suo instabile equilibrio interiore precipitò. Pensò di suicidarsi ma non ci riuscì. Allora tornò dalla madre e le disse: “Ho provato a uccidermi. È meglio che mi ricoveri in un ospedale psichiatrico”. Viene ricoverato e dopo aver lasciato l’ospedale decide di entrare a medicina. Ma furono anni difficili: l’ambiente accademico di quel tempo non accettava il modo con cui Patch curava i pazienti.
Entrava nei reparti senza autorizzazione già dal primo anno di università per stare vicino a dei malati terminali o a bambini in gravi condizioni di salute, presentandosi in modo comico e originale. Venne accusato di “troppa allegria” e minacciato di espulsione. Di fronte alla commissione che lo doveva giudicare, Adams pronunciò un discorso che lo rese celebre. Nel 1971 riuscì a ottenere la laurea. Nel 1975 sposò Linda Edquist, volontaria della clinica al Virginia Commonwealth University e conosciuta all’ultimo anno di medicina, da cui ebbe due figli; nel 1998 divorziò.
Dopo essersi laureato entrò a lavorare all’ospedale della Georgetown University. Patch Adams trasformò la casa in cui viveva in una clinica. Assieme a un gruppo di volontari, in dieci anni, prestò cure gratuite a circa 15mila malati senza chiedere compensi di qualsasi natura perché convinti che la guarigione doveva essere un interscambio umano amorevole e non una transazione commerciale. Nel 1977 acquista un terreno nel North Carolina dove progetta di costruire una clinica vera e propria. Vista dall’alto nelle intenzioni di Patch Adams la costruzione doveva sembrare la sagoma di un clown. A questo scopo fondò il Gesundheit! Institute (in tedesco salute).
Nel 1983 sulla rivista Prevention apparve il primo articolo sul Gesundheit! e ciò contribuì ad aumentare la notorietà del “metodo Patch“. Inizia a tenere conferenze e seminari sui suoi progetti e sulla sua filosofia della guarigione e attraverso anche presentazioni teatrali inizia a raccogliere fondi per le spese di sopravvivenza. Nel 1985 va in Unione Sovietica, dove poi ritornò spesso; l’anno successivo si recò presso l’Università nel Minnesota ad un convegno sulla medicina preventiva e il suo intervento ricevette la valutazione migliore. Nell’89 si recò in Georgia per un altro convegno. Il suo messaggio si diffondeva per radio e televisione. Riceveva decine di migliaia di lettere da persone che volevano incoraggiarlo ed aiutarlo e lui rispose ad ognuno. Il suo impegno nel sociale lo rese famoso in tutto il mondo, al punto che gli è stato dedicato il film “Patch Adams“, interpretato da Robin Williams, che ne romanza la vita rispettando in buona parte episodi realmente accaduti. Nel 1997 Adams riceve un premio per la Pace. Il 20 aprile 2007 gli viene conferita la laurea honoris causa in pedagogia dall’Università di Bologna.
Ian Lancaster Fleming è nato a Mayfair, a Londra, il 28 maggio 1908. Di famiglia aristocratica, figlio di Valentine Fleming, deputato conservatore e ufficiale della Riserva.
Le sue particolari passioni si concretizzano nella fondazione del club “Le Cercle”, dedicato al culto della gastronomia e del gioco d’azzardo (la prima apparizione di James Bond avviene nel film “Licenza di uccidere” proprio all’interno del club citato). Nel 1939 entra a fare parte del servizio segreto della Marina britannica, dove dirige una serie di operazioni che diventeranno in seguito la base delle esperienze riportate nelle avventure di James Bond. Nel ’52 sposa Anne Geraldine Rothermere, Contessa di Charteris. Durante il viaggio di nozze scrive il suo primo libro con protagonista il famoso agente segreto: “Casinò Royal”. In tutto scriverà dodici romanzi oltre a due raccolte di racconti su 007, un libro inchiesta sul traffico internazionale di diamanti e un romanzo intitolato “Chitty Chitty Bang Bang”. Morì il 12 agosto 1964 a soli 56 anni a causa di un attacco cardiaco.