L’ex amministratore delegato di Catania e Palermo e grande conoscitore di calcio Pietro Lo Monaco è intevenuto ai microfoni di Radio Incontro Olympia per parlare dei movimenti della Lazio: “Prandelli è sempre stato un allenatore di grande spessore. Ha deciso di allenare la nazionale nel momento migliore della sua carriera, e questo è un rischio. Però la Lazio può puntare anche sulla sua voglia di riscatto. E’un grande allenatore e l’ho sempre pensato. Poi in queste ore sembra ci sia stata una frenata e circola il nome di Ventura. Anche lui ha sempre fatto giocare bene le sue squadre. Sarebbe una decisione strana proprio nel momento in cui lo stesso Ventura perde la nazionale. Però sono due grandi nomi, due ottime scelte”.
Sulla situazione giovani: “La Lazio ha tanti giovani interessanti. Milinkovic ha potenzialità enormi, va inquadrato e bisogna dargli una sua dimensione ma può diventare presto giocatore vero. Anche Cataldi è un giocatore con delle qualità, la Lazio deve ripartire da loro. Però Cataldi non può essere il vice Biglia. Quando lo vidi per la prima volta in Primavera chiamai subito Lotito e gli dissi che doveva portarlo subito in prima squadra. Però non è un regista, per quel ruolo ci voglio dei tempi di gioco particolari, può farlo in caso di necessità ma lui è una mezz’ala. Cataldi ha qualità enormi, è un peccato non metterlo al servizio della squadra valorizzandolo. Purtroppo non me ne voglia Lotito, ma la Lazio sta perdendo il suo patrimonio più grande, l’affetto dei suoi tifosi. La Lazio è un club che deve ambire per risultati di alto livello”
Sul mercato: “Lotito deve rinforzare la squadra e dare un segnale forte. Lapadula ha fatto più di 20 goal in Serie B, lo cercano tanti club. E’ normale che il prezzo sia alto, è sempre il mercato a fare il prezzo. In Serie B è il giocatore che ha dimostrato di avere più prospettiva. Riesce a monetizzare ogni pallone che gli arriva, e questa è una caratteristiche che possiedono i grandi bomber, quelli di razza. Però bisogna crederci. Per lui sarebbe meglio una squadra media, in una big rischierebbe di non giocare e adesso non può permetterselo. Sette mesi fa ho proposto Lapadula ad un club estero, parlando con il presidente del Pescara mi disse che la prima squadra ad informarsi era stata la Juventus. Forse neanche ne aveva bisogno, però questo dimostra grande attenzione e presenza vera sul mercato. In Italia non ci sono più investitori, i presidenti non mettono più nulla nelle società. Attingono dalle banche e dagli introiti del campionato. Le uniche squadre che investono sono la Juventus e il Sassuolo e i risultati si vedono, i bianconeri hanno aumentato a dismisura negli ultimi anni il loro fatturato. In questo contesto il gap con le altre nazioni è destinato ad aumentare”.

Nasce a Washington ma a causa dei trasferimenti del padre, ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti, si sposta di continuo con la famiglia. Visse in Germania per sette anni, in Giappone per tre, in Texas, in Oklahoma e in molti altri posti. All’età di 16 anni rimane orfano di padre, malato di cuore e deceduto in seguito a un infarto. La perdita del genitore lo segna in modo particolare anche perché nell’ultima settimana di vita aveva avuto modo di avvicinarsi al padre che, per molti anni, era stata una figura assente. Assieme alla madre e al fratello si trasferisce in Virginia del Nord dove vennero ospitati da uno zio per un breve periodo. Divenne un alunno ribelle e anticonformista. Scriveva articoli contro la guerra, l’ipocrisia religiosa e la segregazione. Trascorse un periodo travagliato: si ammalò di ulcera, che i medici sbagliarono a curare; Donna, la ragazza di cui era innamorato, lo lasciò, e lo zio si suicidò. Il suo instabile equilibrio interiore precipitò. Pensò di suicidarsi ma non ci riuscì. Allora tornò dalla madre e le disse: “Ho provato a uccidermi. È meglio che mi ricoveri in un ospedale psichiatrico”. Viene ricoverato e dopo aver lasciato l’ospedale decide di entrare a medicina. Ma furono anni difficili: l’ambiente accademico di quel tempo non accettava il modo con cui Patch curava i pazienti.
Entrava nei reparti senza autorizzazione già dal primo anno di università per stare vicino a dei malati terminali o a bambini in gravi condizioni di salute, presentandosi in modo comico e originale. Venne accusato di “troppa allegria” e minacciato di espulsione. Di fronte alla commissione che lo doveva giudicare, Adams pronunciò un discorso che lo rese celebre. Nel 1971 riuscì a ottenere la laurea. Nel 1975 sposò Linda Edquist, volontaria della clinica al Virginia Commonwealth University e conosciuta all’ultimo anno di medicina, da cui ebbe due figli; nel 1998 divorziò.
Dopo essersi laureato entrò a lavorare all’ospedale della Georgetown University. Patch Adams trasformò la casa in cui viveva in una clinica. Assieme a un gruppo di volontari, in dieci anni, prestò cure gratuite a circa 15mila malati senza chiedere compensi di qualsasi natura perché convinti che la guarigione doveva essere un interscambio umano amorevole e non una transazione commerciale. Nel 1977 acquista un terreno nel North Carolina dove progetta di costruire una clinica vera e propria. Vista dall’alto nelle intenzioni di Patch Adams la costruzione doveva sembrare la sagoma di un clown. A questo scopo fondò il Gesundheit! Institute (in tedesco salute).
Nel 1983 sulla rivista Prevention apparve il primo articolo sul Gesundheit! e ciò contribuì ad aumentare la notorietà del “metodo Patch“. Inizia a tenere conferenze e seminari sui suoi progetti e sulla sua filosofia della guarigione e attraverso anche presentazioni teatrali inizia a raccogliere fondi per le spese di sopravvivenza. Nel 1985 va in Unione Sovietica, dove poi ritornò spesso; l’anno successivo si recò presso l’Università nel Minnesota ad un convegno sulla medicina preventiva e il suo intervento ricevette la valutazione migliore. Nell’89 si recò in Georgia per un altro convegno. Il suo messaggio si diffondeva per radio e televisione. Riceveva decine di migliaia di lettere da persone che volevano incoraggiarlo ed aiutarlo e lui rispose ad ognuno. Il suo impegno nel sociale lo rese famoso in tutto il mondo, al punto che gli è stato dedicato il film “Patch Adams“, interpretato da Robin Williams, che ne romanza la vita rispettando in buona parte episodi realmente accaduti. Nel 1997 Adams riceve un premio per la Pace. Il 20 aprile 2007 gli viene conferita la laurea honoris causa in pedagogia dall’Università di Bologna.
Ian Lancaster Fleming è nato a Mayfair, a Londra, il 28 maggio 1908. Di famiglia aristocratica, figlio di Valentine Fleming, deputato conservatore e ufficiale della Riserva.
Le sue particolari passioni si concretizzano nella fondazione del club “Le Cercle”, dedicato al culto della gastronomia e del gioco d’azzardo (la prima apparizione di James Bond avviene nel film “Licenza di uccidere” proprio all’interno del club citato). Nel 1939 entra a fare parte del servizio segreto della Marina britannica, dove dirige una serie di operazioni che diventeranno in seguito la base delle esperienze riportate nelle avventure di James Bond. Nel ’52 sposa Anne Geraldine Rothermere, Contessa di Charteris. Durante il viaggio di nozze scrive il suo primo libro con protagonista il famoso agente segreto: “Casinò Royal”. In tutto scriverà dodici romanzi oltre a due raccolte di racconti su 007, un libro inchiesta sul traffico internazionale di diamanti e un romanzo intitolato “Chitty Chitty Bang Bang”. Morì il 12 agosto 1964 a soli 56 anni a causa di un attacco cardiaco.
Oggi 27 maggio il sempre amato e mai dimenticato campione inglese Paul Gazza Gascoigne compie 49 anni. Campione in campo e fuori, durante la sua carriera ha fatto parlare molto di se sia per le sue imprese sul terreno di gioco che per il suo carattere scherzoso, geniale e generoso. Paul amava fare scherzi ai suoi compagni e loro lo ricordano sempre con immenso piacere. Sono tanti gli aneddoti legati alla sua figura. A conferma della sua simpatia e della sua generosità di seguito riportiamo quelli raccontati da alcuni dei suoi compagni e da alcune persone che hanno lavorato al suo fianco.
Cristiano Bergodi: “Ad acquistarlo fu il presidente Calleri, che era anche il proprietario della Mondialpol. Dal momento del suo arrivo alla Lazio nel 1992 un agente della Mondialpol pedinava Gascoigne giorno e notte ma non riusciva a stargli dietro perchè Gazza sfuggiva sempre. Un giorno d’estate si presentò in ritiro con un guaio al ginocchio, poi si scoprì che se l’era rotto in una rissa in un pub. A Tor di Quinto, dove si trovava la vecchia sede della Lazio, spesso lo raggiungevano i suoi amici con un pulmino: sembrava la famiglia Addams, infatti a Gazza cantavamo sempre il ritornello di quella serie televisiva. Un giorno uno di questi suoi amici era senza capelli e senza ciglia: era stato Gazza che durante la notte lo aveva rasato a zero ovunque”.
Gigi Corino, uno dei suoi bersagli preferiti: “Abitava in una villa all’Olgiata, io invece al Fleming. Un giorno mi chiese di andarlo a prendere per andare assieme all’allenamento. Erano le 14, varcai con la macchina il cancello di casa sua ma luì uscì dalla parte opposta e mi chiuse all’interno. Lui si andò ad allenare mentre io non potei uscire. Restai lì fino alle 20, quando tornò si mise a ridere e mi fece uscire. Vallo a spiegare a Zoff il giorno dopo. Alcune cose capitate nello spogliatoio non sono uscite e non è giusto riportarle. Soprattutto una che non posso proprio raccontare. Posso solo dire che in un’amichevole Gazza aveva mal di pancia e… Però posso confermare di non aver mai conosciuto una persona generosa come lui. Quando tornava dalle partite con la sua nazionale mi riempiva l’auto di regali per mio figlio e di sigarette per me”.
Rino Gattuso: “Era un giocatore straordinario, anche se pazzo. Aveva un carattere molto difficile da gestire dentro uno spogliatoio. Ricordo ancora il primo giorno insieme: eravamo ai Rangers, arrivo all’allenamento e vado a cambiarmi per l’allenamento. Mi avvicino alle mie scarpe e sento uno strano odore. Mi faccio la doccia, torno, mi asciugo e mi vesto. Guardo meglio e alla fine noto che aveva fatto la cacca dentro i miei calzini. Era un pazzo ed amava questi scherzi. Nella squadra scozzese dovevamo rispettare un vero e proprio codice riguardo il vestiario. In un grande magazzino Gascoigne mi comprò quattro-cinque vestiti. Era stato il club a dirgli di farlo. Il denaro mi sarebbe stato detratto in seguito dal mio stipendio. Più tardi chiesi alla squadra quando poter saldare quel debito. La loro risposta fu: ‘Ci ha già pensato Gascoigne‘”.
Mario Pennacchia: “Poco dopo il suo arrivo alla Lazio prendemmo parte alla Coppa delle Capitali. Si giocò anche Lazio-Tottenham, la sua ex squadra. Vincemmo noi e quando Sclosa alzò la coppa Gascoigne gli abbassò i pantaloncini davanti a tutti i fotografi e i giornalisti. Ricordo che al suo primo allenamento a Tor di Quinto scambiò le scarpe di tutti. Quando arrivarono i compagni non ci capivano niente, avevano tutte scarpe di numeri diversi e lui se ne stava in un angolo in disparte a ridere. Ma era anche un ragazzo molto generoso. Un giorno era con Di Vaio, appena diciassettenne, davanti a una vetrina. Marco guardava un telefonino, Gazza gli disse di comprarlo se gli piaceva, ma lui gli fece capire che non se lo poteva permettere. Poco dopo Gazza arrivò al campo e glielo regalò”.
Dino Zoff: “Non riesco ad essere triste quando penso a Gazza. Mi faceva rabbia. Era un artista, eravamo molto legati anche se io ero l’allenatore e quindi non potevo tollerare certi suoi atteggiamenti. Non si comportava da professionista, era duro da gestire, nessuno nella mia carriera di allenatore mi ha dato tanto da fare. Faceva di tutto, eppure in campo o in allenamento era sempre il migliore”.