La vittoria dell’Italia agli Europei con la Spagna ha lasciato a bocca aperta molti addetti ai lavori che non si aspettavano un successo così limpido degli azzurri. La squadra di Conte nell’ottavo contro gli iberici ha dimostrato tutto il proprio valore smentendo così tutti coloro che alla vigilia davano gli azzurri per spacciati.
Ai microfoni di Lazio Style Radio è intervenuto Paolo Beruatto che si è detto piacevolmente stupito: “Il successo degli azzurri sulla squadra di Del Bosque non me lo aspettavo. E’ stata una vittoria importante, che va al di là del risultato, alla vigilia erano in pochi ad aspettarsi una prestazione simile, è stata una grande partita da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare. È stata la vittoria di Conte, ha preparato la partita in maniera eccezionale, gli azzurri hanno pressato la Spagna molto alti. Quello che mi ha sorpreso è che al termine del primo tempo il possesso palla era in parità, non credevo che l’Italia avrebbe potuto tenere testa agli spagnoli nel palleggio, la Spagna non è riuscita a giocare. Gli azzurri sono stati perfetti. L’assenza di Candreva pesa perchè ha perso una pedina importante e un punto di forza perché abbina corsa, quantità e qualità, è al confronto di Florenzi è più offensivo, riesce a trovare più facilmente la rete. Parolo sta dando tutto non gli si può chiedere altro, sta interpretando bene sia la fase difensiva che offensiva. Per Conte rappresenta un’arma in più perchè quando si fionda in area è un pericolo costante per gli avversari, e lo avrebbe potuto già dimostrare. Come stiamo vedendo agli Europei l’allenatore è una figura che ti può garantire quel qualcosa in più”.
Sull’arrivo di Bielsa: “Il tecnico argentino ovunque è andato ha lasciato il segno, quindi lo farà anche alla Lazio. Sarà curioso vederlo confrontarsi con il campionato. Il nostro è un torneo difficile, oltre ai valori dei singoli giocatori siamo all’avanguardia ed è tutto più complicato. Sono curioso di vedere il maestro in Serie A. Avrà bisogno di tempo per lavorare, certamente avrà carta bianca sul suo operato, il problema è che qui da noi se non arrivano i risultati ci spazientiamo subito ma con Bielsa occorrerà avere pazienza. Il suo è un gioco offensivo e i sostenitori biancocelesti si devono aspettare una squadra che vorrà fare la partita, che attacca in poco spazio ma che lascia anche tanto spazio alla squadra avversaria”.

Nel 1963 la famiglia si trasferì a Wellingbro, nel New Jersey, e William ed Evelyn fondarono un Club di atletica leggera. Non avendo una baby-sitter a cui affidare il piccolo Carl, i genitori lo portavano al Club e mentre si allenavano lo lasciavano giocare nella fossa di sabbia della pedana del salto in lungo. Gli inizi della carriera sportiva furono difficili ma la stoffa c’era doveva solo crescere fisicamente. A 14 anni divenne il miglior saltatore in lungo dello stato del New Jersey e grazie ai successi raggiunti il ragazzo iniziava a fare gola a molte università; Lewis scelse la Houston University, spinto dalla presenza di un famoso allenatore di atletica, Tom Tellez. Come dichiarato dallo stesso Carl gran parte dei grandi risultati conseguiti sono stati merito della loro collaborazione.
Ma la ribalta mondiale era vicina e Carl si fece trovare pronto conquistando ai Campionati del Mondo di Helsinki nel 1983 tre medaglie d’oro e diventando per tutti l’erede di Jesse Owens. A 48 anni dalle Olimpiadi di Berlino del 1936 e dal record dello stesso Owens alle Olimpiadi di Los Angeles disputate l’anno dopo eguaglia il primato di vincere quattro medaglie d’oro nelle discipline simbolo dell’atletica: 100 metri, 200 metri, salto in lungo e staffetta 4 per 100. Da quel momento in poi Carl Lewis, come Owens, divenne per tutti il “figlio del vento”. Lewis divenne un personaggio popolarissimo, un classico “self made man” ma lo show business non lo distrasse più di tanto visto che continuava a raccogliere successi e record. Nessuno sembrava essere alla sua altezza, nessuno tranne Ben Johnson.
I due si sfidarono nella finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Seul 1988, gara che passò alla storia per lo scandalo doping. Lewis corse in 9’92 ma il canadese Johnson trionfò con il tempo di 9’78. Sembrava dovesse essere l’inizio del declino per Lewis, nonostante la conquista della medaglia d’oro nel lungo e l’argento nei 200 metri. Alcuni giorni dopo Ben Johnson venne però squalificato per uso di droghe e a Lewis venne assegnata anche la medaglia d’oro dei 100 metri.
Nel 1992 Lewis difese per la terza volta il suo titolo nel salto in lungo ai Giochi Olimpici di Barcellona, dove riesce a conquistare un altro oro con la vittoria nella 4×100 USA. Quattro anni dopo, nel 1996 ad Atlanta, a 35 anni suonati Lewis è ancora una volta in pedana nella finale del salto in lungo. A dodici anni dal suo primo successo olimpico nessuno crede in una sua nuova impresa. Prima del sesto e ultimo salto non si trovava nemmeno in zona podio ma, all’ultimo salto della sua carriera, fra lo stupore e il giubilo generale King Carl balzò al primo posto conquistando la quarta medaglia d’oro olimpica consecutiva nel salto in lungo. Da quel giorno si dedicò alle sue fondazioni benefiche (ben quattro), alla sua linea di moda e alla sua innata passione: la recitazione. Il suo palmares finale alle Olimpiadi recita: 9 medaglie d’oro e 1 medaglia d’argento conquistate in 4 diverse edizioni.


