PROLOGO – La locuzione “molto rumore per nulla” è entrata nel gergo comune, per indicare un’esagerazione o un’assurdità riferita ad un fatto del tutto trascurabile o inconsistente. Essa richiama la celebre opera di William Shakespeare, “Much Ado About Nothing“, del 1598 ambientata a Messina, commedia breve e brillante. E’ stata una delle più conosciute e portate sulle scene teatrali. L’espressione succitata apre una breve considerazione: molto spesso capita di trarre, troppo frettolosamente, pareri o giudizi sulla base di elementi inconsistenti o non del tutto chiari. Quante volte è capitato di pensare che Tizio o Caio avessero determinate attitudini o sfumature caratteriali, o avessero una tendenza piuttosto che un’altra?! Si legge una notizia, si guarda una foto, e subito parte il commento, lo sbeffeggio, che sia per diletto o per accanimento. Nell’era moderna purtroppo avendo un pc ed una connessione ad internet, si ha la convinzione che ci si possa immergere in fitte conversazioni e giudizi. E qui si diventa tecnici, politici, attori, registi, amanti, esperti del marketing, allenatori e procuratori, e via via tutto ciò che l’immaginario possa farci fruire. Questo concetto, se preso nella sua più “astratta” e pura delle forme, altro non sarebbe che un processo evolutivo di massa, che dà la possibilità a tutti di scrivere o commentare ciò che gli pare. Alias, se prima si scendeva in piazza per manifestare il proprio dissenso o plauso per un accadinemento, adesso la prima cosa che viene in mente di fare non appena si vuole dire qualcosa è quella di pubblicare uno stato (o post che dir si voglia) su uno dei tanti social presenti su internet. Come spesso capita ci si può imbattere in una falla del sistema. Ad esempio dover per un lungo periodo trattare di una tematica “esplosa” per uno pseudo scandalo (non chiaro), che poi, non appena si attenua passa nell’assoluto e più surreale dei mistici cantucci del silenzio. Questa premessa era doverosa e dovuta, soprattutto a colui che è stato al centro di questa centrifuga di giudizi “impenitenti“, che lo hanno dapprima deriso, poi condannato ed infine dimenticato (ovviamente perché lo scandalo si è risolto in un nulla di fatto).
FOCUS – Stiamo parlando del “giovane” Joseph Minala, calciatore militante nella squadra del Bari, in prestito dalla Lazio. Il ragazzo fu oggetto di scandalo, agli inizi del 2014, in quanto ci fu uno spropositato e quanto mai sproloquio mediatico di ingiurie attribuitegli, che affermavano (anche e soprattutto da parte organi sportivi competenti) che la sua età anagrafica risaputa non combaciasse con quella dimostrata. Dall’Africa rimbalzò, come fosse una palla impazzita, la notizia che lui non avesse 17 anni, bensì 42. Il tutto ovviamente accadde, come da copione di un grande scen
eggiato, nelle ore che sarebbero dovute essere le più felici per la sua “prima” da Gran Galà. La convocazione con la Lazio per una partita ufficiale (era in tribuna all’Olimpico domenica). I documenti di Joseph erano in regola, il passaporto e la carta d’identità recitavano nella dicitura della data di nascita questi valori: 24 Agosto 1996. Il ragazzo aveva “17 anni e mezzo“. Pensate soltanto per un attimo quale possa essere stata la sua reazione emotiva, lo sconvolgimento che possa aver provato. Ovviamente d’impeto fu di cesura totale da parte sua, voleva lasciare tutto, si sentì messo in mezzo senza motivo. E come qualsiasi altro ragazzo a questo mondo avrebbe fatto, lui che di cose da raccontare ne avrebbe a “iosa“. Minala si sentì sconfortato, al centro di una serie di pregiudizi e preclusioni mediatiche senza motivo. “Minala il 42 enne col volto scavato che si finge più giovane per poter avere più chance di rimanere in un paese più civile“. Si proprio più civile. In ogni modo hanno provato a strappargli dalla bocca la frase “non ho diciassette anni, sono più grande“, oppure “sì ci ho provato ma non è andata come speravo“. Lui invece è sempre rimasto tranquillo nelle risposte: “Forse coloro che speculano su di me sono gli stessi giocatori che ho messo culo a terra sul campo, questa è la mia vera età, invito chi ne dubita a venire a festeggiare il mio diciottesimo compleanno“, disse in un’intervista. Questi “speculatori mediatici” dovrebbero sapere che Joseph ne ha passate di tutti i colori, e che magari se ad oggi ha sul volto tutti i segni del proprio vissuto, forse è perché per raggiungere e concretizzare il suo “sogno” di giocare a pallone, ha fatto grandi sacrifici.
IL PRECEDENTE – Al ragazzo tempo fa fu promesso, da un millantatore senza identità né ombra, un provino per andare a giocare in una squadra blasonata. E si sa, queste occasioni capitano una volta, o meno nella vita. La possibilità di essere integrato in contesto di potenziale crescita, di non vivere più in mezzo alla strada, di non essere considerato un apolide sbarcato in Italia per affollare gli Uffici postali. Spese fino all’ultimo centesimo in attesa di una chiamata, che purtroppo non arrivò mai. Il “finto” procuratore lo aveva abbandonato alla Stazione Termini senza se e senza ma. Joseph cadde a piombo dal grattacielo delle speranze e dei sogni e si ritrovò in
mezzo la strada. Iniziò a considerare l’idea che gioco forza sarebbe dovuto rientrare nel suo paese, senza nessun’altra possibilità. Fu la polisportiva Vigor Perconti a fargli vedere la luce in fondo al tunnel. Un provino andato a buon fine e la sua determinazione gli permisero di essere ammesso e di iniziare a giocare a pallone. La reazione che ebbe dopo l’abbandono fu da piccolo gladiatore. La ricerca di una casa famiglia, un tutor che poi diventò amico e l’aiutò nell’inserimento, e l’inizio di una carriera calcistica che poi lo portò a giocare nel club biancoceleste.
Noi dal canto nostro speriamo che tutto ciò porti “il fanciullo” a tagliare i traguardi della sua vita con la stessa determinazione e convinzione dimostrata sinora. E che la vicenda possa essere da monito per tutti quegli obiettori “non obiettivi” che nel cuore di Joseph Minala non hanno aperto nemmeno una brecciolina, o scalfito nell’animo. Perché lui è sì un giocatore di “appena” 19 anni certificati e comprovati, ma da quello che ha dimostrato, ha più palle e personalità di tanti ultra quarantenni che di cavolate sul suo conto ne hanno dette a mai finire. Quando si dice, “molto rumore per nulla“…

Matri ha avuto l’opportunità di giocare 90 minuti soltanto 2 volte sulle 25 che è sceso in campo, ma è comunque l’attaccante della Lazio che ha siglato più gol, con le sue 7 realizzazioni. In tutte e due le occasioni in cui ha giocato 90 minuti la Lazio ha portato a casa i 3 punti con una partita maiuscola da parte del numero 17, la prima fu con il Rosenborg in Europa League, gara terminata 3-1 in cui fece un gol e fornì un assist vincente. La seconda fu quella giocata a San Siro contro l’Inter (vinta 2-1) dove il bomber lombardo schierato unica punta, lavorò molto per la squadra e anche in quella occasione creò non pochi problemi alla difesa avversaria.
Insomma, ogni volta sembra sempre di più vestire i panni di “salvatore della patria”, come fu in quel Lazio-Udinese di campionato dove, appena arrivato a Roma da 13 giorni, entrò dalla panchina sul risultato di 0-0 e con 35 minuti mise a segno due gol fondamentali per i 3 punti. Senza nulla togliere alla gloriosa storia di Miroslav Klose che tutto il mondo gli riconoscerà per sempre o all’impegno e la dedizione mostrata in questi anni da Filip Djordjevic, ma al momento ci sono tutti i presupposti per far si che la maglia da titolare sia indossata, dal centravanti che segna più gol. Questa può risultare come richiesta banale e logica, ma meglio ricordarlo a Pioli che tra le innumerevoli ottime cose fatte da quando è alla Lazio, si ritrova a canticchiare troppo spesso mentre Matri esulta “Eppur mi son scordato di te, come ho fatto non so…”
Un calciomercato faraonico, ma privo di senso logico – Eppure in estate lo United è stata tra le regine d’Inghilterra. Ben 139 milioni di euro spesi per acquistare giovani di talento come Martial, Deapay, Schneiderlin, Darmian, ma anche il veterano Schweinsteiger. Nuove leve unite all’esperienza del tedesco e dei veterani Rooney, Carrick e Mata. Ma come spesso accade troppe prime donne non fanno bene al club. L’unione di squadra non è mai stata palpabile in casa Red Devils, con i nuovi che spesso hanno giocato per se stessi con l’obiettivo di mettersi in mostra. Se a ciò si unisce una difesa alquanto fragile e schemi di Van Gaal troppo articolati e mai recepiti dai calciatori, l’attuale risultato potrebbe non apparire così sorprendente.
Dimenticare il passato e pensare al futuro – Vedere lo United in queste condizioni fa veramente male a chi ama il calcio. La nostalgia dell’era Ferguson è sempre viva in tutti noi appassionati di Premier League, ma è pur vero che bisogna guardare avanti. I trionfi ci sono stati ma non torneranno se non si progetta un futuro vero, sensato, fatto di programmazione e di duro lavoro. Mourinho dovrebbe essere il prossimo allenatore a sedersi sulla calda panchina dell’Old Trafford. Lui, lo Special One, potrebbe essere l’uomo giusto al posto nel momento giusto. Anche il portoghese, come il Manchester United, è voglioso di rivincita, di far vedere a tutti che il migliore allenatore è ancora lui. Lo stesso deve fare lo United e tornare a competere per i vertici in Inghilterra e in Europa.