Il film dedicato a George Best, uscito nel 2000, aveva alcuni momenti efficaci ed altri meno. Sarà che ad interpretarlo c’era John Lynch, maschera grottesca di “Sliding Doors” che non sembrava proprio adatto per gli scoppi di volontà di Georgie. Nella scena finale però, quando la polizia viene ad arrestarlo per aver guidato ubriaco, prelevandolo nel suo appartamento, Best scappa via per qualche metro, sfuggendo per pochi secondi ai poliziotti che non riescono a placcarlo. Immagine perfetta per un talento che solo per pochi attimi riesce a sfuggire ai fantasmi della sua vita, la dissennatezza, la sregolatezza, ma sopra di tutto l’alcol.
Una raffigurazione che cadrebbe a pennello su quanto sta accadendo a Paul “Gazza” Gascoigne. Il “nostro” Gazza, perché alla Lazio ce lo immaginiamo sempre come in quel Pescara-Lazio, capace di dribblare mezza squadra avversaria e andare in porta da solo. Esattamente come il Best del film, solo col pallone ai piedi Gazza è stato invincibile, spesso anche più forte di quella sfortuna che continuava a spezzargli le gambe (non metaforicamente parlando) e ad impedirgli di superare in dribbling i suoi demoni sul campo da gioco.
Basta aspettare qualche mese, poi la notizia che rimbalza, molto spesso partendo da internet, è sempre la stessa. Gazza ci è ricascato, Gascoigne è messo male, le foto di Gascoigne a pezzi. E fa male vedere in questo stato quello che è stato forse l’ultimo giocatore a incarnare il vero, folle spirito dei laziali, quasi al limite dell’autodistruzione. Un limite che Gazza ha oltrepassato però troppe volte, e la paura che quella notizia dica un giorno qualcosa di più, qualcosa che nessuno vuole sentire, è sempre più grande.
Chissà se qualcuno ha mai pensato davvero se la Lazio, non intesa come società ma come entità, possa riuscire ad aiutare Gazza. L’ultima volta, prima di un Lazio-Tottenham di Europa League, abbiamo visto Gascoigne sfilare sotto la Nord. Felice come un bambino, con quella spontaneità che a Roma avevamo imparato a conoscere e che aveva generato aneddoti che a distanza di vent’anni vengono ancora narrati a getto continuo. Roma è stata forse la città dove è stato più amato, la città dove è riuscito a rendere possibile l’impossibile, con quell’incredibile colpo di testa in un derby ormai perso, che permise a Zoff di mantenere un’imbattibilità leggendaria nelle stracittadine. Se Gazza vuole, i laziali sono qua: per dribblare i demoni, ci vuole tutto l’amore possibile.
Fabio Belli

Un’opera d’arte lunga più di mezzo chilometro (550 metri per la precisione), composta da 80 figure altre fino a dieci metri. Dal prossimo 21 aprile 2016 sarà inaugurata l’immensa opera d’arte renderà più belli gli argini sul Tevere e con essi la città di Roma (già spettacolare di suo). L’opera, intitolata “Triumphs and Laments” è realizzata dall’artista sudafricano William Kentridge ed è realizzata attraverso una pulizia selettiva della patina biologica accumulata sui muraglioni di travertino nel tratto del Tevere tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini, il fregio sarà visibile per 4-5 anni, prima di essere riassorbito dal muro stesso. Le figure “incise” sulla pietra raccontano la grande storia della città di Roma, tra trionfi e sconfitte, dall’età antica fino a oggi, da Romolo che fonda Roma e uccide Remo, alla morte di Pasolini. L’opera sarà inaugurata in occasione del Natale di Roma (appunto il 21 aprile 2016) e l’evento sarà accompagnato dalla composizione musicale di Philip Miller. Intanto i lavori di realizzazione vanno avanti e gran parte dei disegni sono già stati realizzati. L’artista prova a spiegare e a sintetizzare lo spirito del suo lavoro: “Non so quale sarà la sua espressione finale, ma credo che riguarderà questo intrecciarsi di trionfi e disastri, partendo dall’ovvio presupposto che il trionfo di qualcuno sia anche il disastro di qualcun altro. Dal mio punto di vista, lo sforzo è quello di trovare un linguaggio visivo che esprima questa combinazione di trionfi e lamenti, il senso di una città che rappresenta essa stessa il trionfo, e come la sua architettura ne conservi le tracce. Inoltre sono interessato alle ombre, a cosa si nasconde sotto la superficie, a mettere insieme tutti questi livelli e trasformarli in un nuovo lavoro di arte contemporanea. Generalme
nte guardo ai materiali storici, agli archivi, alle sculture, ai dipinti, che mi restituiscono la storia millenaria della città”. Alla realizzazione dell’opera collaborano: Roma Capitale (Assessorato Cultura e Sport, Assessorato all’Ambiente), Sovraintendenza Capitolina, Polo Museale Contemporaneo di Roma Capitale, Regione Lazio, Direzione Infrastrutture ambiente e Politiche abitative della Regione Lazio, Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e Architettonici di Roma, MIBAC Ministero dei Beni Artistici e Culturali, Municipio I.
Giocare a calcio fa bene a tutte le età. Uno studio del Copenhagen Centre for Team Sport and Health della Copenhagen University, pubblicato su Plos One, ha dimostrato che tirare calci a un pallone a qualsiasi età riduce il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. Lo studio ha preso in esame 27 uomini non allenati di età compresa tra i 63 e i 74 anni, divisi in due gruppi, uno di controllo e l’altro costituito da persone che per un anno hanno giocato a calcio in un contesto ricreativo (un’ora due volte a settimana per i primi quattro mesi e un’ora tre volte a settimana in quelli successivi). Dai risultati ottenuti è emerso che dopo i primi quattro mesi il livello di salute cardiovascolare risultava già migliorato del 15%, così come anche la tolleranza al glucosio che risultava migliorata del 16%. Dopo un anno di attività è stata anche osservata una riduzione del Bmi, l’indice di massa corporea, del 3%, dovuta alla perdita di massa grassa, preservando così la massa muscolare che a una certa età risulta necessaria e fondamentale per mantenere la capacità di svolgere le più semplici attività quotidiane come salire le scale, mantenere in ordine il giardino o fare la spesa. Come confermato dall’autore della ricerca, Thomas Rostgaard Andersen: “Questi miglioramenti contribuiscono significativamente a ridurre il rischio di diabete e malattie cardiovascolari”. Inoltre, il ricercatore ha dichiarato anche che il progetto ha mostrato importati e positivi risvolti del calcio in termini di socializzazione per gli anziani.
In uno studio capitanato dall’università delle Hawaii e pubblicato sulla rivista Nature Geoscience risulta che dall’era dei dinosauri a oggi non è mai esistito un periodo in cui le emissioni di anidride carbonica siano state elevate come ai nostri giorni. L’uomo sta rilasciando nell’atmosfera anidride carbonica dieci volte più velocemente di quanto sia accaduto negli ultimi 66 milioni di anni. Gli scienziati che hanno portato avanti la ricerca hanno preso in considerazione il Massimo termico del Paleocene-Eocene, un periodo databile a circa 56 milioni di anni fa, caratterizzato da un rapido riscaldamento globale.
Come spiegato dai ricercatori “si tratta del periodo con il più grande rilascio di carbonio degli ultimi 66 milioni anni”. Durante il periodo preso in esame le emissioni di carbonio sono sempre risultate inferiori ai 4 miliardi di tonnellate all’anno, mentre per quanto riguarda gli ultimi tempi il 2014 ha fatto registrare un picco di 37 miliardi di tonnellate di CO2, cifra quasi dieci volte superiore alla media. Come dichiarato dagli studiosi “poiché il nostro tasso di rilascio di carbonio è senza precedenti in un arco così ampio della storia della Terra significa che siamo entrati in uno stato che non ha analogie con il passato”. A quanto risultato dai dati della ricerca ci troviamo in un “territorio inesplorato. Non possiamo fare comparazioni con il passato e ciò rappresenta una grande sfida nel predire i futuri cambiamenti del clima”.